Take us back

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Fabio osservò da dietro una macchina Lele uscire dall'ospedale affiancato da Lucas e Gabriele.
Aspettò che la macchina sulla quale erano saliti uscisse dal parcheggio per incamminarsi all'interno dell'edificio, ristrutturato da poco.
Percorse gli scalini consumati con il passare degli anni, levandosi gli occhiali da sole per entrare attraversando le porte automatiche.
Voleva vedere Elodie, vedere il suo sorriso, i suoi capelli, i suoi occhi; voleva vedere la ragazza che amava e che gli era stata soffiata via come nulla, quando ormai, con un altro piccolo sforzo sarebbe stata sua, dopo anni che cercava di conquistarla.
Non sapeva cosa lo attraeva di lei, sapeva solo che l'amava, e avrebbe fatto di tutto per averla.
Lei non doveva stare con un altro, un altro che la baciasse, che la toccasse, un altro con cui dormiva e faceva l'amore; lei doveva stare con lui, lui era perfetto per una come lei, l'avrebbe amata con tutto se stesso, si sarebbero sposati, e per la luna di miele l'avrebbe portata ovunque lei sarebbe voluta andare, avrebbero avuto un bambino se lei lo desiderava; ogni sera, quando lui sarebbe tornato da lavoro, lei lo avrebbe aspettato impaziente, al suo ritorno avrebbero cenato tutti insieme come una adorabile famiglia felice. E infine, la notte, quando loro figlio si sarebbe addormentato nella sua cameretta,loro si sarebbero coccolati nel divano, davanti alla tv, fino a che non sarebbero finiti col fare l'amore, come una famiglia normale, come due persone che si amano.
Ma qualcuno aveva rovinato i suoi piani, qualcuno che lui odiava con tutto se stesso, qualcuno che, secondo lui, non avrebbe mai amato la sua piccola e dolce Elodie quanto l'amava lui.
Lele Esposito, solo a sentire quel nome il sangue gli ribolliva nelle vene. Quel ragazzo gli aveva rovinato la vita. Elodie non poteva stare con uno come Lele, erano troppo diversi, di tutto.
Si ricordava quando il primo anno, lui e Lele erano ancora amici, vedeva passare Elodie silenziosa per il corridoio, stringendo ogni settimana un libro di lettura diverso, mentre fissava il pavimento con gli occhiali per leggere con la montatura pesante, che si dimenticava di togliere e che la rendevano più graziosa ed intellettuale di quanto già non lo fosse.
Le poche volte che era riuscito a seguirla a scuola, quando c'era la pausa, era sempre andata nella biblioteca a prendere qualche libro,girava per gli scaffali silenziosa mentre puntava gli occhi verso l'alto per guardare i cartelli con scritti i generi di libri che poteva trovare in quel reparto, li sceglieva sfiorandoli con la punta delle dita, corrugando le sopracciglia e arricciando le labbra quando ne trovava qualcuno che le interessava, prima di afferrarlo soddisfatta e andare a leggerlo seduta sempre nello stesso tavolino infondo alla sala, vicino alla finestra che si affacciava al giardino della scuola dove stavano tutti, compreso Lele a fumare.
Non era mai riuscito a sapere il suo nome, finché non gli venne l'idea di prendere un libro a casaccio appena l'aveva vista andarsene dalla biblioteca e quando si era avvicinato alla bibliotecaria per firmare il registro, aveva letto nell'ultima riga riempita "Elodie Di Patrizi" scritto in corsivo perfetto.
Ora che ci pensava si sentiva un idiota a non essersi avvicinato a lei quel giorno per parlarle, magari ora, a tornare a casa dopo aver visto la ragazza ci sarebbe stato lui, e non Lele.
Ancora si chiedeva come era riuscito a farsi odiare dalla ragazza, invece che farsi amare. Eppure lui non era di meno di Lele e l'avrebbe amata più di quanto lui faceva, senza trattarla male neanche inconsciamente.
Aveva pensato tante volte prima o poi si sarebbe dimenticato di quella ragazza, che lei era solo una cotta passeggera; ma con gli anni, si era reso conto che, più loro crescevano, più Elodie si faceva bella, e lui si innamorava di lei sempre di più.
Lui sapeva che non avrebbe amato nessun'altra nella sua vita, e se non sarebbe stata sua, allora non sarebbe stata di nessun'altro, tantomeno di Lele.
Era stato lui a causare l'incidente il giorno della festa , convinto che fosse ubriaca, dato che l'averla vista con un bicchiere in mano e leggermente barcollante sui tacchi, pensava che sarebbe stata con lui mentre Lele si era spostato, era certo che la sua mente non avrebbe connesso a causa della sbronza, e sarebbe riuscito a farla sparire dal locale, per farla finire nuda sul suo letto; invece, Elodie era più lucida di quanto lui potesse immaginare, non era riuscito a sedurla, ma a spaventarla facendole del male, e successivamente farsela scappare dalle mani, dopo che questa gli aveva dato una ginocchiata dritta nei testicoli sparendo poi tra la folla, e dopo che Lele si era scagliato contro di lui con la rabbia che gli bruciava negli occhi, pensava che avrebbero litigato fino a lasciarsi, sapeva che Elodie nonostante tutto era contro la violenza, e non avrebbe accettato una cosa così.
Ma quando li aveva visti tornare alla festa tenuti per mano, Elodie che si stringeva nelle spalle con addosso la giacca di Lele che la fissava quasi a volerla proteggere con lo sguardo, aveva deciso di fare in modo che quella sarebbe stata l'ultima volta che quelle mani si sarebbero intrecciate.
Nonostante fosse dannatamente ubriaco, era riuscito ad uscire dal locale e trovare il covo dei ragazzi che vendevano stupefacenti, si era fatto dare tutte le pasticche che riusciva ad avere con cento euro che aveva nel portafogli, ed era riuscito a farle assumere ad un ragazzo più ubriaco di lui che conosceva, mostrandogli successivamente Lele e riuscendo, con un giro di parole, a farlo salire in auto e schiantarsi contro di loro.
Il suo reale scopo era mettere fine alla vita dello stesso ragazzo che aveva rovinato la sua, ma ciò non accadde, quando ormai gli effetti dell'alcool su di lui si stavano dissolvendo come colorante nell'acqua, un amico lo aveva chiamato parlandogli dell'incidente, e, quando era corso sul posto, trovando le due macchine a pezzi, l'ambulanza, le auto della polizia e delle persone attorno, vide con i suoi stessi occhi Elodie che veniva caricata in ambulanza quasi in fin di vita, mentre Lele non aveva quasi un graffio.
Dalla rabbia, appena era tornato a casa, aveva distrutto ogni cosa che gli capitava davanti, aveva pianto dalla disperazione mentre dava un pugno allo specchio che c'era nel bagno, rompendolo in mille pezzi, e infine, come se stesse diventando pazzo, e forse anche per colpa dell'alcool che non era ancora andato completamente via, dai ciottoli di vetro rotti ancora attaccati al muro, aveva visto Elodie, con addosso il vestito che indossava quella sera macchiato di sangue, una mano tagliata sul palmo che ancora sanguinava come ogni ferita che aveva sul corpo, che lo osservava in lacrime.
Fabio aveva ancora i brividi mentre si ricordava la voce rotta dal pianto con la quale Elodie continuava a chiedergli cosa gli aveva fatto di male per meritarsi ciò che le aveva fatto; e quando la ragazza si portò una mano sanguinante in viso, come a cercar di nascondere la delusione nei suoi occhi si sentì quasi morire.
Elodie infondo non meritava tutto questo, lei non sapeva che lui l'amava più di se stesso, che per lei avrebbe donato la vita, lei stava con Lele, e doveva ammettere che con lui stava bene, dentro se stesso qualcosa era felice per ciò, ma qualcos'altro, nella sua mente, urlava più forte "Lei non può essere felice con qualcuno che non sei tu".
Quando abbassò gli occhi dalla figura angelica e sanguinante di Elodie, perché non riusciva più a sostenerle lo sguardo, si rese conto che era meglio se non l'avesse più vista. Se i suoi occhi non avessero più incrociato quelli troppo scuri della ragazza, il suo cervello avrebbe smesso di pensare a quanto la desiderava sua, a quanto avrebbe voluto Lele nello stato in cui quel momento si trovava la ragazza che entrambi amavano, a come sarebbe stato bello vedere ogni giorno Elodie sorridere appena lo vedeva, baciarle teneramente le labbra morbide, e capire che la sua felicità era tra le sue braccia, come aveva sempre desiderato.
E come se non avesse altra scelta, come se stesse facendo una corsa contro il tempo, aveva preso un borsone, riempiendolo con qualche capo d'abbigliamento a caso che trovava dentro l'armadio, fregandosene della mano che si era tagliato quando aveva sferrato violentemente il pugno allo specchio; era saltato in macchina, ed era uscito fuori dalla città, abbandonando tutto, convincendosi a tornare solo quando era certo che questa sua ossessione sarebbe sparita. Era sparito per un mese, era stato lontano da tutto e tutti in un piccolo paesino poco distante da Roma, disperso nella campagna, nel quale aveva abitato dentro un piccolo e vecchio appartamento in affitto che costava una miseria, e dove, appena era entrato, l'odore di marcio e di muffa gli aveva invaso le narici, costringendolo ad arricciare il naso disgustato per poi tapparselo con la mano, "Puzza di cadavere putrefatto" aveva affermato dopo aver aperto tutte le finestre per far uscire l'odore, ma non poteva lamentarsi, era l'unico posto che poteva permettersi con i pochi euro che gli erano rimaste, e doveva farsele bastare fino a che non avrebbe trovato qualche lavoretto da fare.
Durante quelle quattro settimane si era sentito diverso, la pace di quel posto gli era entrata dentro, distraendolo da tutto quello che era successo in città. Aveva conosciuto una allegra famigliola che abitava al piano sotto il suo, e andava ogni giorno con loro a coltivare barbabietole in un campo di loro proprietà, per cinquanta euro al giorno. Aveva quasi deciso di voler rimanere lì per sempre, ma qualcosa dentro di se lo costringeva a tornare, come se qualcosa sarebbe cambiato. Così una mattina all'alba era partito per ritornare. Dopo quasi otto ore di viaggio continuo era arrivato a Roma, aveva cercato disperatamente un bar poco affollato per mangiare qualcosa, fregandosene del cappello di paglia, e gli occhiali da sole che aveva addosso e lo rendevano più vecchio di quanto non era.
Ne aveva trovato uno, non molto lontano dalla zona est dove abitava lui, e senza pensarci due volte aveva afferrato il marsupio accanto a lui nel sedile, il giornale che gli era arrivato all'alba come ogni giorno in quel paesino; ed era entrato.
Gli piaceva come locale, era semplice, ricordava molto gli anni sessanta, in sottofondo c'era il tormentone dell'estate che usciva dalle casse appese ai quattro muri, qualche altra canzone molto ascoltata in quel periodo, l'aria che odorava di caffè, cornetti, e qualche dolce alla crema, i camerieri tutti in uniforme che si affrettavano a servire la clientela sempre sorridenti , mentre i quasi tutti uomini che stavano la dentro giocavano con il biliardino oppure guardavano la partita dal televisore ultrapiatto appeso vicino al bancone. Lui si era seduto in completa tranquillità in un tavolo libero accanto alla vetrata, e continuava a guardare la gente che passava in strada, prima di afferrare il giornale che aveva poggiato sopra il tavolo lavorato accuratamente in legno di ciliegio,con qualche graffio, e l'incisione di qualche cuore, probabilmente fatta da qualche teenager innamorato con la propria ragazza. Fabio sfogliò annoiato il giornale, arrivando alla parte riguardante la politica estera, si mise a guardare le foto che ritraevano i politici, quando arrivò una cameriera.
Aveva i capelli corti grigi, lunghe ciglia probabilmente aiutate dal mascara, stringeva tra le mani affusolate e ben curate un blocchetto per gli appunti, ed aveva appena abbozzato un sorriso, posando gli occhi sugli occhiali dal sole del ragazzo, quasi cercando di trovare le sue iridi, ma la lente scura le impediva ciò.
A Fabio tremavano le mani quando rivide la ragazza davanti a lui, lei era lì, davanti ai suoi occhi, che sorrideva aspettando che il ragazzo dicesse qualcosa, e non lo guardava con paura come l'ultima volta che era stata così vicino a lui, la guardava con tranquillità e sicurezza; nella sua uniforme bianca a maniche corte, che lasciava le sue braccia chiare scoperte, mentre un braccialetto in argento, con i ciondoli a forma di una "E" e una "L" che dondolavano come piccole campanelle.
Aveva ordinato una pasta ed un cappuccino, la ragazza aveva annottato il tutto sul blocchetto, per poi sparire sorridente dietro il bancone, affiancando un ragazzo impegnato a mettere piattini, tazzine e posate dentro la lavastoviglie sotto il bancone, e tornando pochi secondi dopo, con un vassoio in mano.
In quell'istante aveva sorriso come un ebete vedendo Elodie ancora più bella di come l'aveva lasciata, completamente ripresa dall'incidente che aveva avuto per colpa sua; ma infondo aveva paura di se stesso, perché si era accorto che quel mese lontano da tutti era stato inutile, e l'ossessione che aveva nei confronti di quella ragazza si sarebbe completamente presa la sua testa, fino a fargli fare qualche altra pazzia.
Ora era dentro l'ascensore, le portine stavano per aprirsi, e lui l'avrebbe vista da dietro una finestrina, senza farsi vedere, solo per vedere come stava.
Camminò a passo tranquillo, passandosi una mano fra i capelli, spostando lo sguardo da una parte all'altra per guardare i cartelli delle porte, cercando il numero che indicava la stanza della ragazza. Sentiva sotto i suoi piedi il rumore fastidioso delle sua scarpe nuove con le pianelle color beige scolorito, completamente fuori tono dall'azzurro delle pareti, le tapparelle che c'erano nelle finestre che separavano le stanze dal corridoio erano leggermente ingiallite probabilmente dal tempo, e quasi tutte abbassate. Una si stava alzando in quel momento, mostrando una donna sulla cinquantina in camice che tirava con forza il filo per sollevarle, per poi uscire dalla stanza.
Guardò il numero sul cartello, rendendosi conto che combaciava con quello dove stava Elodie. Si fermò leggermente prima della finestra, sporgendosi lentamente verso di questa per non farsi vedere. Appena riuscì a vedere il letto ospedaliero, trovò la ragazza sdraiata sopra, che cercava con difficoltà a tirarsi su per afferrare un libro nel comodino accanto a lei.
Era leggermente pallida. Nel braccio sinistro aveva la flebo, e nonostante tutto, sorrideva felice, mentre apriva una pagina del libro che probabilmente doveva finire di leggere.
Fabio mise a fuoco con gli occhi quel punto, vedendo, da quanto gli era possibile un macchia violacea che si metteva in contrasto con la pelle di Elodie, e quello non era un livido come all'inizio pensava, era un succhiotto fatto da meno di due giorni.
E per quanto conosceva Lele sapeva che i suoi succhiotti avevano un senso, li faceva solo se la ragazza a cui l'aveva fatto gli piaceva davvero, e se, quando se l'era portato a letto, si era trovato bene con lei, oltre il punto del piacere sessuale.
Quindi quella notte lui e Elodie avevano fatto l'amore; strinse i pugni rassegnato mentre si immaginava i due a letto, completamente nudi che ansimavano.
Si stava rassegnando, lei non si sarebbe mai innamorata di lui, e lui non poteva mai competere con Lele.
Girò i tacchi a sguardo basso per tornare a casa, l'aveva veramente persa.
Si fermò alzando lo sguardo quando la sua mente arrivò a una domanda: se lui l'avrebbe portata via dal moro, senza fargliela mai più vedere, sarebbe automaticamente diventata sua, in ogni senso, come voleva che fosse. Magari Elodie l'avrebbe odiato all'inizio, ma poi anche lei si sarebbe innamorata di lui, e tutto sarebbe stato perfetto.
Sorrise soddisfatto, prima di riprendere a camminare a passo svelto, ed uscire dall'ospedale per tornare a casa, dove avrebbe trovato un piano.

***

Lele scese dalla macchina di Andreas senza dire parole, toccandosi il ventre più volte preoccupato, e mordendosi il labbro nervoso.
-Hai fame?- Lucas lo affiancò guardandolo, mentre si tastava le tasche dei pantaloni cercando le chiavi di casa.
Il moro alzò lo sguardo alla domanda dell'amico, sospirando.
-No, in realtà non ho neanche fame, però ho una brutta sensazione.- Affermò riabbassando lo sguardo.
Elodie aveva sognato Lele che la salvava dalla morte. Lui aveva sognato la stessa cosa, e questo era impossibile.
-La tua brutta sensazione è azzeccata, ho dimenticato le chiavi quando sono uscito, spero che Black non faccia il solito rompipalle e questa volta ci apra la porta, l'ultima volta sono dovuto entrare arrampicandomi alla pianta che arriva fino alla finestra di mia sorella, perché il suo cane era troppo pigro per aprirmi la porta- Lucas bussò al portoncino iniziando a chiamare il cane, mentre lui cercò di fare mente locale su cosa aveva sognato.
Elodie non gli aveva raccontato i dettagli, ma qualcosa gli diceva che aveva sognato le stesse cose.

**
-Devo farti una domanda.-
Era ora di cena, Lucas e Lele erano seduti nell'isolotto della cucina di casa Di Patrizi, e tagliavano le pizze che avevano ordinato, dopo aver trovato il frigorifero e la dispensa completamente vuoti. Avevano parlato poco dal rientro a casa, Gabriele se n'era andato via angosciato, dopo la mezza discussione con Lele all'ospedale, e il moro ormai, stava più a casa della ragazza che a casa sua, assentandosi delle volte, anche per giorni.
Lucas aveva rotto il silenzio che si era creato, gettando la crosta della pizza al cane sotto il tavolo, che lo guardava impaziente.
-Spara.- Lele parlò a bocca piena, mentre addentava un'altra fetta di pizza.
-Come mai, quando sono tornato a casa stamattina, ho trovato il letto in camera di Elodie sporco di sangue?- Lucas alzò il sopracciglio aspettando una risposta del moro, che si fermò un secondo a guardarlo, prima di rispondergli.
Lui non sapeva cosa era successo quella notte. Non sapeva che Lele ed Elodie avevano avuto una discussione, non sapeva che la ragazza era scivolata dalla finestra della soffitta rischiando di cadere se il moro non sarebbe riuscito a prenderla al volo, non sapeva che poi si erano trovati a fare l'amore presi dalla passione. E non sapeva neanche, che quella mattina, Lele era dentro la doccia con Elodie che gli faceva lo shampoo, mentre lui diceva alla ragazza dell'intervento anticipato.
Non poteva dirgli cosa era veramente successo, Lucas si sarebbe incazzato come una belva fino a sfasciargli una sedia in testa. Ed in parte gli dava anche ragione, perché oltre tutto, lui si faceva la sorella del suo migliore amico, nel senso positivo, ovvio.
-Ad Elodie stanotte sono venute le mestruazioni, si sarà dimenticata di cambiare le lenzuola.- Affermò bevendo la Coca-Cola dal bicchiere, prima di vedere Lucas scoppiare a ridere.
-Pensi veramente che credo a questa cazzata? Sappiamo entrambi che è ancora sterile. Ed in più, il pacco degli assorbenti è ancora intatto.- Il ragazzo gli fece l'occhiolino tornando a mangiare.
-Sono serissimo, aspetta, da quando controlli gli assorbenti a tua sorella?- Lele spalancò la bocca allibito, immaginandosi Lucas controllare la scatola degli assorbenti e contandoli, per capire se la sorella avesse il ciclo o no.
-Per tua informazione, non abbiamo genitori, e quando gli è venuto la prima volta, in casa c'ero solo io, e l'ho dovuta aiutare, perché pensava che stesse morendo.- Sospirò ruotando gli occhi - Ammettilo, a letto stanotte non avete solo dormito, e le tue occhiaie lo dimostrano alla grande.- Continuò ridendo, vedendo Lele sgranare gli occhi.
-Va bene, lo ammetto, ho fatto perdere la verginità a tua sorella stanotte.- Alzò le mani al cielo con fare innocente -Stiamo due anni insieme, penso che sia anche il momento.- Continuò guardando Lucas.
-E' stato un passo importante immagino.-
-Si, ho capito che la voglio veramente con me per il resto della vita.- Affermò sorridendo, mettendo la lingua fra i denti.
-Stai già pensando al matrimonio Lele? Hai diciotto anni, tra meno di una settimana parti per l'Inghilterra a girare un video musicale che potrebbe cambiare la tua vita e quella di tutte le persone che ti stanno attorno. Non sei neanche all'inizio della tua vita, non costruire castelli in aria, sai che potrebbe arrivare qualunque cosa a distruggere tutto: una malattia, un incidente, problemi economici e familiari. Non fare qualcosa di cui potresti pentirti, non azzardare qualcosa senza sapere poi come sarà il futuro, soprattutto con mia sorella, prima di pensare a sposarla, pensa a trovare una casa dove andrete a vivere, dove staranno i nostri bambini quando ne avrete qualcuno, pensa a trovare un lavoro sicuro per portare lo stipendio a casa ogni fine mese.-
Lucas per quanto fosse paranoico aveva ragione. Però lui amava Elodie più della sua stessa vita, e per quanto sapeva che la ragazza aveva paura del matrimonio, era pronto per dimostrarle che il loro avrebbe fatto invidia ad ogni coppia di innamorati.
-Lo so, e sai che con tua sorella non voglio sbagliare.- Mormorò.
-Un ultima domanda, perché hai una brutta sensazione?- Lucas tornò improvvisamente serio, mentre finiva di mangiare l'ultima fetta di pizza, e ritirare il cartone.
-Non lo so, ho un nodo allo stomaco da quando sono uscito dall'ospedale, come se succederà qualcosa di brutto. Non ce la faccio più, sto sempre sognando Elodie morta, questo pomeriggio l'ho sognata che si voleva gettare dalla scogliera ma io l'avevo salvata, lei ha sognato la stessa identica cosa, so che non vuol dire niente, ma io non ce la faccio più. Questi sogni li faccio dalla notte prima dell'incidente, il giorno avevo sognato che era morta dissanguata, e io non riuscivo ad andare avanti senza di lei. Non ce la faccio più.- Lele sbottò tutto d'un fiato, portandosi le mani fra i capelli.
Lucas fece cadere a terra il bicchiere che stava per posare sul lavandino, spalancando gli occhi alle parole di Lele.
Si voltò verso il ragazzo, poggiando le mani sulla lastra di marmo fredda.
-Lele, devo dirti una cosa importante.- Mormorò - Ti ricordi che non volevo assolutamente che andasse a quella merda di festa, e ti avevo detto che anche Fabio stava lì?- Continuò stringendo le mani a pugno.
Lele annuì con la testa, corrugando le sopracciglia.
-Non ho fatto ciò perché avevo paura che Fabio le facesse del male, cosa che, da come mi hai raccontato tu è successa comunque; Elodie aveva sognato la stessa cosa, e sapendo che quello che sogna spesso si realizza, oppure accade qualcosa di simile, non volevo che accadesse, ma non ci sono riuscito.- Le parole gli morirono in gola, mentre Lele sbiancò di colpo.
-E durante l'intervento, oggi, mentre tu dormivi, due infermiere sono uscite dalla sala per prendere il defibrillatore, quando Gabriele le ha chiesto come Elodie stava, loro hanno detto che stava per morire, pochi istanti dopo tu hai iniziato a parlare nel sonno e agitarti, e dicevi frasi tipo : "No Elodie, non lasciarmi" e "ti tengo stretta." Poco dopo, le infermiere sono uscite dicendo che era fuori pericolo, e ce l'aveva fatta alla grande.-
Lele per poco non si sentì svenire alle parole di Lucas.
-Dimmi che mi stai prendendo in giro, dimmi che quello dell'incidente è una presa per il culo, ed in realtà quei sogni sono stati tutti delle coincidenze.- Quasi supplicava che Lucas scherzasse.
Ma purtroppo non scherzava.
Sobbalzò dallo spavento, quando il cellulare accanto a lui iniziò a squillare illuminando lo schermo con la foto di Elodie accanto al tasto verde per rispondere.
-Hey amore.- Sussurrò cercando di essere il più tranquillo possibile, per non far preoccupare la ragazza.
-Hey, ti disturbo?- La voce angelica di Elodie, era come un tranquillante per lui, non riuscì a non rilassarsi appena la sentì.
-Ovvio che no, è successo qualcosa?- Mormorò aspettando la risposta della ragazza, mentre vide Lucas lavare i due bicchieri e le posate che avevano usato.
-Mi sto annoiando a morte, ho finito di leggere entrambi i libri che ho portato, sono sola in stanza, e mi manchi un sacco, stavo aspettando che mi chiamassi tu, ma non ce la facevo senza sentirti.-
Lele sorrise ascoltando le parole della ragazza dietro la cornetta, mentre gli occhi iniziarono a brillargli.
-Mi manchi un sacco anche tu.- Mormorò, lanciando poi un occhiataccia a Lucas che si era messo ad imitarlo.- Cosa hai mangiato per cena?-Continuò con l'orecchio incollato al telefono.
-Minestrina vegetale, tu?-
-Pizza.-
-Devo riattaccare, le infermiere stanno passando a controllare le stanze, ci sentiamo domani mattina, va bene?-Elodie parlò a voce più bassa, e dai rumori che sentiva dalla cornetta, probabilmente si era portata le lenzuola fin sopra la testa, come era solita fare per nascondersi.
-Va bene, notte Elo, ti amo.- Bofonchiò continuando a sorridere.
-Notte anche a te amore, ti amo anche io- Sussurrò la ragazza per poi riattaccare.
Lele rimase a fissare il telefono sorridendo, mentre il cuore continuava a battergli forte.
-"Va bene, notte Elo, ti amo" Cucci, Lele ripigliati sembri una ragazzina in preda al suo primo amore adolescenziale!- Lucas lo imitò con voce femminile, tirandogli successivamente le guance.
-Cosa vuoi? Sono solo innamorato. E penso che sia arrivato anche il tuo momento.-Lele lo guardò in cagnesco prima di buttarlo sul divano.
-Forse, ma non sarò mai ai tuoi livelli di sdolcinatezza.-Affermò lanciandogli un cuscino che il moro schivò prontamente, facendolo finire addosso al cane che dormiva.
-Certo, lo dicono tutti, e poi diventate anche peggio.- Rispose, saltandogli addosso, iniziando a fare a botte scherzosamente.

I'll be back || Lele Esposito e Elodie Di PatriziDove le storie prendono vita. Scoprilo ora