I'm coming home

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Ah, Londra.
Sorrido leggermente, nonostante la stanchezza, vedendo i suoi contorni farsi più chiari e distinti dal finestrino del treno.
Nulla da togliere a New York, ma Londra.. Appartengo a lei.
Scendo dal treno assonnata, stringendo le mie due valigie tra le piccole e fragili mani.
Esco dalla stazione e chiamo un taxi.
Non mi stupisco che nessuno sia venuto a prendermi. D'altronde lo sa solo mia madre, ma a lei che importa?
I miei pensieri si attenuano quando le mie mani cercano distrattamente qualche moneta nella borsa per l'autista.
Scendo, fermandomi a respirare quell'aria, cosi familiare, così..di casa.
La mia camera è spoglia, un materasso e dei cuscini senza federe, la scrivania vuota. Sospiro, è passato così tanto?
Abbandono le valigie, osservando nei minimi dettagli la casa della mia infanzia.
La camera dei miei, oramai solo di mia madre dopo la loro separazione, odora di tabacco e incenso.
La cucina è piccola, il salotto è rimasto com'era con il divano della nonna, la televisione invece è nuova, grande.
Mi stupisce, ma non ci dò peso e prendo il telefono digitando qualcosa.
"Irwin?"
"Sono a casa."

Mi porto le mani sul ventre cercando di placare le mie risate, ma talmente forti rimbombano nella camera del mio migliore amico.
"Ash ti prego." supplico avendo le lacrime agli occhi.
Lui annuisce e si fa serio.
"Sei cambiata un sacco." mi dice spettinandomi i capelli.
"Mi sei mancato." sussurro.
"Anche tu."
Socchiudo le palpebre lasciandomi cullare dalle sue carezze calde.
"Usciamo?" propone stiracchiandosi e obbligando il mio corpo a scostarsi dal suo.
"Dove vuoi andare? Diluvia.." borbotto scocciata.
"Prima di tutto a mangiare da qualche parte, non hai fame?" lo ringrazio, mi capisce, sa tutto di me.

Osservo scocciata il menù, non c'è nulla che mi piaccia. Opto per una semplice piadina accompagnata da un'insalata.
"Sono le tre e tu mi porti a pranzo fuori." ridacchio poggiando il gomito sul tavolo per poi lasciarci cadere la testa sopra.
"Lo sa Olivia che sei qui?" mi chiede Ashton prendendosi il labbro tra i denti.
Scuoto la testa, provocando la sua disapprovazione.
"È la tua migliore amica!" esclama.
"Lo sei anche tu.." abbasso lo sguardo.
"Grazie per avermi dato della ragazza." Ash si finge offeso, alzandosi e dandomi le spalle.
"Dove vai?" chiedo alzando il tono.
"A pisciare."
La sua grazia e la sua finezza mi stupiscono, estraggo il cellulare dalla borsa cercando il numero della mia amica.
«Ho preso il volo dell'ultimo minuto, ti aspetto da me alle 8. Porta la pizza, e i marshmallow. »
Indecisa sul da farsi, tamburello le sul tavolo, in attesa di Irwin che sembra non tornare.
"Oh pensavo fossi caduto nella turca.." cinguetto ridendo.
"Simpatica. Hai chiamato Olivia?" domanda sedendosi e giocherellando con le posate.
"Le volevo inviare un messaggio.."
Osservo il display, Ash preme insistentemente affinché le mie dita premano invio. Cedo e mando.
Pranziamo parlando del più e del meno.
È strano come dopo un anno non sia cambiato nulla, sempre gli stessi, senza imbarazzo.
Chissà cosa stará facendo la vicina dell'ottavo piano a New York, e se il signor Sheffoeld è uscito anche oggi per comprare il pane. E chi stará usando il mio tapis roulant preferito in palestra?
E lui? Cosa stará facendo Luke in questo momento? Sarà con Katie, oh sì a flirtare sul nostro divano.
Cazzo Diana, ti eri promessi di non pensarci!
Sbatto più volte le palpebre afferrando la testa tra le mani.
Basta, è un argomento chiuso.

Attendo l'arrivo di Olivia, non ha risposto al mio messaggio e la paura che non l'abbia letto o peggio, che lo abbia scartato mi assale.
Mia madre non è ancora rientrata, sarà in qualche pub a ingoiare birre senza un domani, baccagliando ogni ragazzo sopra i 18.
All'epoca ci provò anche con qualche mio ragazzo. A lei piaceva Harry. Quel nome porta confusione nella mia testa: Harry. Chissà dov'è, come sta, a cosa pensa. Mi illudo che mi possa pensare, ma figurati, non mi pensa più. Lui mi ha dimenticata.

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