Cap 3

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Trascorsi l'intero pomeriggio tra volumi polverosi e pagine ingiallite senza riuscire a trovare nulla degno di nota. Tornando verso casa dopo la visita ad Erin ero giunta alla conclusione che quel ragazzo non potesse essere del mio regno, innanzitutto non mi aveva riconosciuta, quando non c'era nessuno ad Air a non sapere chi fossi e quel dettaglio sul colore degli occhi doveva per forza essere rilevante.Non esisteva alcun intervento, o un qualsiasi altro sistema ,in grado di alterare il pigmento dell'iride. Ma se non era cittadino di Air allora da dove proveniva? Non c'era modo di attraversare il portale ed entrare in un'altra dimensione da 70 anni. La guerra scoppiata contro le forze oscure aveva fatto si che i regnanti decidessero di sigillare i portali così da scongiurare la minaccia di un nuovo conflitto. Le scelte prese di comune accordo dalle quattro dimensioni furono radicali, nessuno più poteva studiare l'arte magica,all'infuori dei custodi che dovevano prima prestare giuramento di sangue e lo studio della storia, della cultura degli altri mondi era stato bandito per legge dalle scuole. Così, eravamo a conoscenza dell'esistenza di altri individui diversi da noi, senza però conoscere nulla su di loro. Una volta mia madre mi aveva raccontato che esisteva addirittura una dimensione in cui gli abitanti non erano a conoscenza della magia né della presenza di portali interdimensionali. Il loro sovrano aveva optato per una soluzione estrema, cancellando loro la memoria. Liberai un sospiro di frustrazione e abbandonando la testa sul tavolo, spostai lo sguardo verso l'alta finestra vetrata. Realizzai che il sole stava già tramontando, tingendo il cielo di colori accesi e vivaci. Esattamente l'opposto del mio umore. Chiusi quell'ultimo pesante libro con un tonfo e lo riposi  in cima allo scaffale da cui lo avevo preso. Avevo setacciato ogni centimetro di quella biblioteca, in cerca di qualsiasi cosa,un documento , una pergamena o una lettera che contenessero anche solo un minimo riferimento alle altre dimensioni, ma niente. Mio padre e i suoi predecessori erano stati fin troppo scrupolosi nell'eliminare ogni traccia, ogni informazione ambigua che potesse suscitare un po' troppo interesse. Da settant'anni il mio regno viveva nella pace, un equilibrio che non poteva permettersi di essere turbato né da una superficiale curiosità, né tanto meno da un'approfondita ricerca. Il passato era passato e doveva rimanere tale. Questo era il messaggio. Lo avevo afferrato, ma non riuscivo a condividerlo. Riesaminai mentalmente la storia della mia dimensione da settant'anni a quella parte e constatai che a nessuno dispiaceva rimanere nell'ignoranza se armonia e serenità ne erano la ricompensa, ben poche anime difatti avevano tentato di ribellarsi alle decisioni dei sovrani. Ma cosa accadeva a coloro che non erano disposti a pagare il prezzo di un incolmabile vuoto di conoscenza? Non potei fare altro che domandarmi. Esilio politico, emarginazione sociale. Risposi a me stessa. Una stretta al petto, come una mano che impugnava il mio cuore. Un sussulto. Mi sentivo fin troppo affine a quelle anime ribelli, desideravo sapere.Ero io stessa la prima a infrangere la legge con quella curiosità bruciante, tuttavia ero certa che in quanto erede presto avrei saputo. Presto avrei conosciuto ciò che agli altri era stato precluso.In un angolo recondito della mia mente si formò un pensiero. Come può l'ignoranza impedire un conflitto? Può esserne la causa certo, ma come può divenirne la soluzione, impedire che gli stessi errori che il passato porta con sè, si ripetano? Il ricordo delle conseguenze, forse, avrebbe potuto. Sì, la conoscenza era la chiave. Non l'ignoranza. Eppure la maggioranza sosteneva il contrario...

Ancora immersa nel flusso della mia coscienza ,mi avviai verso l'uscita senza prestare attenzione a dove mettevo i piedi, finché mi imbattei in quell'odioso di mio cugino. Bruscamente tornai alla realtà.

"Karen? " chiese a 'mo di saluto.

"Rafael" Pronunciai il suo nome con un'evidente nota di fastidio. Proprio non mi andava di sopportare un'altra delle sue stupide battute.

"Da quando ti interessi alla cultura?"mi provocò" Non ti ho mai vista spontaneamente con un libro in mano da quando...sì, direi da quando sei nata!"

Ecco appunto, come non detto. Alzai gli occhi al cielo e feci per passare oltre la sua imponente figura,ma mi sentii strattonare indietro.Mi voltai come una furia.

"Toglimi le mani di dosso Rafael" ringhiai.

"Perchè dovrei?" mi prese in giro.

Mi mossi rapidamente liberandomi dalla sua presa e lo colpii alla faccia.

"Ecco perchè" dissi soddisfatta. Lo guardai portarsi una mano alla bocca e biascicare qualcosa che suonava come una minaccia. Avevo un pessimo rapporto con mio cugino, l'unico figlio della sorella di mio padre. Da qualche anno era diventato altezzoso e spregevole, non portava rispetto a nessuno all'infuori di sua madre e del re.Prima non era così, da bambini giocavamo sempre insieme nel giardino o a nascondino con la servitù, eravamo due piccole pesti e adoravamo stare insieme.Ora invece era diventato difficile rimanere nella stessa stanza per più di cinque minuti.

"Questa me la paghi principessina"

"Fammi avere il conto"ribattei spavalda incrociando le braccia sul petto. Ne avevo già fin sopra i capelli.

" Molto divertente" disse avvicinandomisi minaccioso. "Attenta cuginetta" mi sussurrò all'orecchio per poi superarmi e sparire tra tutti quei ripiani.

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Marmo. Si doveva essere di marmo quella superficie liscia e fredda su cui mi svegliai distesa per la seconda volta. Mi alzai rapidamente,volevo esplorare quello strano luogo frutto del mio inconscio prima che il sogno finisse. Persi l'equilibrio e cercai d'istinto qualcosa di stabile a cui reggermi nel buio più totale.Feci scorrere le dita lungo il profilo di quella che mi resi conto essere una parete verticale e proseguii finché non incontrai una rientranza. Decisi che valeva la pena scoprire che cosa nascondesse, così continuai a seguirne la linea. Avvertii il cambiamento di temperatura all'istante, la parete gelida aveva lasciato il posto a qualcosa da cui proveniva un calore intenso. Tastai con entrambe le mani rapita dalla curiosità, cercando di capire di che cosa si trattasse. Era ruvida, di legno,appresi appena una scheggia mi punse l'indice liberando una goccia di sangue. Bruciava, ma non ci feci caso. Più in alto scoprii una minuscola incanalatura.Ne seguii il disegno, un'incisione pensai. Una luce abbagliante si sprigionò all'improvviso, voltai il capo cercando di coprirmi gli occhi da quel bagliore folgorante. Tornai a guardare solo quando quello strano fenomeno luminoso sembrò cessare, diminuendo di intensità. Riuscii a scorgere uno strano simbolo brillare prepotentemente, impresso su di una porta di antica fattura, prima che la vista mi si annebbiasse completamente.

Schiusi gli occhi e mi guardai attorno realizzando di essere nella mia camera al terzo piano del palazzo,sdraiata su un comodo letto a baldacchino.Ero stata strappata dalle braccia di Orfeo e tornata rapidamente alla realtà. Le soffici tende dondolavano attorno alla mia figura intorpidita,mosse dalla brezza del mattino. Feci correre lo sguardo alla finestra, doveva essere rimasta aperta dalla sera prima. Ripensai all'immagine che avevo visto in sogno,mi alzai e presi un pezzetto di carta. Intinsi il calamaio nell'inchiostro e cercai di disegnarlo, ma mi accorsi di non riuscire a farlo. Certo, l'arte non era mai stata il mio punto forte, ma non era quello a bloccarmi. Qualcosa mi impediva di farlo, ogni volta che appoggiavo la punta al foglio l'immagine che avevo visto mi sfuggiva di mente, per poi tornare ben chiara ad affacciarsi nella memoria appena mi allontanavo. Che strano pensai.. mi portai una mano alla fronte per scostare una ciocca di capelli che mi copriva la visuale.Scottavo. Febbre,ecco spiegato tutto. Mi infilai nella doccia e lasciai che l'acqua ghiacciata tamburellasse gentilmente sulla mia pelle, abbassando la temperatura. Non sarebbe stata una leggera influenza a fermarmi. Mi vestii in un batter d'occhio e prima di uscire dalla stanza lanciai uno sguardo alla sveglia. Le 7.00. Ero in ritardo, l'allenamento sarebbe iniziato di lì a poco. Corsi verso la palestra, mi sentivo debole e sempre più accaldata ma dovevo arrivare a tutti i costi prima degli altri e nascondermi. Ancora non sapevo dove. Mi maledii per non averci pensato prima,mi avrebbe scoperto. Di nuovo.Spalancai la porta e me lo ritrovai davanti. Le braccia conserte e le gambe divaricate, ben piantate a terra. Mi fissava. Troppo tardi pensai. La sua espressione non tradiva un briciolo di sorpresa però. Che già sapesse di trovarmi lì? Scacciai quella stupida supposizione.

"Hai intenzione di rimanere lì a fare la bella statuina o preferisci giocare a nascondino dolcezza?" mi prese in giro. Ignorai la provocazione.

"Chi sei?" strinsi i pugni frustrata.

Non rispose. " Se non vuoi che ti scoprano ,devi essere più furba"

Udii il rimbombare dei passi che si avvicinavano. Non potevo andarmene. Guardai le finestre.Erano la mia unica chance.

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