Capitolo 43

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Questa gif non c'entra un cazzo con la trama del capitolo, ma Harry del 2013, bandana ed orecchino con la croce inclusi, più fossetta e sorriso da figlio di troia, JABSOSNDOEKDNFOFOFNFNFKF

Lily's pov

Spiegare a Sarah che fine avessi fatto è stato difficile, il giorno dopo. Risveglio tremendo e confuso con dolori angoscianti in tutto il corpo e il peso di Harry su gambe e ventre e petto, ché lui non ha mai conosciuto la definizione di spazio personale. No. Lui si vuole prendere tutto, fagocita perché è ingordo e distrugge la distanza pure mentre dorme e mi cerca su un letto abbastanza grande per entrambi.
Sono state le voci dei ragazzi a svegliarmi. Quelle che provenivano dalla cucina, fitte e divertite.

Difficile è stato aprire gli occhi e ignorare il costante martellare alle tempie; difficile è stato districarmi dalla stretta soffocante di Harry che, occhi chiusi e mani bollenti, non ne ha voluto sapere di lasciarmi alzare.

Difficile è stato spiegare a mia madre - o meglio omettere qualsiasi genere di dettaglio - dello stato in cui ero e sono ridotta. Per la prima volta, dopo anni, ho litigato con mia madre. Le ho urlato addosso dopo che lei ha iniziato a piangere, minacciando di chiudermi a casa se non le avessi raccontato tutto. E che avrei dovuto dirle? Io non ho potuto. È stato terrificante doverle mentire ed accusare il colpo, ed osservare il suo viso contorcersi per la rabbia e il dolore.

Non parliamo da cinque giorni.

Mi sono permessa di rivolgerle parole crudeli solo per paura di essere messa al muro, ferendola, portandola a chiudersi. Perché ti incazzi adesso, le ho urlato addosso, se per anni non hai mosso un dito quando era tuo marito a picchiarmi?

Non riesco a guardarla negli occhi. Non più.
Quella situazione era diversa, lei era diversa: sola, terrificata e col peso di una responsabilità troppo grande sulle spalle.
Harry è rimasto al telefono con me tutta la notte. Secondo te mi perdona, 'sta volta? Gli ho chiesto. È stato bravo a rassicurarmi, e la mattina seguente ho scritto una lettera a mia madre sistemandola sotto il suo cuscino.

Oggi, comunque, tutto sembra essere precipitato. Nel giro di quarantotto ore il cristallo gelido mi ha attraversato la pelle fustigata. Mia madre continua a non parlarmi, io continuo a sentirmi persa, ed Harry, d'improvviso, mi ha gettata con entrambe le mani nel baratro della disperazione.
Ma tornando un attimo indietro...

"Mi dispiace che tu abbia discusso con lei." Borbotta il riccio facendo il suo ingresso in camera. La sua stanza è illuminata da raggi solari di mille sfumature aranciate. Mi perdo ad osservare il tramonto attraverso il vetro cristallino della finestra, così, seduta sul suo letto sfatto con il cuore tra le mani.
Il mese di marzo inizia col vento che profuma di primavera.

Lo sento muoversi con pacatezza mentre getta le chiavi dell'auto sulla scrivania a lato dell'entrata: legno massello ricoperto di fogli, parole confuse, schemi complessi e sogni irrealizzabili. Qualche foto. Qualche matita e giusto due o tre libri chiusi e mai letti.

Mi sembra di soffocare. Negli ultimi giorni anche la sua vicinanza mi pare esser diventata una galera, ma ho il terrore di accettare tal pensiero: varrebbe a dire solitudine.
I suoi baci, i suoi tentativi di consolarmi, le sue strette così forti e possessive, mi portano a sentirmi come se non avessi più il controllo di me stessa. Come se dipendessi da lui - e così è.

Eppure, quando il sole e i suoi mille raggi lasciano spazio alla luna argentea, i suoi respiri nelle orecchie diventano la mia nenia preferita. Il suo calore impedisce al gelo di spaccarmi le ossa.

Il materasso si piega sotto il peso delle sue ginocchia quando Harry si fa spazio su di esso. Mi avvolge le spalle, sposta i miei capelli, osserva con me il mondo che, al di fuori di quello che ci rende prigionieri (noi stessi nostri carcerieri) continua a scorrere. A ruotare, a portarci via del tempo che mai ci verrà restituito. Io sono già morta.

Dangerous [hs]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora