Capitolo 1

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Why are these lights so bright?
Did we got hitched last night?
Get up and shake the glitter off your clothes, now.
That's what you get for waking up in Vegas.

- Katy Perry -




Las Vegas, tre anni dopo l'omicidio di Abigaille Williams.



«Michelle, dove sei?»
La voce di Hodges risuonò in tutto il laboratorio: essendo quasi ora di cena molti degli agenti della scientifica erano corsi a mettere qualcosa sotto i denti così i locali erano rimasti prettamente vuoti.
«Sono qui.» Mi alzai dalla sedia facendo attenzione a non appoggiare troppo il peso sulla gamba destra, ancora fasciata dopo l'operazione.
Il ragazzo arrivò di corsa con un fascicolo in mano, che mi aprì sul bancone sul quale stavo lavorando.
«Ho trovato il DNA della nostra vittima nel CODIS, si chiama Laura Sanchez.»
«Ottimo.» Dissi, massaggiandomi il ginocchio: ogni volta che mi alzavo comincia a darmi fastidio. Lui osservò questo mio gesto quasi con compassione.
«Mi piacerebbe chiederti perché non sei rimasta a casa ma temo di sapere già la risposta.»
«Questo caso ha la precedenza e poi basta non appoggiare troppo il peso sulla gamba.» Mi sedetti di nuovo, presi in mano il fascicolo e cominciai a leggere. «Dunque... aveva diciannove anni e un arresto per prostituzione risalente a due anni fa.»
«Sì, per questo l'ho trovata quasi subito; deduco che la zona in cui è stata ritrovata fosse il suo posto di lavoro... Montgomery Street mi sembra.»
«Non è di certo uno dei posti in cui vorrei trovarmi se fossi sola e avessi quell'età.» Ripensai alla mia adolescenza, in particolare a quando avevo la sua età. «Nessuno ha sentito delle urla? So che lì vicino ci sono delle case.»
«Nessuno ha sentito o visto niente.»
«Hai anche chiesto al proprietario della sala giochi che c'è lì vicino?»
Hodges sembrò imbarazzato. «A dire il vero no... ho pensato fosse troppo lontano per aver sentito qualcosa...»
Gli sorrisi ampiamente, mi rivedevo in lui il giorno in cui Grissom mi affiancò a fare il test per entrare nella scientifica. «Bene, andremo adesso.» Gli lanciai le chiavi della macchina. «Guida tu.»



Ci vollero quasi venticinque minuti per arrivare in Montgomery Street; Hodges lasciò la Denali nel parcheggio retrostante la sala giochi, a pochi metri da dove avevano trovato il cadavere della ragazza: il nastro giallo era ancora lì a delimitare l'area.
Lo aspettai sul marciapiede, armata di occhiali da sole e cappellino; arrivò qualche secondo dopo, con la fronte imperlata di sudore.
«Dovevo mettermi questa stupida maglia di nylon nera proprio oggi, che ci sono trentasette gradi.»
«Vedi il lato positivo, David, ti aiuta a mantenere in forma il fisico.» Scherzai.
«Spiritosa, sento il gilet appiccicarsi alla pelle. Mi da prurito ovunque!» Guardò la porta del locale espirando con la bocca aperta. «Spero che dentro ci sia l'aria condizionata.»
Ci avviammo verso la porta, a Hodges bastarono tre lunghi passi per arrivarci mentre io me la presi con calma. Il mio collega mi tenne la porta aperta per farmi entrare.
«Dovresti ascoltare tuo marito qualche volta, sai?»
«Greg mi conosce fin troppo bene, lo sa che quando ho un'idea in testa nessuno me la toglie.» Mi appoggiai alla stampella mentre la porta si chiudeva dietro di me.
Nella sala giochi c'era un gran brusio misto al suono delle consolle e delle slot, apparentemente nessuno si accorse della nostra presenza ma qualche istante dopo ci venne incontro un ragazzo con i capelli tirati indietro col gel e un completo grigio, al collo portava un'importante collana dorata.
«Salve, posso esservi d'aiuto?» Ci disse masticando uno stuzzicadenti.
«Salve, Michelle Williams e David Hodges della polizia scientifica. È il proprietario del locale?» Mostrammo i tesserini identificativi, il nostro interlocutore li fissò attentamente.
«Sono il gestore degli introiti, Gary Garrett.» Ci allungò la mano. «C'è qualche problema agenti?»
«L'altra sera era qui?» Domandai.
«No, ma c'era il mio socio in affari, Brett.»
«Bene, se è qui vorremmo rivolgergli qualche domanda. Avrà certamente sentito dell'omicidio avvenuto qui vicino lunedì notte.»
«Oh sì, certo... una vera tragedia ma, sapete, ha attirato molti curiosi e molti di loro si sono fermati qui nel mio locale.» Ridacchiò. «Diciamo che ne ho tratto vantaggio.»
«Mi scusi ma a noi non interessano i suoi guadagni... può portarci da Brett?» Hodges stava perdendo la pazienza.
Garrett sembrò irritato dalla sua faccia tosta perché rispose a denti stretti. «Per di qua.»
Misi la mano sinistra sulla spalla. «Ottimo lavoro, stavo per rispondergli con un pugno in faccia.» Sussurrai.
«Grazie collega.»
Salimmo al piano di sopra con l'ascensore situato in fondo alla stanza. Non si sentiva il benché minimo rumore della sala giochi ma gli uffici avevano una grossa vetrata dalla quale si poteva tenere d'occhio tutta la gente che si intratteneva ma, da sotto, nessuno lo avrebbe notato perché i vetri erano oscurati.
I cubicoli erano due, uno per ogni proprietario: quello a sinistra era arredato con mobili dal gusto decisamente bizzarro: tappeti animalier e colori molto forti regnavano in ogni centimetro della stanza; l'altro invece sembrava appena uscito da una rivista di design.
«Chissà come fanno ad essere soci di questa bettola.» Pensai.
Garrett bussò sulla porta del secondo cubicolo urlando chiamando a gran voce Brett. Ci aprì un ragazzo poco più che trentenne, i capelli arruffati andavano in tutte le direzioni ma la cosa che mi colpì più di tutte furono i graffi che aveva sulla faccia.
«Alla buon'ora, questi due tizi sono qui per parlarti.» A queste parole il ragazzo divenne paonazzo.
«È lei Brett?»
«Sì sono io, Brett Dawson.»
«Agenti Williams e Hodges, scientifica... vorremmo parlarle dell'altra sera.»
Lo vidi chiaramente deglutire.
«Sì, certo... entrate!» Disse a stento, facendoci accomodare nel suo ufficio. Garrett invece se ne andò nel suo ufficio. Ci sedemmo davanti alla sua scrivania, appoggiai la stampella alla mia sedia.
«Allora, signor Dawson... cosa ci può dire di lunedì sera?»
«Ecco... io... posso spiegarvi!» Guardai istintivamente Hodges e lui fece lo stesso con me.
«Sta forse confessando?» Chiese Hodges quasi incredulo.
«Sentite, io non volevo, o meglio, non sapevo che quei tre ragazzi fossero minorenni! Avevano dei documenti fatti a regola d'arte!»
«Ragazzi? Di cosa sta parlando?»
Brett sembrò spaesato e molto confuso. «Non siete qui per quei tre teppistelli?»
«No, siamo qui per l'omicidio della ragazza avvenuto nel vicolo qui dietro.»
«Oh! Bhe, non so cosa dirvi... pensavo di essere in arresto perché ho servito da bere a quei ragazzi.»
Hodges mi guardò. «Forse potrebbe essere collegato con il nostro caso!»
«Già! Lei per caso ha qualcosa che ci possa condurre a quei ragazzi?»
Brett ci pensò su. «Non credo... ho la fotocopia delle loro patenti ma se sono false lo saranno anche i nomi.» Si girò verso lo scaffale alle sue spalle, aprì il primo cassetto e ne tirò fuori un foglio con sopra stampate le foto delle tre patenti.
«Ecco qua.» Le consegnò a Hodges.
«Bhe almeno sappiamo che questa sono le loro facce... non sarà troppo complicato trovarli... parlando di altre questioni, il suo socio in affari ci ha detto che lei era qui da solo. Ha per caso visto o sentito niente?»
«No, sono stato al bar tutta la sera a servire e non sono uscito fuori dal locale neanche per un minuto... da lì in poi sono stato a fare la ramanzina a quei tre ragazzini con le patenti false.»
«D'accordo, grazie per la collaborazione, signor Dawson. Se avremo ancora bisogno di lei dove possiamo trovarla?»
«Passo la maggior parte del tempo nel mio ufficio, Garrett non è molto collaborativo quindi devo fare il doppio lavoro, in caso contrario casa mia è a due isolati da qui. Questo è il mio numero di telefono.»
«La ringrazio.» Ci alzammo in piedi e Brett venne ad aprirci la porta; appena fummo fuori dal suo ufficio lui tornò dentro e tornò a sedersi.
«Credi che ci abbia detto la verità?» Mi domandò Hodges.
«Non lo so, sembrava sincero.» Guardai le foto dei ragazzi sulle patenti. «Ma per esserne sicuri dobbiamo trovare questi tre.»

Waking up in VegasDove le storie prendono vita. Scoprilo ora