Capitolo 10

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Mi svegliai verso le nove, Greg stava ancora dormendo accanto a me: nonostante fossero passati quasi più di tre anni, conservava ancora quel suo sguardo dolce da ragazzino. Decisi di alzarmi per preparare qualcosa da mettere sotto i denti, così infilai la vestaglia e andai in cucina: in pochi minuti gli preparai caffè e uova strapazzate, mentre lasciai i toast pronti da scaldare da parte, giusto per evitare che diventassero gomma da masticare. Afferrai la mia tazza e uscii in veranda: il sole era già alto nel cielo blu e limpido. Il clima torrido faceva boccheggiare e, come se non bastasse, da quel lato della casa spirava il vento dal deserto che rendeva l'aria ancora più calda.

Rimasi ferma a guardare il campo da golf dall'altra parte della strada: il prato verde scintillava alla luce del sole. Dovrei prendermi qualche giorno di vacanza appena chiuso il caso, pensai tra me e me, e dovrebbe farlo anche Greg. Finii il caffè nella tazza e mi rilassai sulla sdraio, assaporando quell'attimo di tranquillità lontano dal lavoro e dalla frenesia della città. Dopo qualche minuto apparve Greg sulla porta della veranda, porgendomi un piattino con uno dei toast che avevo preparato. «Come al solito li adoro.» Esordì. «Mi danno la carica per affrontare la giornata.» Venne a sedersi davanti a me.

Nel frattempo io mi tirai su a sedere. «Ricordati che non sono una mia ricetta.» Poi appoggiai il piattino sulle mie ginocchia e aspettai che anche lui si sedesse. «Stavo pensando che dovremmo fare una vacanza.»

«Dove?» Chiese infilandosi un pezzo di pane caramellato in bocca.

Sorrisi. «Oh non lo so, che ne dici delle Hawaii?»

«Sarebbe una bella idea.» Alzò le braccia al cielo per poi incrociarle dietro la testa. «Palme, sabbia, mare... cocktail con ombrellini... Sì. Davvero una bella idea.»

In quello stesso istante il mio cellulare prese a vibrare. Addio tranquillità. «Williams.» Risposi.

«Sono David, ho delle novità per te.» Rispose la voce dall'altro capo del telefono.

«Ottimo, di che si tratta?»

«Due ore dopo che sei andata via, Sofia e Brass hanno avuto una soffiata anonima da qualcuno che era a conoscenza del nostro caso» Fece una pausa. «e grazie a quelle informazioni sono riusciti a parlare con quel protettore... come si chiamava già?»

«David, mi stupisce che non te lo ricordi. Tony Richards.»

«Sono stanco anche io, sai? Uff.»

«Vai a casa David, ci penserò io più tardi.» Alzai gli occhi al cielo. «Comunque sia... gli hanno già parlato?» Addentai un altro pezzo di toast, Greg ogni tanto mi guardava ma poi tornava a concentrarsi sulla meravigliosa vacanza alle Hawaii che ci aspettava in un futuro prossimo.

David ci pensò su, in modo da non dilungarsi troppo ed evitare di addormentarsi al telefono. «Da ciò che ho visto e sentito sembra che Richards avesse un debole per la Sanchez, tant'è che nel giro avevano cominciato a soprannominarla "Miss Squeezer", insomma la considerava la sua donna.»

Meditai su quelle affermazioni. «Interessante, non deve averla presa bene quando ha saputo che voleva uscire dal giro.» Pensai anche a quello che ci aveva detto uno dei suoi sgherri, era una a posto e non ha mai dato dei problemi. «Richards cosa ha risposto?»

«Che non aveva interesse a ucciderla, dopotutto poteva avere tutte le donne che voleva, anche migliori di lei quindi dopo una sfuriata con la Sanchez si è calmato e le ha detto che doveva estinguere il suo debito prima di andarsene.»

«Che tipo di debito?» Molto probabilmente si trattava di soldi.

«Laura gli aveva chiesto un prestito per estinguere l'ultima rata della retta universitaria ma, in cambio, avrebbe dovuto lavorare per lui un altro anno e portargli altre ragazze che la sostituissero.» Spiegò David.

Che bastardo, pensai. «Bene socio. Hai fatto un buon lavoro.»

«Oh... grazie.» Rispose lui esitando, poi sbadigliò sonoramente. «Forse dovrei andare a riposarmi.»

«Forse sì, vai a casa David, come ti ho già detto prima ci penserò io quando torno in laboratorio. Ci vediamo.»

«D'accordo, saluta anche G.» Chiuse la chiamata e io finii i rimasugli di pane che avevo avanzato nel piatto.

«D. mi ha detto di salutarti ma non so se ne ho voglia.» Sorrisi.

«Non è un problema... quindi c'è una svolta nel caso?» La sua aria trasognata svanì in quello stesso istante.

«Già. Sembra che le nostre informazioni su Richards non siano abbastanza per ottenere un'incriminazione e poi, come ho già potuto constatare dall'autopsia, mi sembra un crimine passionale... un protettore come lui non avrebbe mai fatto il lavoro sporco, al massimo avrebbe detto a uno dei suoi sgherri di risolvere la questione in modo pulito.»

Greg mi fissava divertito. «Stai parlando come se fossi un vecchio poliziotto scontroso di mia conoscenza.» Era fin troppo chiaro che alludeva al capitano Brass.

«Non ti ci mettere anche tu, basta già Nick che mi chiama Albert per via di questa gamba... un giorno o l'altro me la taglio.» Risposi con il naso all'insù.

«Così poi ti chiameremo Gamba di Legno.»

«Dovete solo provarci.» Gli feci una linguaccia poi mi alzai. Il sole mi aveva dato la carica necessaria per affrontare al meglio la giornata: avevo un assassino da rinchiudere, non potevo permettermi di oziare oltre. «Vado a vestirmi poi, dopo aver sbrigato alcune commissioni, tornerò in laboratorio e sbatterò quel delinquente in cella.» Dissi con le mani appoggiate ai fianchi in posa da supereroe.

«Ottima idea. Io invece rimarrò ancora qui ad immaginare come si sta bene sulla sabbia ad arrostire.» Si sistemò ancora più comodamente sulla sdraio.

«Vorrei farti notare che a poco meno di 10 miglia da qui di sabbia ne trovi quanta ne vuoi, l'unico problema è che, forse, potrebbe essere una vacanza a lungo termine...» Dissi cercando di mettergli paura.

«Precisamente si tratta di tungsteno, oro, argento, minerali di ferro, borace, potassio, salgemma... insomma, viviamo in un deserto fatto di terra, non di sabbia.»

Mi ero appoggiata allo stipite della porta, con le braccia incrociate e lo sguardo teso sul panorama della città. «Come al solito non ti smentisci mai.» Dissi sorridendo.

«Non lo faccio apposta, te lo posso assicurare.»

«Non ne dubito.» Tornai in casa per vestirmi all'alba delle 14, alle 20 sarei dovuta rientrare a lavoro il che voleva dire che mi rimaneva tutto il pomeriggio per fare tutte le commissioni che mi ero prefissata. Greg mi accompagnò in tutti i posti possibili e inimmaginabili, era raro avere un pomeriggio intero libero per entrambi così cogliemmo l'occasione per passare un po' di tempo insieme, passeggiando sulla Strip come facevamo una volta.

A fine pomeriggio, nel momento stesso in cui salii in macchina, ripensai a ciò che mancava al nostro caso, ovvero il movente per un delitto passionale. Per fortuna avevamo finito le commissioni in tempo così ci rimaneva soltanto più da andare a casa e prendere i borsoni da lavoro, per terminare il pomeriggio frenetico decidemmo di cenare insieme da qualche parte lungo la strada.

Waking up in VegasDove le storie prendono vita. Scoprilo ora