Capitolo 20

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Abbracciai Sara, stringendola e ringraziandola per essermi stata vicino e mi preparai per andare a casa. Al mio arrivo, notai una mustang del '67 parcheggiata sotto casa mia, l'inconfondibile colore verde salvia mi disse che a casa mia c'era Nick Stokes.

Quando entrai vidi i suoi folti capelli neri spuntare da dietro il divano. «Che ci fai qui?» Chiesi, al chè lui si girò facendomi segno di fare silenzio. Mi avvicinai in tempo per vedere Greg collassato sulla poltrona. Nick si alzò, facendomi poi cenno di seguirlo in cucina. «immagino che abbiate litigato un'altra volta eh?» Chiese quasi sottovoce, appoggiando una mano lungo il fianco e tenendosi con l'altra al tavolo.

Mi morsi un labbro per il senso di colpa. «Sì, gli ho detto che se voleva andarsene a Washington poteva farlo ma che ci sarebbe andato da solo!» Risposi. «Ma cosa è successo? Nick mi fece vedere lo scontrino che aveva ritirato una ventina di minuti prima. «Era ubriaco! Sono andato a prenderlo in un bar qua vicino, dove andiamo di tanto in tanto quando stacchiamo dal lavoro. Il barman è un mio amico e, quando ha riconosciuto Greg, mi ha chiamato.»

Mi passai una mano sulla fronte per poi farmela scorrere lungo la guancia e dietro il collo. «Cosa ti ha detto?» Gli chiesi, sperando che si fosse pentito.

Per mia fortuna Nick cominciò a sogghignare. «Ti assicuro che non l'ho mai visto in quella condizione ma ammetto che mi ha fatto parecchio ridere.» Si sedette davanti a me. «Gli ho chiesto cos'era successo e ha cominciato a piagnucolare che tu non lo volevi più e che avrebbe vissuto il resto dei suoi giorni da solo a morire di sensi di colpa per averti detto delle brutte cose su tuo padre.» Quelle affermazioni mi strapparono un sorriso. «Poi gli ho detto che da lui non mi sarei mai aspettato una cosa simile e che doveva assolutamente rimediare a quanto ti aveva detto.»

Sorrisi, spostandomi una ciocca di capelli dietro l'orecchio. «Sì, sarebbe una buona idea. Ora come ora sono veramente incazzata.»

Nick mi sorrise. «Non ti preoccupare, gli ho fatto una bella strigliata. Poi l'ho riportato a casa, non la smetteva di parlare così l'ho obbligato a stare buono sulla poltrona. Si è addormentato farfugliando qualcosa su una vacanza alle Hawaii.»

Già, in tutto quel trambusto mi ero completamente dimenticata di quella proposta. «Abbiamo deciso di prenderci una piccola sosta dal lavoro, l'ultimo periodo è stato devastante.» Mi passai una mano sugli occhi, la stanchezza si stava facendo sentire. «Grazie che sei andato a recuperarlo, non avrei mai pensato che avrebbe reagito così.» Presi i soldi necessari a saldare il conto del locale e glieli passai. «Questi sono tuoi.»

«Ti ringrazio ma davvero, non ce n'è bisogno.»

«Ti prego, prendili, hai già fatto più del dovuto.» nel frattempo ci eravamo alzati ed avviati verso la porta dell'ingresso. Eravamo rimasti fermi a guardarlo dormire. «A volte penso che non sia più lo stesso Greg di un tempo.» Dissi, stringendomi le braccia.

Nick si era avvicinato e mi aveva messo una mano sulla spalla. «Ciò che siamo non cambia mai, ma è chi siamo che è in continuo cambiamento.» Disse atono.

Mi girai a guardarlo. «Scommetto che è una frase di Grissom.» Risposi sarcastica.

«Ti stupirai sapendo che invece me l'ha detta Sofia mentre assistevamo ad un'autopsia?»

«Forse.» Spostai di nuovo lo sguardo su Greg. «In ogni caso... appena si sarà svegliato parlerò con lui, anche se avesse un forte mal di testa.»

Nick mi diede qualche pacca sulla spalla. «Non ti preoccupare, se hai bisogno sai dove trovarmi.»

«Certo.» gli risposi sorridendo, poi lo accompagnai alla porta. «Grazie Nick, ti devo davvero molto.»

«Servono a questo gli amici, ora però vai a dormire anche tu, altrimenti finisce che reggerò meglio io la serata.» Disse ancora, avviandosi lungo il vialetto in mattoni rossi.

«Non sia mai, ci vediamo.» Lo salutai con una mano e lui fece altrettanto, poi lo guardai ancora salire in auto e sgommare via. Grazie, pensai.

Rientrai in casa diretta verso la camera da letto, quando sentii Greg parlottare: era ancora in uno stato di dormiveglia. «Michelle» mi chiamò. Mi avvicinai in punta di piedi per non svegliarlo. «Cosa c'è?» Chiesi sottovoce con ancora una punta di amarezza nella voce.

«Sei tornata...» Disse aprendo un po' gli occhi. «Sei ancora arrabbiata, vero?» Si stropicciò gli occhi. Andai a sedermi sul divano davanti a lui. «Sì, vorrei parlare civilmente con te, ma con il Greg premuroso che ho conosciuto un tempo.»

Lui si rialzò a sedere. «Mi dispiace, sono stato veramente un idiota a dirti quelle cose. Vorrei chiederti scusa ma non credo basti.»

Sospirai. «Ho tentato di schiarirmi le idee, sono arrivata alla conclusione che se tu andassi via io morirei di solitudine e di paura. Non voglio finire come Sara e Grissom, né come Barbara e Russell.» Greg si passò una mano sul volto, se fosse successo ne avrebbe risentito anche lui. «Però...» Continuai. «Voglio anche che tu ci vada a Washington. È la tua grande occasione quindi sarei felice per te se accettassi la promozione.» Dissi atona, nonostante tutto era stata una decisione molto sofferta e ne stavo ancora risentendo.

«Michelle io...» Tentò di alzarsi ma l'alcol che aveva ancora in corpo gli fece perdere l'equilibrio. «Ma come mi sono ridotto?» Disse lui ridendo facendomi scappare un sorriso. Lo aiutai ad alzarsi, ritrovandomelo a pochi centimetri di distanza, l'odore dell'alcol era veramente forte. «Ti amo, bambina.» Disse a un tratto, quelle parole mi fecero ripensare alle prime volte che gliele avevo sentite dire, gli occhi mi si riempirono di lacrime. Sono passati solo tre anni, ma sembrano un'eternità. Quanto sei cambiato, Greg? Mi ritrovai a pensare. Mi strinsi forte a lui, appoggiando la testa sulla sua spalla. Avevo un disperato bisogno di sentirlo vicino a me in quel momento, Greg ricambiò l'abbraccio stringendomi ancora di più. Sentii nuovamente le lacrime scendere lungo la guancia, Greg se ne accorse e mi prese il viso tra le mani. «Ehi, basta piangere, non serve.» Disse con tono mellifluo, asciugandomele. «Andiamo a letto, dai.» Mi prese sottobraccio e, insieme, ci buttammo sul letto. Greg si addormentò di sasso quasi subito, io rimasi a fissarlo ancora per qualche minuto, poi la stanchezza fece il resto: stretta tra le sue braccia, mi addormentai con ancora un mezzo sorriso dipinto sul volto, finalmente la giornata era finita.

Waking up in VegasDove le storie prendono vita. Scoprilo ora