Capitolo 18

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Come d'accordo andai a sedermi in laboratorio, per farlo dovetti passare davanti la sala riunioni che utilizzavamo per discutere i casi più importanti, era uno dei pochi posti che condividevamo tutti insieme, principalmente lo usavamo quando si trattava di cenare in compagnia durante il lavoro mentre D.B. l'aveva usata per farci un sacco di ramanzine nei primi periodi del suo insediamento a supervisore. Al tavolo al centro della stanza c'erano sedute Sara e Morgan, intente a bere un caffè. Le salutai, chiedendo se potevo aggregarmi a loro dopo aver chiamato Hodges. Io e Sara avevamo stretto un profondo legame di amicizia, tant'è che la consideravo ormai come una sorella. Morgan invece era molto più timida rispetto a noi due e avevamo avuto poche occasioni per poter diventare amiche strette.

Arrivata in laboratorio mi buttai di peso sulla sedia nera girevole, la stanchezza mista alla soddisfazione di aver chiuso il caso cominciavano a farsi sentire e, per non rischiare di addormentarmi, chiamai subito Hodges. Probabilmente lo avevo appena svegliato perché la sua voce risultava impastata. «Ma che ore sono? Fuori è ancora buio.» Chiese lui.

Sorrisi, ripensai a un libro che avevo letto in cui uno dei personaggi diceva alla ragazza "è così tardi che è quasi presto!". «Scusa per l'ora, David» mi limitai a rispondere. «volevo informarti che abbiamo chiuso il caso.»

David sembrò risvegliarsi subito a quelle parole. «È una buona notizia!» Disse per poi tossire un paio di volte, doveva essersi preso una bella influenza. «Ma tu non mi sembri molto entusiasta.» Aggiunse ancora.

«Oh, non preoccuparti. Non riguarda il caso.»

«È per G?»

Il fatto che tutti, all'interno della squadra, pensassero che i miei problemi riguardassero per lo più Greg, cominciò a insospettirmi. «David c'è qualcosa che io non so sul conto di Greg?» Chiesi. E se c'era per quale motivo io non lo sapevo?

«N-no, Michelle ho proprio sonno e non mi sono ancora ripreso, credo proprio che tornerò a letto... ciao!» David mi riattaccò il telefono in faccia seguito dalle mie imprecazioni ma i miei tentativi di richiamarlo furono del tutto vani, aveva spento il cellulare. «Maledizione!» Urlai.

Ma cosa sta succedendo?, Pensai. C'era solo una persona che poteva togliermi quei dubbi, e quella persona era proprio Greg solo che, al momento, non si trovava in centrale, era su un'altra scena del crimine dall'altra parte di Las Vegas. Decisi di andare a parlare con Morgan e Sara, loro non mi avrebbero trattato come David, ne ero più che sicura. Per mia fortuna erano ancora al tavolo della sala riunioni, quando mi videro mi sorrisero entrambe ma non era un sorriso finto e questo mi sembrò un buon proposito per iniziare la conversazione. Andai a sedermi vicino a Sara.

«Ho saputo che tu e Nick avete chiuso il caso.» Disse lei.

Mi sgranchii le braccia incrociandole dietro la testa. «Già, il nostro amico ha confessato quasi subito. È bastato fargli vedere l'arma del delitto.» Sbadigliai, erano le cinque e trenta circa e il turno stava quasi per finire.

«Beata te, io sono ancora in alto mare... mi hanno portato il cassonetto dove hanno trovato il mio uomo giù in garage. Peccato che sia ricoperto da diecimila impronte diverse e altre schifezze.» Esordì Morgan. «Allora, vogliamo andare a berci qualcosa?»

«Che ne dite di una birra? Stavolta tocca a me offrire!» Disse Sara.

Accettai senza compromessi, dopotutto ci voleva proprio. «Certo, guido io.» Risposi.

Optammo per il solito locale dove usavamo trovarci di solito, ormai eravamo diventate amiche con la barista che sapeva già a memoria i nostri ordini. Stavo rimuginando già da una decina di minuti su come iniziare il discorso ma mi mancava il coraggio. «Ho bisogno di chiedervi una cosa.» Dissi improvvisamente, ero talmente concentrata che non mi ero accorta di averlo detto sul serio, Morgan e Sara mi guardavano pensierose. «Voi...» dalla paura di sapere la risposta mi si formò un groppo in gola. «...sapete qualcosa di Greg che io non so, vero? Hodges mi ha dato quest'impressione al telefono e voglio saperlo anche da voi. Mi state nascondendo qualcosa?» Dissi quasi con timore.

Sara e Morgan si guardarono quasi impassibili. Morgan sembrava volesse parlare ma Sara intervenne per prima. «Il fatto è che non sono cose che riguardano noi due, capisci? Greg ci ha fatto promettere di non dirti niente perché voleva essere lui a parlarti.»

Morgan mi guardava con aria vagamente triste. «Aveva detto che le avrebbe parlato la sera stessa che ce lo ha fatto promettere, ma a quanto pare non l'ha fatto! Perché non dovremmo dirglielo?» Disse lei ma Sara continuava a non essere d'accordo. «Perché non sono cose che ci riguardano.» Ribatté.

La cosa cominciava parecchio a infastidirmi. «Sentite, lo so che non sono cose che dovrebbero interessarvi... però c'entrano con me. Greg ultimamente si comporta in modo strano e io vorrei sapere il perché. » Dissi ancora gentilmente, anche se stavo per scoppiare. Sara però continuava ad essere irremovibile. «Ti ho sempre considerata una sorella fin da quando sei entrata in squadra. Non voglio essere una possibile causa di scontro tra te e Greg, tengo davvero molto a entrambi e so come vanno le cose tra marito e moglie. Fidati di me, parlane direttamente con lui.» A quelle parole mi calmai, Sara aveva pienamente ragione così decisi di assecondare la sua richiesta e di chiedere direttamente a Greg. Tuttavia, aspettare di tornare a casa, non fece altro che aumentare la mia preoccupazione, avevo già escluso la probabilità di un'altra donna ed era la cosa che più mi spaventava, perciò cosa poteva essere? In quello stesso istante mi chiamò proprio Greg al cellulare, aveva finito anche lui il turno e si stava preparando per tornare a casa.
Mi feci venire a prendere al locale che tanto era di strada per lui. Quando uscii in strada notai che, nelle poche ore in cui eravamo rimasti in laboratorio, il cielo si era fatto scuro e minacciava pioggia. Non era strano, in mezzo al deserto il clima cambiava molto rapidamente, pochi minuti dopo vidi il suv nero della GMC di Greg arrivare. «Ehi!» disse abbassando il finestrino. «Non stare alla pioggia o ti ammalerai!» mi bastarono due ampi passi per avvicinarmi, feci appena in tempo a salire in macchina che cominciarono a cadere le prime gocce. «Allora? Ho sentito che avete chiuso il caso.» Esordì, accompagnato da un ampio sorriso.

«Greg c'è qualcosa che devi dirmi?» Dissi io freddamente, guardandolo. La mia domanda gli fece cambiare totalmente espressione, si vedeva che la questione lo stava tormentando ma era comunque riuscito a nascondersi dietro una maschera per tutto quel tempo. «Ho fatto qualcosa che non va?» Chiesi con la voce tremante. «Ti comporti in modo strano ultimamente, c'è un'altra donna nella tua vita?»

Greg piegò la testa da un lato. «Perché dovrei volere una donna che non sia tu nella mia vita?» Aveva lo sguardo pensieroso, in quel momento girammo a destra per uscire in Washington Avenue in prossimità del campo da golf. Greg si appoggiò sulla mano sinistra con la testa, indugiando sulle parole da usare. Pochi istanti dopo fermò la macchina davanti al nostro vialetto. Scendemmo entrambi, Greg si avvicinò a me.

«Allora per cos'è tutto questo mistero?» Chiesi quasi con voce sommessa, la pioggia ormai si era infittita e i miei capelli, quasi del tutto fradici, cominciarono ad attaccarsi al viso. Greg, invece, si era coperto con la giacca. «Vieni dentro e ne parliamo!»

«Voglio saperlo ora!» Cominciai a farmi insistente, ero stufa di aspettare.

Greg indugiò ancora un attimo. «Russell se ne va a Washington» Fece una pausa. «E... vuole promuovermi.»

Ero incredula. «Tutto questo mistero per una promozione?» No, c'era dell'altro sotto.

Greg però aveva ancora addosso quell'alone di preoccupazione che non accennava ad andarsene. «Non è così semplice la cosa.» Aveva rinunciato a coprirsi con la giacca e la pioggia aveva cominciato a bagnargli i vestiti, la camicia grigia si era appiccicata al suo corpo, mettendo in risalto il suo fisico asciutto. 

«Che vuoi dire?» Dissi io, la mia impazienza si faceva sempre più sentire.

Greg dal canto suo continuava a esitare. «La sua proposta è di andare con lui, alla crimini informatici.» Il cuore mi si fermò di colpo, sentivo le gambe cedermi. Presa dal panico corsi in casa, smollai la borsa e la giacca per terra, vicino all'attaccapanni, per poi fiondarmi in camera da letto. Greg mi era corso dietro, pregandomi di aspettare.

«Michelle,per favore apri la porta.» Il suo tono di voce sembrava dispiaciuto. «Ti prego.»
La notizia mi aveva sconvolta, mi ero lasciata scivolare giù, andandomi asedere sul pavimento con le spalle attaccate alla porta, fissando il soffitto:se Greg accettava la promozione la mia vita sarebbe cambiata drasticamente, eio non ero di certo pronta a un cambiamento simile.    

Waking up in VegasDove le storie prendono vita. Scoprilo ora