Capitolo 11

86 4 0
                                    

D.B. mi chiamò poco prima di iniziare il turno per informarmi che David non sarebbe venuto a lavoro: a quanto pare si era preso l'influenza e ora era casa con qualche linea di febbre. Sul momento avevo creduto di dover passare l'intera nottata a parlare con me stessa ma poi D.B. mi aveva detto che Nick era libero e che quindi avrebbe potuto darmi una mano lui.

Io e Greg arrivammo puntuali come un orologio svizzero ma lui dovette ripartire subito per raggiungere Sofia, in quanto dovevano interrogare alcune persone sulla scena del crimine della sera precedente. Ad attendermi nello spogliatoio trovai Stokes, intento a leggere una rivista di entomologia. «Ehi! Pensavo fossi già a lavoro.» Intervenni.

Nick alzò lo sguardo dalla rivista, sghignazzando. «In realtà stavo aspettando Albert, sai con una gamba in riabilitazione ci mette sempre un po'.»

Alzai gli occhi al cielo. «A volte mi chiedo perché parlo ancora con te... cosa leggi?» Dissi alludendo alla rivista, dopodiché aprii il mio armadietto per buttarci dentro il borsone, appesa allo sportello c'era una foto che avevamo scattato il giorno che ero entrata alla scientifica, c'era tutta la squadra al completo compresi Catherine e Grissom: a casa ne avevo una copia ma in formato maxi. Sotto, invece, c'era una foto del nostro matrimonio.

«C'è un articolo di Grissom sulla Megasoma Actaeon.» Rispose Nick.

«Mh, interessante. Cavolo, deve divertirsi un mondo in Perù se non ha neanche preso in considerazione l'idea di tornare a casa.» Richiusi l'anta dell'armadietto e mi ci appoggiai con la spalla.

«Grissom è fatto così, lo sapevamo un po' tutti che non sarebbe rimasto alla scientifica ancora per molto... da quando Warrick ci ha lasciati ha cominciato a provare un senso di disperazione verso il genere umano che lo ha cambiato.» Infilò la rivista nel suo armadietto. «Nemmeno Sara, che è sua moglie, è riuscita a capirlo del tutto! Figurati noi che siamo stati dei suoi semplici colleghi.»

A quelle parole mi venne spontaneo sorridere. «Mi ricordo che una volta, pochi giorno dopo la morte di Abigaille, mi sorprese a piangere proprio lì, dove sei tu ora... Mi chiese che cosa fosse successo: stavo male perché, dopo aver letto un articolo sul Daily Mail sulla Williams & Co., avevo ripensato alle parole di Thomas, in particolare a quando mi disse che non avrei più fatto parte di quella famiglia, in pratica mi aveva privato della mia identità, portavo ancora il loro cognome, questo è vero ma non ero nessuno, fondamentalmente.» Mentre parlavo, Nick mi guardava confuso ma allo stesso tempo notai molta curiosità nei suoi occhi. «Così gli raccontai dei miei demoni... Allora Grissom si sedette accanto a me, si staccò il cartellino identificativo che portava attaccato al camice e se lo rigirò tra le mani. "Che cosa leggi qua sopra?" mi chiese... Subito mi sembrò una domanda stupida e risposi ingenuamente "dott. Gil Grissom – supervisore". Al ché lui sorrise, era raro vederlo sorridere, vero? Tu lo sai meglio di me.» Nick annuì. «Poi mi chiese se questo lavoro mi rendesse felice.» Continuai.

Nick fece un sorriso amaro. «Faceva sempre i soliti giochetti... cosa gli hai risposto?» Chiese.

«Gli ho detto la verità, ero felice perché avevo finalmente coronato il mio sogno e, inoltre, mi ero appena fidanzata con Greg.» Feci una pausa. «Poi si è di nuovo attaccato il cartellino al taschino del camice, si è alzato e ha preso in mano le sue solite cartelline che si portava dietro. Non avevo ancora capito che cosa volesse dirmi con quelle domande ma poi, dopo aver sorriso di nuovo, mi disse "Daniel Keyes, una volta ha detto "Non so che cosa sia peggio: non sapere chi sei ed essere felice, o diventare quello che hai sempre voluto essere e sentirti solo.", poi il sorriso sul suo volto si è affievolito. Da lì ho capito che noi due eravamo gli esatti opposti di quell'affermazione: io ero felice ma senza identità mentre lui era esattamente chi voleva essere eppure si sentiva profondamente solo.»

Nick rimase spiazzato. Nonostante la barba scura si vedeva benissimo che i muscoli della faccia erano contratti in una mezza espressione di rabbia e tristezza. Stava pensando a Warrick di sicuro. «È incredibile come tu sia riuscita a capire Grissom in pochi minuti...»

«In realtà è stato lui a farmelo capire... non sono poi così brava a capire le persone.»

Nick mi guardò dolcemente. «Grissom riponeva grandi speranze in te, sapeva che saresti stata un'ottima agente e, inoltre, eri la più piccola della squadra. Ti vedeva come una figlia, forse è per questo che si è aperto con te.»

«Può darsi.» Controllai l'orologio. «Ora però abbiamo un caso da risolvere. Andiamo?»

«Andiamo.»

Hodges mi aveva lasciato il suo quaderno degli appunti sul bancone del laboratorio, nel caso servisse. Così decisi di passarlo a Nick in modo che si facesse un'idea delle informazioni che avevamo raccolto dai vari testimoni, in quell'istante sentii la voce di Sheila che mi chiamava dalla reception. Così lasciai Stokes a leggere il quaderno di Hodges, nel frattempo io andai in contro alla receptionist. La trovai intenta a parlare con una donna dall'aspetto ispanico, aveva i capelli scuri raccolti in uno chignon ma era chiaro che fosse avanti con l'età. Sheila stava tentando di raccogliere i suoi dati personali ma la donna parlava inglese a fatica, così mi feci avanti io. «Ciao Sheila.»

«Oh Michelle, c'è questa donna che ti cerca, dice che sei tu ad occuparti del caso di sua nipote.» Mi spiegò.

«Buenos días señora Sánchez, le ha ocurrido algo?» Le chiesi ostentando una pronuncia quantomeno ridicola, quando mi vide notai subito che stava stringendo tra le braccia un computer portatile argentato.

«Oh señorita, he encontrado la computadora de Laura.» Mi porse il computer.

«Sheila grazie, adesso me ne occupo io.» Dissi alla receptionist, che mi ringraziò. L'unica persona in grado di aiutarmi era seduta in laboratorio a leggere un quaderno, così chiesi alla donna di seguirmi per parlare con Nick.

Quando arrivai nel laboratorio con la donna, Stokes si alzò in piedi. «Lei è la signora Sanchez, la zia della nostra vittima, sfortunatamente per me parla per lo più spagnolo quindi devi aiutarmi.»

«Ma certo! Hola señora.» La donna a sentire che anche Nick parlava la sua lingua con un accento più formale del mio si rasserenò, la feci accomodare sulla poltroncina girevole insieme a Nick che cominciò a chiederle di raccontargli qualcosa della vita di Laura. Nel frattempo io mi fiondai da Archie con il portatile, se c'erano delle informazioni utili dovevamo saperlo al più presto.

Lo trovai in una full immersion di video di sorveglianza del Mirage. «Archie!»

Lui si girò di scatto, probabilmente lo avevo spaventato. «Oh sei tu Michelle... Sofia e Greg mi hanno riempito di questi stupidi video di sorveglianza, dubito che riuscirò a cavarne un ragno dal buco, ti prego dimmi che hai bisogno di me così posso staccare gli occhi da questo schermo pieno di persone che si muovono.»

«Allora posso aiutarti! Ho bisogno delle mail e di eventuali informazioni contenute in questo portatile.» Glielo consegnai.

«Facile come rubare le caramelle a un bambino... aspetta solo un secondo... fatto! Sono nel sistema.» Gli occhi saltavano da un'icona all'altra. «Che cosa stiamo cercando?»

«Qualsiasi traccia di un possibile fidanzato... prova a cercare nelle mail.»

«Dunque... ci sono diverse mail scambiate tramite un sito che si chiama "TeenLover" con un certo Bubble_Gamer.»

«Queste sono mail di un certo spessore... "Vorrei renderti mia", "Potrei venire a prenderti e farti qualsiasi cosa se solo ci vedessimo".»

«Sembra che si siano fidanzati sette mesi fa: ha aggiornato il suo stato sentimentale da single a impegnata. Però è strano» Fece una pausa. «Come hai detto che si chiamava la ragazza?»

«Laura Sanchez, perché?»

«Leggi qua: "Carol mi dispiace, ho bisogno di rivederti, dammi almeno un'altra possibilità."»

«Sembra che Laura volesse nascondere la sua vera identità al suo misterioso amante, forse non voleva dirgli che in realtà era una prostituta.»

«Molto probabile.»

«Questo Bubble_Gamer ha un'identità vera e propria giusto?»

«Esatto, dovrei riuscire a risalire al suo ID senzaproblemi.» Trafficò con la tastiera, sullo schermo comparvero diversi numerifino a quando non si aprì una finestra con un nome e un volto fin troppofamiliare. Chi si rivede, pensai.    

Waking up in VegasDove le storie prendono vita. Scoprilo ora