Capitolo 13

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Nick mi fissava titubante, aspettava una mia risposta o qualsiasi altra cosa avessi da dire sul caso. «In che senso manca qualche tassello al puzzle?» Chiese poi richiudendo il quadernino.

Mi fermai a osservare il mio riflesso nel vetro della porta, era ovvio che mancasse qualcosa ma nel mio cervello non riuscivo a capire cosa fosse, forse dopo un'altra chiacchierata con Brett sarei riuscita a capirlo quindi non restava altro da fare se non convocarlo in centrale. «Non ne sono certa, dobbiamo convocare il signor Dawson per farci spiegare il perché ci abbia mentito sulla sua relazione con Laura.»

Nick si alzò in piedi per riconsegnarmi il blocco appunti di Hodges. «Ti farò da spalla, mi dispiace che non sia David ad aiutarti.»

Ripensai al povero David che era rimasto a casa con la febbre. «Probabilmente mi starà maledicendo per averlo contagiato con qualche batterio strano proveniente dalle prove.» Scherzai, Nick trattenne un sorriso da sotto la barba. Non guardarlo, non guardarlo! Mi ripetevo, quell'uomo mi faceva strani effetti e non dovevo pensarci. Mi morsi il labbro, cercando di cancellare il suo sorriso dalla faccia. Chiamai Jim con il telefono del centralino interno, chiedendogli di far venire alla centrale il signor Dawson. Per rintracciarlo ci vollero quasi venti minuti, il fatto che all'interno della sala giochi il segnale fosse scarso aveva reso più difficile contattarlo, in più ci volle quasi un'ora per portarlo alla centrale.

Fortunatamente, verso le 23, due agenti scortarono Brett nella sala interrogatori, io e Nick lo stavamo aspettando da dietro la vetrata a specchio, aspettammo ancora qualche minuto in modo da osservare il suo comportamento: il ragazzo dava l'impressione di essere calmo ma continuava a tormentarsi le mani. «Sta chiaramente nascondendo qualcosa.» Disse Nick per smorzare il silenzio che si era formato. Io mi limitai semplicemente ad annuire con la testa. «Lo credo anche io.» Diedi un leggero colpetto al vetro con le nocche della mano e mi avviai verso la porta. «Su, andiamo.»

Nick mi seguì senza fiatare. Quando entrammo nella stanza Brett mi fissò apatico. «Buongiorno signor Dawson, si ricorda di me vero? Ci siamo parlati ieri pomeriggio.» Mi sedetti davanti a lui, aprendo la cartellina gialla.

«Sì, certo.» Rispose lui, poi fissò Nick. «Ma lei non la conosco.» Il suo tono ostentava nervosismo.

Nick sorrise ampiamente, l'ironia in quello sguardo traspariva da ogni poro. «Nick Stokes, scientifica.» si limitò a dirgli.

«Che fine ha fatto il suo vecchio collega? Quello strano, intendo.»

Alzai gli occhi su di lui, i suoi occhi verdi mi stavano indagando dalla punta dei capelli fino alle dita delle mani. «Al momento è indisponibile, se vuole però glielo faccio chiamare.»

«No, non ce n'è bisogno.» Si buttò contro lo schienale della sedia, incrociando le braccia. «Di cosa sono accusato?» Disse con tono infastidito.

Presi alcuni fogli dalla cartellina ma decisi di tenerglieli ancora nascosti, l'unico che misi in bella mostra era la sua dichiarazione, quella che avevamo raccolto quando eravamo andati alla sala giochi. «Al momento non è ancora accusato di niente, tuttavia è nella lista dei sospettati per l'omicidio avvenuto vicino al suo locale.»

«Vi ho già detto che non ne ero a conoscenza. In più non conoscevo la vittima.»

Presi una penna e cominciai a cancellare alcune parti dal foglio. «Sicuro? Non vuole ritrattare?» Chiesi.

«Assolutamente.» Si grattò un lato della testa, Nick lo fissava dall'alto in basso, se voleva poteva incutere molta paura. Brett ogni tanto gli lanciava un'occhiata fugace per smorzare la tensione.

Presi le e-mail stampate che si erano scambiati i due presunti innamorati, in giallo era evidenziata la parte in cui lui la chiamava Carol. «In questo caso, mi può spiegare chi era questa Carol con cui stava intrattenendo una relazione?» Gli feci scivolare i fogli sotto il naso. Al chè Brett cambiò espressione.

«Non è più nessuno per me, ci siamo lasciati qualche settimana fa.»

«La smetta di mentirmi, Brett, lo sappiamo entrambi che avete continuato a sentirvi anche dopo. L'ultima risale a quattro giorni fa, cioè al giorno prima dell'omicidio. Allora, che mi dice? Lei l'ha scaricata e per rabbia l'ha uccisa?»

Sembrava che trattenesse a stento l'impulso di lanciare via i fogli, nonostante ciò rimase apparentemente impassibile a quelle parole. «E se anche fosse? Senta, non avevo nessun motivo per ucciderla dopotutto avrei potuto trovarmi un'altra fidanzata.»

«Sa, la mia collega è un po', come posso dire, chiusa di mentalità» A quelle parole mi si infiammarono le guance, ma come si permette? Nick mi fissò ridendo. Era tutto un trucco e decisi di stare al gioco facendo l'ingenua. «Lei è una femmina e non pensa che un uomo possa avere a sé tutte le donne che vuole, capisce cosa intendo, vero signor Dawson?»

L'uomo seduto dall'altra parte del tavolo annuì sogghignando. «Se avesse un buon motivo per uccidere di sicuro non sarebbe quello del rifiuto, le avrebbe fatto vedere chi era quella che stava perdendo.»

«Quella smorfiosa rompipalle non mi dava la giusta importanza, per questo l'ho lasciata.» Disse l'uomo battendo la punta dell'indice destro sul tavolo.

«Esattamente. In più, oltre ad essere una donnaccia priva di sentimenti, Carol aveva bisogno di soldi ed essendo minorenne la stava ricattando, questo spiega i prelievi dal suo conto, per un po' le è andata bene ma quando ha cominciato a finire i soldi ha dovuto trovare una soluzione alternativa, i suoi conti erano già in rosso e Carol la stava prosciugando del tutto. Fin qui come sto andando?» Nick sapeva il fatto suo in materia di interrogatori, Brett infatti lo adocchiò minacciosamente. «Così ha pensato ad una soluzione definitiva per togliersela dai piedi.» Concluse poi.

«Lei mi sta sfidando, agente Stokes, le dico solo una cosa: non era Carol a ricattarmi. Pensavo che almeno lei fosse dalla mia parte ma come ho visto voi della scientifica siete tutti uguali e, dato che non volete credermi, chiamerò un avvocato.» Disse Brett, spazientito. Maledizione, pensai subito. Era stato tutto tempo sprecato, dovevo immaginarmelo che non ci avrebbe detto niente, che stupida.

«Come vuole, signor Dawson.» Intervenni io. Poi, una volta usciti, lasciai che l'agente fuori dalla sala interrogatori lo scortasse fino alle cabine telefoniche per fare la sua agognata telefonata. Io e Nick lo guardammo allontanarsi, delusi dall'aver sprecato quell'occasione. «Ce lo avevamo in pugno.» Dissi a denti stretti. Ma Nick invece mi mise una mano sulla spalla. «Non te la prendere, lo acciufferemo in un modo o nell'altro.» Disse soltanto.

«Ora che ci penso non abbiamo molte speranze di ottenere qualcos'altro dalle prove, abbiamo già analizzato tutto e dalla scena del crimine non risultano altre tracce. Che facciamo?» Strinsi i pugni così forte da farmi venire le nocche biancastre.

Stokes si illuminò. «In realtà abbiamo altre prove. Andiamo!» Si diresse verso i laboratori con me al seguito, faticavo a stargli dietro: un suo passo erano due dei miei visto il mio ginocchio ballerino. «Rallenta per favore! Che vuoi dire che abbiamo altre prove?»

«Pensa a ciò che ci ha appena detto Brett: era talmente snervato che si è lasciato sfuggire il fatto che non era Carol a ricattarlo.»

Scossi la testa. «Non riesco a capire il nesso.»

«Era qualcun altro a ricattarlo, qualcuno che probabilmente era a conoscenza della sua relazione con Laura. Hai idea di chi potrebbe essere?»

Pensai a tutte le persone coinvolte nel caso e con cui avevamo già parlato. «In effetti sì.» 

Waking up in VegasDove le storie prendono vita. Scoprilo ora