Nove

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- Secondo me è così. - affermò Clarissa incrociando le braccia e lasciando sprofondare la schiena lungo la panchina.

- Ma ti pare?! - ribattè Matteo gesticolando con le mani e ridendo, mentre la guardava.

Da più di cinque minuti, Clarissa e Matteo stavano discutendo sulla vita privata di un uomo sui quarant'anni al telefono che era passato loro davanti. Parlava a gran voce con la persona dall'altra parte della cornetta e sembrava piuttosto contrariato riguardo le parole che gli venivano dette. I due avevano subito iniziato ad ipotizzare i motivi della sua discussione, il suo lavoro e tutto ciò che lo riguardava, come se fosse un gioco. Ridevano e si divertivano a dire le cose più disparate.

- Mi sa che è ora. - disse Clarissa guardando l'orologio da polso.

- Già... - confermò Matteo mentre si alzava.

- Ci vediamo domani? - domandò Clarissa cercando di far trasparire il meno possibile il tono speranzoso.

Lui sospirò. - Non lo so, spero... - si lasciò scappare. - Clar, ascolta, vorrei proporti una cosa. - fece subito il ragazzo, per distogliere l'attenzione dalla frase pronunciata qualche istante prima.

Nel frattempo, anche lei si era alzata. - Dimmi, ti ascolto. - rispose.

Lui si grattava la nuca e distoglieva lo sguardo da quello della ragazza, in imbarazzo. Non sapeva se ciò che stava per fare era la cosa giusta. Quando quell'idea si era fatta strada nella sua mente gli era subito sembrata ottima, la conseguente eccitazione mista ad esaltazione per aver trovato qualcosa di buono da proporre alla ragazza gli aveva messo addosso fin da subito la voglia irrefrenabile di dirglielo. Solo che, con il passare delle ore, la parvenza del fatto che non fosse male era andata scemando fino ad arrivare a pensare che i suoi pensieri fossero inadatti e completamente stupidi. Così era arrivato all'incontro di quel giorno con la ferma convinzione di non dirle nulla a proposito di ciò, ma poi il pensiero che, in quella settimana, fosse solamente la seconda volta che si incontravano gli aveva provocato senso di colpa e senso di necessità di compensare, e allora si era detto che doveva perlomeno provarci. D'altronde, Clarissa gli dava segnali di essere anche lei rattristita dal cambiamento degli orari di allenamento del Manchester United.
Decise di provare.

- Ti andrebbe... qualche volta di andare via da questa panchina? - iniziò Matteo. - Di andare a fare qualcosa... non so, una passeggiata, mangiare qualcosa... - continuò il ragazzo. Mentre parlava, non guardò mai Clarissa, bensì lasciò vagare lo sguardo attorno a sè. Ovunque, pur di non incontrare gli occhi di lei e rischiare di bloccarsi, ora che si era buttato.

La ragazza si sorprese del Matteo che si trovava sotto i suoi occhi: si era abituata a vedere un ragazzo sicuro di sè, sorridente e rassicurante, ma quella che le si presentava ora era una sua versione differente, insicura e imbarazzata. Questa volta si ritrovavano, quindi, nella situazione opposta. Clarissa si affrettò ad assumere il tono più tranquillo ed incoraggiante possibile per tranquillizzare il ragazzo, anche perchè non trovava affatto che ciò che le era stato proposto fosse una brutta idea, anzi. - Davvero ti andrebbe? - disse infatti, anche se si rese conto solo dopo di essersi lasciata andare un po' troppo.

E allora i ruoli si capovolsero nuovamente: Matteo riacquistò la sua solita sicurezza, sollevato dal fatto che lei fosse assolutamente d'accordo. - Certo, se va a te! - sorrideva e i suoi occhi erano allegri.

Clarissa annuì con forza sorridendo, era tesa ma contenta. - Allora... poi ci sentiamo! - fece lei.

- Perfetto! - ribattè Matteo, per poi abbracciarla, salutarla e andarsene tutto sorridente.

La ragazza rimase ancora per un po' lì, in piedi di fronte alla panchina, totalmente pietrificata.

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Clarissa posò la borsa in terra e si buttò a peso morto sul divano, stanchissima. Finalmente staccava la spina dopo il lavoro pomeridiano al bar e ciò significava che era anche il primo momento in cui aveva la possibilità di rielaborare e rimuginare su quello che le era successo quel giorno con Matteo.
La domanda che più le frullava in mente era che cosa stessero diventando loro due. Uscire insieme significava prendersi qualche impegno, o lo facevano solo come due amici per i quali si stanno riducendo le possibilità di vedersi?
Sentiva paura di tutto questo, uno strano timore intriso di inclinazione e attrazione, la voglia di proseguire in qualsiasi cosa fosse il loro rapporto ma la sensazione che fosse sbagliato.
Non avrebbe mai potuto dargli tutto di sè stessa, perchè doveva mantenere il segreto su gran parte della sua vita ed era anche solo impossibile pensare ad una spiegazione alternativa, ad una bugia. Parte che avrebbe potuto tranquillamente continuare ad ocultare nella situazione attuale.
E poi, sentiva ancora addosso la sensazione dell'abbraccio che il ragazzo le aveva dato.
Infine, giunse alla conclusione che lei sarebbe potuta essere solamente un'amica per Matteo: era l'unico rapporto che poteva permetterle di mantenere qualche segreto e, anche se ce ne fossero state le condizioni, lei non avrebbe mai fatto in modo di cadere in quel sentimento.
Se in quel momento non ci fosse già dentro inconsapevolmente.
No, sarebbe tornata indietro, non poteva permetterselo.

Life for rent - Matteo DarmianDove le storie prendono vita. Scoprilo ora