Ventuno

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Clarissa aveva ormai pianto ogni liquido del proprio corpo, quando appoggiò la testa allo schienale del divano con lo sguardo rivolto verso il soffitto: le faceva malissimo la testa a causa del piangere disperato che aveva fatto. Ora tentava di respirare regolarmente per calmare il dolore acuto.
Non riusciva a sopportare l'idea che suo padre l'avesse di nuovo avuta inevitabilmente vinta. Era stata a tanto così dalla sua vittoria personale, dall'essere finalmente una persona normale, ma, con quella chiamata, ogni cosa che aveva creduto, ogni cosa in cui aveva sperato, era caduta sotto i piedi di suo padre, l'unica grande realtà obbligata della propria vita. Ma quella condizione orribile doveva riguardare solo lei stessa, Matteo non vi doveva essere coinvolto. Vide davanti a sè come unica possibiltà di agire quella di tornare a New York, perché del rendere partecipe Matteo di quella scelta non se ne parlava.
Doveva salvarlo.
Animata da questo nuovo proposito, si alzò di scatto dal divano e, con le ultime forze psicologiche rimaste, decise di lasciargli un messaggio. Gli avrebbe raccontato a grandi linee la sua situazione e messo davanti a scelta fatta, così come avrebbe provato a fargli capire che non poteva fare niente. Forse non era la soluzione migliore, però non poteva nemmeno andarsene senza dire nulla dopo tutto quello che avevano insieme. In quel momento si rese conto davvero del pericolo che aveva corso e del risultato del rischio di innamorarsi per lei, davanti al quale non sarebbe mai voluta essere messa davanti.
Prese un foglio da un blocco appoggiato sul tavolo ed una penna che era in mezzo ad una rivista. Con la schiena piegata e il cuore spezzato, iniziò a scrivere parole d'addio in una calligrafia tremolante e impaurita.
Versata ancora qualche lacrima che non credeva di avere ancora in corpo, lasciò lì il biglietto e raccolse le poche cose che aveva portato con sè quando si era trasferita. In poco meno di due mesi non aveva comprato molto altro.
Lasciò nella casa tutto ciò che vi aveva trovato al momento dell'affitto, impiegò un paio d'ore a fare le valigie e, mentre le faceva, pensò a come fare in modo che Matteo trovasse la lettera.
Le dispiaceva moltissimo non avere la possibilità di salutare Isabelle, ma le avrebbe spiegato tutto con una chiamata una volta negli Stati Uniti, così che non potesse impedirle di partire.
Ormai sulla porta, vide la famosa felpa rossa con lo stemma del Manchester United appoggiata su un divano. Sorrise e la prese delicatamente, per poi mettersela addosso ed uscire di casa.

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Trovato il portone del palazzo aperto, Matteo salì direttamente fino al piano dell'appartamento della ragazza la mattina successiva. Prima di tutto e prima ancora di suonare, il ragazzo notò il foglietto bianco attaccato alla porta con un pezzetto di scotch, in contrasto con il color legno.
Sopra riportava scritto il suo nome, così lo aprì curioso. Spiegò il foglio per due volte ed iniziò a leggere il lungo messaggio che vi si trovava scritto all'interno, mentre l'agitazione gli saliva in corpo.

Ciao Matt,
Se tutto va bene nel momento in cui tu starai leggendo questa lettera io sarò in viaggio verso casa. Casa, sì. Lo avresti mai detto?
Non ti ho nascosto nessuna volontà di partire, se è quello che ti stai domandando, ma ben altro. Non voglio preoccuparti con questo inizio, ma forse parlare della mia vita non mi viene bene.
Sto tornando a New York perché mi sta aspettando la realtà che sono obbligata a vivere da quando sono nata. Non ti sto a spiegare tutto quello che ha combinato mio padre negli anni, ti basta sapere che non c'è niente che tu possa fare per cambiare la situazione. Io devo vivere sotto il suo controllo, io non posso fare niente che lui non sappia. Lui mi fa paura, è capace di tutto.
Ti amo, Matteo. Queste settimane con te sono state le migliori di tutta la mia esistenza, le uniche che siano degne di essere considerate vita.
Mi hai fatto capire che, con le persone giuste, nessun problema è inaffrontabile.
Non mi cercare, io scappo per salvarti la vita. Ti sto pregando con tutto il cuore.
Scusa se non ho potuto salutarti con un bacio dei nostri, con un bacio da rimanere senza respiro o con una notte a fare l'amore, un solo abbraccio mi sarebbe bastato. Scusa per i miei momenti di silenzio o di paura, scusa per questo grande segreto.
Rimarrà per sempre in me il ricordo dolce dei giorni passati con te. Volta pagina, Matteo. E non smettere mai di inseguire i tuoi sogni. Io sarò sempre con te, nella speranza di uscire dal mio tormento, prima o poi.
Ti amerò sempre.
Addio, anche se spero più in un arrivederci...
Tua, Clar.

No, non poteva essere. Non poteva essere successo davvero. Continuava a ripetersi che stava sognando mentre il panico lo invadeva.
Prese il cellulare e chiamò Luke, aveva bisogno di aiuto.

- Pronto? - rispose l'altro.

- Luke, cazzo. - ribattè Matteo. - È successo un casino. - iniziò poi.

Percepita la tensione nella voce dell'amico, l'altro capì subuto che si trattava di una cosa seria e gli chiese così di spiagargli cosa fosse accaduto. - Ma tu ce l'hai una macchina? - domandò poi ironicamente, alla fine del racconto.

- Certo che ce l'ho! - esclamò l'altro.

- Allora salici e corri all'aereoporto, può essere che non ci fossero voli all'ora a cui ci è andata ieri. - ordinò allora Luke.

- Hai ragione! - fece l'altro mentre si affrettava a scendere le scale. - Grazie mille Luke. - aggiunse poi.

- Figurati, amico. Non perdere tempo! - si concluse così la chiamata, mentre Matteo entrava in macchina con tutta l'agitazione del mondo. Quel viaggio sarebbe stato uno dei più lunghi di sempre.

Life for rent - Matteo DarmianDove le storie prendono vita. Scoprilo ora