capitolo VII

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Non molto distante dal teatro della battaglia, verso sud, nel cuore dei monti Ausoni:

Giunse il giorno della fiera. I tre si avviarono, Filippo e Lucia sul cavallo con le ceste del formaggio e le armi di Aldebrando, il pastore a piedi con le briglie dell'animale salde tra le mani. Il potente cavallo da guerra era stato degradato a poco più di una bestia da soma, ma a lui sembrava non importasse molto, era ancora vivo. Filippo si voltò indietro verso nord e vide lontano, oltre le cime più alte, una nera colonna di fumo, ma non vi diede molta importanza, pensò che avesse preso fuoco una boscaglia.

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La valle d'Ambrise, che oggi si chiama valle d'Ambrifi, è una piccola valle che attraversa trasversalmente i monti Ausoni da est a ovest, permette il facile passaggio dalla via Latina al mare. Al suo centro sorge una collina alta circa quattrocento metri, dalla cui sommità si controllava facilmente ogni movimento nella valle, nessun gruppo armato poteva avvicinarsi a essa senza essere avvistato. Il borgo sorgeva proprio sulla sua sommità. Un’unica cinta in pietra alta circa tre metri di forma ellittica circondava le case; ai margini nord-ovest delle mura, nella parte più alta sorgeva il forte fatto di pietre ben squadrate, aveva un’unica torre centrale a base quadrata alla quale si appoggiavano il dormitorio dell'ordine e la chiesa dedicata a Maria Santissima. Due porte, a est e a sud verso il lato meno scosceso della collina, permettevano l'accesso al borgo. La vita nel villaggio scorreva come sempre, di giorno a valle nei campi a lavorare e di sera si rientrava stanchi ma sicuri nelle mura. Da circa una ventina di anni la cittadella era difesa e governata da un manipolo di frati guerrieri che avevano provveduto a fortificarla. Quei possedimenti erano stati assegnati loro per ordine diretto del Papa.

La popolazione contava un centinaio di persone tra adulti e bambini. Erano poveri contadini a parte quei pochi artigiani indispensabili alla vita di una piccola comunità. Ermengarda con la sua locanda, il marito era morto di male al petto, il fabbro e maniscalco Gesualdo, Giovanni il muratore anche lui mezzo contadino, Curzio il falegname, gli altri si arrangiavano a fare di tutto. Ma il centro organizzativo era la chiesa e la precettoria governata con praticità e saggezza da Padre Gregorio che raccoglieva fondi e uomini per i fratelli d'oltremare.

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Dopo un'ora circa di cammino i tre si trovarono davanti la valle con il castello in bella mostra là in basso, con la torre e la piccola chiesa. I campi coltivati circondavano la collina, da un lato, verso ovest, si vedeva il mare, dall'altro, verso est, il sole splendeva in cielo illuminando le montagne innevate all'orizzonte. La vista del castello mise di buon umore il pastore che incitando il cavallo allungò il passo.

“Adesso voglio proprio sentire che dirai a Padre Gregorio!”. Esclamò Lucia.

“Ma smettila, vedrai che mi terrà con lui, diventerò cavaliere di Gerusalemme”.

“Finiscila di fantasticare e di illuderti, sei un povero contadino e tale rimarrai, - lo interruppe con tono acido Malco. - E adesso basta, scendete. Siamo quasi arrivati e si sale a piedi”.

Arrivando da nord fecero il giro della collina per entrare dalla porta principale, quella situata a sud, la Porta S. Giorgio.

C'era agitazione quel giorno per la fiera, molto modesta per la verità, ma c'erano proprio tutti e le viuzze del borgo brulicavano di gente e di bambini festanti.

“Tu ti fermi qua. - disse il pastore rivolto a Lucia - Cerca di scambiare il formaggio con quello che ci serve, quello che avanza vendilo, e non farti imbrogliare. Io accompagno il principino da Padre Gregorio per spiegargli la situazione e poi ritorno. Mi raccomando!”.

“Sì padre!”, rispose obbediente la ragazza.

“Lucia, sono stato molto contento di conoscerti, non ti dimenticherò, ci rincontreremo, stanne certa”.

“Vai, sciocco. Certo che ci rincontreremo... ”. Ma mentre la ragazza pronunciava queste parole, con uno scatto improvviso rovinò addosso a Filippo, spinta violentemente da un giovanotto che le aveva sottratto le ceste del formaggio.

“Fermatelo, al ladro... ”. Gridò il pastore.

Riavutosi dalla sorpresa Filippo partì immediatamente all'inseguimento:

“Ci penso io!”. Disse, ma il ladro con la refurtiva stretta al petto era già in fuga e, conoscendo le viuzze, sparì subito dietro un angolo. Per non perderlo di vista Filippo saltò sul bancone della frutta facendo così rotolare tutto in terra e, riuscendo a rimanere in equilibrio, svoltò anche lui, facendo in tempo a vedere la direzione presa dal fuggitivo. Il ladro svoltò di nuovo e lui ancora dietro, giunsero così, dopo un altro paio di piroette, alla porta principale. Il nostro eroe aveva quasi raggiunto il fuggitivo che, cambiando un paio di volte direzione, con qualche spintone ai viandanti, riuscì a oltrepassare il portone e a lanciarsi a perdifiato in discesa. Intuito le sue intenzioni Filippo prese un'altra direzione, saltò di slancio su una grossa roccia e volò letteralmente addosso al fuggitivo. I due ruzzolarono ancora più a valle, il ladro si rialzò per primo e riprese a scappare, ma la refurtiva era ormai recuperata; Filippo allora rinunciò all'inseguimento.

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“E così tu sei la causa del trambusto: l'eroe del formaggio. Hai creato una bella confusione lo sai?”.

Filippo stava in piedi davanti ad un tavolo di legno nella sagrestia, ascoltava in silenzio le parole pronunciate in tono ironico da Padre Gregorio.

Il frate era un energico vecchio di un’età indefinita, asciutto, quasi minuto, dritto sulle spalle come un giovanotto, fermo nel parlare, occhi chiari, grigi. Aveva uno sguardo che sembrava scrutare anche l'anima. Una lunga cicatrice attraversava la sua guancia destra, un ricordo della prima crociata, adesso il taglio però, quasi si confondeva con le profonde rughe che scolpivano tutto il viso cotto dal sole. Il frate aveva innato il dono del comando. Non parlava molto, ma l'autorità dettata dall'età e soprattutto la sua capacità di cogliere l'essenza del problema e di esporre la soluzione in modo chiaro e inequivocabile lo rendevano collettore di tutti i problemi piccoli e grandi della comunità. Per tutte queste ragioni non gli era mai stato necessario ricordare che il potere su quelle terre era stato assegnato al suo ordine dal Papa in persona. Portava un saio nero, perché reggeva lo sporco, diceva. In petto, sul cuore era ricamata una croce rossa a otto punte.

“Su, non stare lì come un cane bastonato, alla fine hai fatto il tuo dovere. Raccontami delle armi e del cavallo in tuo possesso”.

Filippo raccontò diligentemente tutto l'accaduto, ripetendo parola per parola il messaggio di Aldebrando, Padre Gregorio turbato, rimase per un po' in silenzio, poi disse:

“Bene ragazzo, Filippo se non sbaglio; sei stato coraggioso, non potevi fare di più. Puoi tenere il cavallo come promesso da fratello Aldebrando, e adesso va, torna a casa da tuo padre”.

“Io voglio diventare cavaliere voglio proteggere gli indifesi e combattere contro gli infedeli in difesa di Gerusalemme”. Disse Filippo tutto di un fiato, con coraggio, guardando diritto negli occhi il frate.

“Questa richiesta ti fa onore, hai molto coraggio ragazzo, ma credimi, tu non sai nemmeno di cosa stai parlando”. Rispose con calma Fra Gregorio.

“Vi prego, anche mio padre è d'accordo - aggiunse Filippo in tono quasi lamentoso - e Fra Silvestro dice che nulla accade per caso, ma solo per volontà di Dio e se sono qui la cosa avrà pure un senso. Vi prego prendetemi con voi, farò tutto il necessario per meritarmi la vostra fiducia”.

Il frate rimase ancora in silenzio, in effetti il disegno di Dio era chiaro, oltremare c'era sempre bisogno di mezzi e uomini coraggiosi e il ragazzo di coraggio ne aveva fin troppo.

“Ricordati che è una vita dura, di sacrificio e obbedienza. Ti senti davvero pronto?”.

“Sì !”. Esclamò con entusiasmo Filippo.

“Vieni figliolo, andiamo in cappella a pregare. Sai, la volontà di Dio per un templare è al di sopra di ogni altra cosa, persino della propria vita, e per scoprire quello che Dio vuole veramente da noi, è necessario pregare incessantemente, come faceva nostro Signore Gesù Cristo. Andiamo!”.

Il segreto di AmbriseDove le storie prendono vita. Scoprilo ora