Capitolo XIII

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Bene, Allah è con noi”. Pensò il pescatore. Lo chiamavano “O'convertìte”, altri semplice-mente “O'saracìne”, ma ancora in molti non si fidavano di lui, e avevano ragione.

Quella notte le stelle e un piccolo spicchio di luna erano coperti da un cumulo di nuvole, il pescatore si avvicinò alla spiaggia guidato dal rumore delle poche onde che si infrangevano sugli scogli del piccolo promontorio. Arrivato a due passi dal mare, “O'convertìte” scoprì e ricoprì ritmicamente il piccolo lume che prima teneva ben coperto, per tre volte, e rimase lì ad aspettare. Dopo un po' due sagome scure spuntarono dal buio del mare, erano due lance saracene. In silenzio sbarcarono una quindicina di pirati moreschi, e tirate a riva le barche, seguirono come neri fantasmi il pescatore. Arrivati nei pressi di una delle torri di guardia sparse lungo la costa; due pirati, piccoli e agili come scimmie si arrampicarono con un'impressionante sveltezza sulle mura che erose dal tempo e dal vento di mare, offrivano a mani esperte numerosi appigli. Si udirono dei tonfi e delle grida soffocate, poi il silenzio; dopo un poco si aprì il portone ai piedi della torre, le vedette erano state trucidate. Tornati al punto del primo sbarco, i pirati accesero due stracci imbevuti di pece e zolfo. Poco dopo, tre feluche saracene erano alla fonda nella piccola baia. In pochissimo tempo sulla spiaggia erano sbarcati non meno di centocinquanta predoni armati di picche e scimitarre. Si divisero in due gruppi, il più numeroso avrebbe assalito in silenzio, approfittando della notte, la cittadina di Fondi, l'altro avrebbe risalito immediatamente la valle che s’incuneava tra i monti ausoni per non dare tempo ai villaggi dell'interno di organizzare le difese. Le incursioni saracene in quegli anni erano frequenti. I corsari andavano in cerca di bottino e di schiavi, e nonostante le numerose torri di avvistamento dislocate in maniera regolare lungo la costa, erano un flagello per tutte le zone costiere. Anche se erano stati scacciati dalla Sicilia più di un secolo prima dai Normanni, i predoni islamici continuavano a saccheggiare le coste italiche partendo dai porti delle coste nord africane.

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Più a nord, l'indomani, tra le montagne degli Ausoni, Filippo era sulle cime a sud di Ambrise, tra meno di tre ore di cammino sarebbe stato di nuovo a casa. Non vedeva l'ora di raccontare tutto quello che aveva vissuto in quei giorni a Gregorio e a Marco, ma, in fondo al cuore, anche se aveva paura di confessarlo a se stesso, l'unica persona che desiderava veramente vedere era Lucia; voleva raccontarle tutto, voleva odorare la sua pelle, voleva stringerla a se, voleva dirle che ora si sentiva un uomo. Immerso in questi pensieri, notò delle colonne di fumo che si alzavano dal mare. Curioso più che preoccupato, fece una piccola deviazione per raggiungere la sommità della montagna che non era molto distante da lui per vedere da dove si alzasse tutto quel fumo. Stava attraversando un gruppo di alberi quando si sentì cadere addosso un’informe massa nera, ruzzolò subito in terra e, prima che si rendesse conto di cosa stava accadendo, si trovò cavalcioni su di lui un uomo in turbante, dalla faccia nera e dai denti bianchissimi, armato di pugnale. Colto alla sprovvista Filippo, stava inevitabilmente soccombendo, la mano possente del saraceno lo stringeva alla gola impedendogli di respirare, il nero braccio era alzato per sferrare il colpo fatale quando all'improvviso il pirata gli fu letteralmente strappato di dosso, il suo amico lupo era prontamente intervenuto. Aveva azzannato con un balzo il collo del saraceno; il pirata non aveva più scampo, con la giugulare lacerata perdeva fiotti di sangue tra le possenti zanne di Occhi-gialli; il lupo stringeva inesorabilmente la gola e scuoteva la testa del moro tentando di trascinarlo via. Filippo, raccolto il pugnale, urlò:

“Lascialo! Occhi-gialli, basta!”.

Ma il lupo, inferocito, pareva non sentirlo. Allora coraggiosamente Filippo lo tirò per il collo, la bestia infastidita mollò la presa, ma era ormai troppo tardi, il predone si agitò ancora un poco, poi, in una pozza di sangue rosso rubino che veniva riassorbito in fretta dal terreno, cessò ogni movimento. Filippo raggiunse la cima rocciosa, la città di Fondi bruciava.

Il segreto di AmbriseDove le storie prendono vita. Scoprilo ora