capitolo XII

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“Figlio mio, sono per te giorni di dolore e di crescita. Improvvisamente la vita, con la sua scorta di dolore, ti costringe a diventare uomo; sta scritto però: - t'ho provato come l'oro nel crogiolo - , e ancora, - le vostre vie non sono le mie vie - ,Chi conosce i disegni di Dio? In alcuni momenti della vita ci pota come fa il vignaiolo nella vigna; dopo la potatura ci sentiamo nudi, poveri, doloranti, ma la vite poi crescerà forte e rigogliosa e donerà grappoli copiosi.

Per quello che è successo poi, tra te e Lucia, non ti preoccupare, è nella nostra natura. Dio ci ha fatto maschio e femmina, non tutti possono consacrarsi al Signore, altrimenti la vigna resterebbe vuota. Prega, prega Filippo; il Signore ci mostra la strada ogni giorno, ed è solo attraverso la preghiera che un cuore nobile e puro trova la sua via”.

“Ma Padre, - replicò Filippo - io odio quell'uomo. Ogni attimo sogno di trafiggere il suo cuore con la spada, mio padre era un uomo buono, pacifico, era triste persino quando doveva macellare le pecore vecchie, e loro non gli hanno dato scampo, ucciso così, senza una ragione. Lo devo vendicare. Fammi cavaliere, e lo inseguirò in capo al mondo, riceverà la giusta punizione. Si nasconde dietro la sua carica, ma è anche nemico delle Chiesa e del Papa, deve pagare per i suoi misfatti!”.

“Filippo, - rispose con voce calma e profonda Padre Gregorio - Avrai tempo per versare il sangue dei nemici della Chiesa. Non avvelenare il tuo cuore con desideri di vendetta. Dice il Signore: 'Mia è la vendetta!' ”.

“Non è vendetta, è giustizia!”.

Ribatté Filippo con calore.

“Ascolta, - disse Padre Gregorio cambiando tono - adesso è il tuo superiore che ti parla: fin quando il desiderio di vendetta oscurerà il tuo cuore e non sarai disposto al perdono, non potrò mai ordinarti cavaliere. Questa è la mia ultima parola. Adesso va, e prega per non cadere in tentazione”.

Queste ultime parole suonarono come condanna alle orecchie di Filippo, che si allontanò incupito.

I giorni passarono e furono giorni lunghi e tristi per il giovane.

**

Presentate le armi, quel giorno si duellava col ferro, le spade d'addestramento avevano il filo della lama smussato. Le armi, seppur smussate, conservavano comunque una certa pericolosità e gli allievi erano dotati di un elmo leggero, corsetto di cuoio pesante, bracciali e spalliere di cuoio.

Filippo si batteva con Bruno, un ragazzo di un anno più grande, tarchiato e robusto, ma sicuramente meno agile di lui. Iniziato il duello, dopo alcuni movimenti di studio, Filippo partì subito all'attacco, tirò due rabbiosi fendenti che Bruno parò prontamente; al secondo, incrociarono le spade in un gioco di forza, Bruno, più grosso di stazza, stava avendo la meglio ma Filippo, con astuzia, giocando di corpo si inclinò verso un lato, ruotò sulla schiena dell'avversario e mentre si allontanava, lo colpì prontamente con il piatto della spada sul collo, vicino l'orecchio. Dolorante e stordito per il colpo subito, Bruno abbassò la guardia e subito dopo Filippo, con foga, lo colpì con un fendente ad una spalla staccando la spallina di protezione, il giovane caduto per terra si trovò subito con la spada avversaria sul cuore. Filippo preso dalla foga, e dalla rabbia accumulata in quei giorni, continuò a spingere l’arma, tanto da incidere il corsetto di cuoio e strappare una smorfia di dolore al malcapitato.

“Fermi! Filippo basta così! Hai vinto!”.

Li interruppe prontamente Gregorio, spingendo Filippo lontano.

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L'episodio preoccupò non poco Gregorio, cosicché quella sera, dopo i vespri mandò a chiamare Filippo.

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