Di mattino presto, nella nebbia, sulla terra umida coperta di foglie inzuppate a marcire, gli zoccoli del cavallo al passo non turbavano la natura e Filippo, con accanto il suo inseparabile amico Occhi-gialli, lentamente avanzava tra i boschi ai piedi di Castrum. Boschi a lui familiari, quegli alberi lo avevano visto correre, crescere e giocare a guerra con i suoi due fratelli; ogni roccia ogni quercia secolare erano per lui come pietre miliari. Ma ora, questi gioiosi ricordi lo riempivano di tristezza. Trovata la lancia, sarebbe passato al convento a salutare Fra Silvestro e Giacomo, suo fratello più piccolo. E Giovanni? Si chiedeva. Suo fratello maggiore, dove era finito? Non aveva più avuto notizie a riguardo, coscritto con le truppe Imperiali, chissà dove era adesso. Nel frattempo, avanzava sicuro nel bosco.
“Ecco, riconosco il posto. Là dovrebbe esserci la tomba di Aldebrando. Devo scavare. Forse quel giorno non ho controllato bene, forse era in un calzare, o legata dietro la schiena”. Questi erano i pensieri che attraversavano la mente di Filippo mentre scendeva da cavallo.
Legata a un ramo la cavalcatura, Filippo incominciò a scavare con una piccola zappa che aveva portato con sé. Lo scudo era ormai invisibile tanto era ricoperto da uno spesso strato di foglie. Se non avesse saputo dove cercare, sarebbe stato impossibile per chiunque trovare tracce della tomba. I vermi e l'umidità della terra avevano fatto bene il loro lavoro: non rimanevano ormai che ossa, brandelli di stoffa e ferro arrugginito. Dopo un lungo rimestare, Filippo rimase deluso, non c'era alcun oggetto che potesse vagamente somigliare a una punta di lancia. Occhi-gialli intanto sembrava stranamente inquieto. Deluso, il giovane incominciò mestamente a ricoprire i poveri resti di Aldebrando. Prese lo scudo, fece per pulirlo e i manici interni in cuoio, erosi dall'umidità e dal tempo, si strapparono portando appresso una paratia di cuoio interna allo scudo, l'occhio di Filippo colse il profilo di una punta di metallo incastrata all'interno dello scudo, era la lancia. Eccitato, finì di rompere quella specie di fodera che copriva l'interno dello scudo e ne estrasse la lancia impugnandola.
Preso dall'eccitazione della scoperta, non si era accorto che il lupo si era posto sulla difensiva e ringhiava guardando il folto del bosco.
All'improvviso si sentì afferrare al collo. Un uomo con una presa ferrea lo stava soffocando, allora, con la lancia che aveva ancora in mano, con una rapida mossa colpì le braccia dell'aggressore che mollò la presa, si girò di scatto e lo colpì di nuovo al petto con la lancia, facendolo stramazzare al suolo. Un secondo aggressore stava per colpirlo alle spalle con un pugnale, quando il fedele Occhi-gialli che vegliava attento su di lui, lo intercettò con un salto a quattro zampe sul torace. L'uomo cadde all'indietro, il lupo l'azzannò alla gola, squarciandola. Filippo, sentendo ancora rumore dietro le sue spalle, si girò di scatto e vide fuggire un terzo sicario, allora lo inseguì, e, quasi raggiunto, scagliò la lancia contro la sagoma in corsa. Colpito alla schiena, il fuggitivo cadde gridando. Filippo trasalì, gli era parso di riconoscere quella voce, non era possibile! Correndo, in preda a un cattivo presentimento, si avvicinò al corpo che giaceva bocconi in terra, lo girò. Era Giovanni, suo fratello maggiore.
Disperato, Filippo appoggio l'orecchio sul cuore del fratello, il ragazzo ancora respirava, il colpo era stato deviato da una costola, la ferita non era grave. Le erbe di Fra Silvestro lo avrebbero certamente guarito.
Filippo lo raccolse ancora svenuto, lo appoggiò a un albero, lavò la ferita con l'acqua e la tamponò con un pezzo di stoffa strappato dalla camicia di uno dei due imperiali uccisi. Poco dopo, Giovanni riprese conoscenza e i due si abbracciarono commossi.
“Fratello mio, - disse Filippo - mi dispiace, avrei potuto ucciderti ma, grazie a Dio, non è accaduto. Ma tu, che ci fai qua? Ti credevo perso e lontano”.
Giovanni, ormai ripresosi completamente, rispose:
“Quando il grosso delle truppe Imperiali stava per ripartire da Castrum, ed io con loro, ero nella più competa disperazione: nostro padre morto, tu lontano, Giacomo non sapevo nemmeno che fine avesse fatto. Ma poco prima di partire, mi mandò a chiamare lo stesso Cristiano, l'Arcivescovo e mi disse: <Ho saputo che sei del luogo e conosci molto bene tutti i boschi intorno, se vuoi riguadagnare la tua libertà in fretta e anche un pezzo di terra tutto tuo, devi fare una cosa per me e per il tuo Imperatore. Tu vuoi servire l'Imperatore, vero?> Lo disse con un tono che non ammetteva diniego. Nelle mie condizioni non potevo fare altro che accettare, e lui continuò: <Ho bisogno di qualcuno che tenga d'occhio i boschi qui intorno, il paese, le locande, le piazze, le chiese e che segnali al comandante della rocca tutti i movimenti inusuali, tutte le facce sconosciute che vedrai gironzolare per il villaggio e per il contado. Se mi servirai bene, verrai ricompensato adeguatamente. Per ora alloggerai con la guarnigione che lascerò qui. Puoi andare... aspetta! C'è il rovescio della medaglia, ricorda: se qualcuno di voi sgarra, verrete impiccati immediatamente in piazza d'armi.> Capito? Non potevo fare altro. Quando oggi ti abbiamo visto non ti ho riconosciuto subito. Avevamo l'ordine di intercettare qualsiasi movimento sospetto. Ma, quando ho avuto la consapevolezza che eri tu, era troppo tardi, ho avuto paura e sono scappato. Potrai mai perdonarmi? - e, sotto voce, aggiunse - Sono stati giorni durissimi per me, fatti di umiliazione e di paura”.
“Fratello mio, - rispose Filippo - Allora tutti e due dobbiamo farci perdonare qualcosa. Quindi? - sorrisero entrambi - Ora che siamo tornati una famiglia, tu e Giacomo verrete con me ad Ambrise. Non puoi immaginare quello che mi è accaduto da quando ci siamo lasciati ...”. Filippo raccontò tutto quello che gli era accaduto, persino della lancia miracolosa.
“Già, Miracolosa”. Pensò Filippo. Ma come poteva essere definita miracolosa una lancia che costringeva fratello contro fratello? Avrebbe potuto uccidere Giovanni, suo fratello maggiore e non se lo sarebbe mai perdonato.
No! Quello non poteva essere il volere di Dio! Non era miracolosa quella lancia. Era una lancia come tutte le altre, un pezzo di ferro appuntito: strumento d'oppressione o di giustizia, portatore di dolore o di cibo, punta di vomere d'aratro in mano al contadino. E' solo nell'animo dell'uomo che nascono i miracoli veri. Filippo nella sua nobile innocenza lo intuiva, e prese una decisione. Seppelliti i due sicari accanto ad Aldebrando posò lancia e scudo sui poveri resti del Templare e li ricoprì di umida terra.
Là, tra i boschi di querce, ai piedi di Castrum S. Petri ultimo baluardo del Papa, il segreto sarebbe rimasto segreto per sempre.
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Il segreto di Ambrise
Historical FictionTra gli intrighi generati dal braccio di ferro tra papato e impero germanico (XI sec.), nello scenario del Lazio meridionale, durante la distruzione della fortezza del villaggio di Castrum da parte delle truppe dell’Imperatore Federico Barbarossa, u...