*Ricordi*
12 settembre 2016, Miami.
Naira's Pov
Mi giravo e rigiravo nel letto, provando a riaddormentarmi, ma inutilmente. Qualche minuto fa mi ero svegliata di soprassalto e ora cercavo di scacciare quell'orribile incubo dalla testa. Ma era ormai impossibile, dato che mi ero resa conto che non si trattava di un incubo, bensì dei ricordi dell'altro giorno. Avevo il corpo intorpidito e la mia mente seppur esausta, continuava a rimuginare. Ero stanca, volevo solamente non pensare a niente e riuscire a prendere di nuovo sonno, ma ovviamente il destino non era dalla mia parte, dato che in quell'esatto momento quella stramaledetta sveglia iniziò a suonare, spaccandomi i timpani.
'Ma chi cazzo mi ha fatto mettere quella merda di canzoncina?' pensai.
Afferrai quell'aggeggio infernale e lo spensi, sprofondando la testa tra i soffici cuscini.
Dovevo per forza andare a scuola oggi? Il mio letto era talmente comodo in quel momento e sentivo di affondare da un momento all'altro tra le braccia di Morfeo.
In fondo era solamente il primo giorno di scuola, non avrei perso nulla di importante. Potevano farne a meno di me, per oggi.
Il mio attimo di riposo venne nuovamente interrotto, questa volta però dal mio telefono che stava squillando. Sbuffai e lo presi dal comodino, rispondendo senza neanche guardare chi fosse.«Chiunque tu sia fottiti e lasciami dormire, idiota!».
«Buongiorno anche a te, raggio di sole, io sto bene e tu?» chiese quella testa di cazzo di Christopher.
«Ripeto: fottiti e lasciami dormire, coglione!»
«Fotto te, se proprio ci tieni così tanto. E ora smettila di fare la mestruata e vieni ad aprirmi la porta. Sono fuori».
«Perfetto. Restaci» e chiusi la chiamata.Spensi il telefono e lo buttai da qualche parte sul letto, distendendomi nuovamente sul caldo materasso, ma a quanto pareva l'universo ce l'aveva proprio con me visto che il campanello continuava a suonare come indemoniato.
Afferrai i lembi delle coperte e li tirai fin sopra la testa, la quale ficcai sotto il cuscino, e mi tappai le orecchie per attutire un po' quel fastidiosissimo suono. Aspettai qualche minuto fino a quando cessò quell'insopportabile rumore, perciò levai le coperte e il cuscino dalla testa, mettendomi a sedere sul grande letto matrimoniale in cui io sembravo perdermi, per quanto ero piccola.
Proprio in quell'istante il campanello ricominciò a suonare facendomi sussultare. Ringhiai e mi alzai dal letto consapevole che non sarei più riuscita a prendere sonno e che Christopher non avrebbe smesso finché non gli avrei aperto, anche se di lui non mi fregava nulla.
Presi le pantofole e mi avviai di malavoglia verso la porta di ingresso che si trovava al piano di sotto, facendomi una coda un po' alla cazzo e bestemmiando contro quel cretino per la sua stupida abitudine di rompere i coglioni di prima mattina.
Arrivai davanti alla porta e la aprii. Davanti a me comparve l'immagine di un ragazzo dai penetranti occhi verdi e i capelli biondo-platino rasati ai lati.«Cazzo vuoi da me di prima mattina?» sbottai, irritata dalla sua vista.
«Sono venuto perché immaginavo che tu non avresti voluto venire a scuola oggi» replicò, ignorando la mia acidità.
«Bravo, Einstein! Come te ne sei reso conto?» chiesi ironica.
«Dai, non puoi fare così!».
«Cosa starei facendo, scusa? Io stavo solamente cercando di dormire, ma - a quanto pare - un imbecille viene a suonare alla porta di casa come un forsennato» dissi spazientita.
«Ha ha ha, sei così divertente che mi sono scordato di ridere» alzò gli occhi al cielo, per niente offeso dal mio commento. «Comunque, non credere di potermi aggirare. Io so benissimo cosa stai facendo: ti stai chiudendo in casa e non parli più con nessuno da quasi una settimana ormai. Nemmeno a scuola ci vuoi più venire!».
«E allora?» chiesi indifferente.
«E allora? E allora, mi chiedi? Questa non sei tu, porca puttana. Non sei la ragazza che conosco! Stai cambiando, ti stai trasformando e stai diventando irriconoscibile» disse lui, alzando la voce e iniziando a perdere l'autocontrollo. «Questa non sei tu...» ripetè, stavolta con un tono di voce più basso, quasi in un sussurro.
«Punto primo, smettila di sclerare in questo modo, neanche ci fosse Ian Somerhalder in città» replicai alzando gli occhi al cielo. «E punto secondo, sei venuto qui solamente per questo? Sinceramente hai fatto un viaggio a vuoto, dato che io non ho voglia di certe merdate a quest'ora» conclusi, pronta a sbattergli la porta in faccia, ma lui mi bloccò.
«Senti, pensi davvero che...» riprese, addolcendo il tono di voce, ma lo interruppi, alzando una mano.
«Alt! Non provare nemmeno a pronunciare il suo nome, chiaro?» chiesi, guardandolo dritto negli occhi. «E per quanto riguarda quella ragazza di cui stai parlando, ti do una notizia bomba: non esiste più. È morta. Quindi fattene una ragione e levati dal cazzo perché stai dando spettacolo ai miei vicini» dissi, provando a chiudere la porta. Lui però frappose un piede tra essa e l'uscio, e mi afferrò il braccio. «Non mi toccare» ringhiai. Lui allentò la presa fino a mollarla definitivamente e mi pregò di guardarlo. Alzai lo sguardo sul suo viso e puntai le mie iridi grigio-azzurre nelle sue verdi, incitandolo a parlare.
«Ti lascerò in pace, ma almeno vieni a scuola, se non lo fai per me, fallo per...» lo zittii nuovamente.
«Che cosa non hai capito del 'non provare nemmeno a pronunciare il suo nome'? No, spiegamelo perché io non riesco a capire cosa ci sia di così tanto difficile da comprendere in una semplice frase come questa!» sbottai incazzata. «E ora vattene perché non sei nessuno per chiedermi di fare qualcosa in suo nome. Chiaro? Addio e vaffanculo» dissi in preda alla rabbia, sbattendogli la porta in faccia.
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Acele
RomanceNella vita non si può sempre scegliere ciò che si vuole, tantomeno quando vivere o quando morire. Il dolore causato dalla morte di una persona cara non è facile da colmare e questo Naira lo sa bene. L'unica cosa che ha dentro al petto oramai è solo...