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*Frustrazione*

3 ottobre 2016, Londra.

Naira's Pov

Entrai nell'appartamento come una furia, sbattendo la porta dietro di me.
Non ero stata in quel fottuto collegio per più di mezza giornata, ma sentivo già di star impazzendo.
O finiva che io uccidevo qualcuno e finivo in carcere o in manicomio, o facevo impazzire gli altri, più di quanto non fossero già.
Quella stronza di mia madre aveva dato del suo meglio questa volta, ma nemmeno io sarei stata da meno.
Andai in camera mia e aprii l'armadio, estraendo un borsone ed iniziando a infilarci dentro dei vestiti alla rinfusa.

«Ehi, sei tornata» affermò Blake, arrivando sulla soglia della mia stanza, con in mano un piatto.
«Mh» mormorai solamente, continuando a prendere vari miei oggetti e buttandoli nel borsone.
«È succ» iniziò a dire, ma venne interrotto da un'incessante bussare alla porta.

Lo vidi corrucciare la fronte, girandosi e avviandosi verso la porta, mentre io sbuffavo.

***

Arian's Pov

Bussai ripetutamente alla porta dell'appartamento.
Quella ragazzina stava iniziando a darmi sui nervi.
Sentii delle voci all'interno dell'appartamento e insistetti, fino a quando dei passi fecero da eco per il corridoio, seguiti dal rumore della porta che veniva aperta.

Quando davanti ai miei occhi si materializzò la figura di Blake con in mano un piatto, intento a portarsi un boccone alle labbra, per poco non mi strozzai con la mia stessa saliva.

«Che cazzo, Blake?» chiesi incredulo, cercando di non urlare per non farmi sentire dall'acidina.
«Arian? Che ci fai qui?» chiese lui, stranito.
«Zitto, testa di cazzo! Esci e chiudi la porta dietro di te» gli ordinai.

Questi fece come dissi dopo aver lasciato il piatto da qualche parte e gli feci cenno di allontanarsi leggermente dalla porta. Lui si conformò e, una volta trovati ad una distanza adeguata in modo che la ragazza che si trovava all'interno dell'appartamento non ci potesse sentire, il mio migliore amico incrociò le braccia al petto e mi guardò come se chiedesse spiegazioni.

«Allora, saresti tanto gentile da spiegarmi che cazzo succede?» sbraitò contro di me.
«Parla piano, razza di idiota!» lo ripresi nuovamente e lui sbuffò, senza aggiungere altro, ma mi intimò con lo sguardo di continuare. «Cazzo...» dissi, iniziando a passarmi nervosamente le mani sul viso e, successivamente, nei capelli. «Allora, la ragazza che si trova all'interno di quell'appartamento è una nuova alunna del collegio dove vado io e mi è stato chiesto di accompagnarla qui in modo che prenda le sue cose e che si trasferisca in collegio» iniziai a spiegare.
«Ok, fin qui ci sono, ma potrei sapere perché hai fatto tutta questa scenata?» chiese ancora.
«Pff... Fatto sta che noi due ci conosciamo, per così dire, da prima. Lei non sa il mio nome, io non so il suo. È una specie di gioco, il punto è che devi far finta di non conoscermi, capisci?» spiegai in breve.
«Ok...» disse, guardandomi stranito. «Ma perché devo far finta di non conoscerti? È un giochetto tra voi due, io non c'entro nulla. In più, lei scoprirà il tuo nome e altre cose su di te se frequenterete lo stesso collegio» continuò poi.
«Lo so, lo so. Ma ho bisogno che tu mi faccia questo favore, amico. Non te lo chiederei se non fosse importante» lo pregai.
«C'è qualcosa tra di voi? O meglio, tu, provi qualcosa per lei?» chiese poi.
«Cosa? No, non si tratta di questo. Allora, mi fai questo favore? Ti rimango debitore» insistetti.
«Va bene, certo. Ma solo se mi spiegherai tutto» accettò.
«Ok, ma la stessa cosa vale per te» dissi infine.
«Dai entriamo, o inizierà a insospettirsi» concluse il mio migliore amico, per poi tornare nell'appartamento e facendomi spazio per entrare, mentre parlavamo come due sconosciuti, cercando di far reggere la commedia.

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