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*Lavoro & Risvegli Traumatici*

28 settembre 2016, Londra.

Entrai velocemente nel locale, togliendo le cuffie che infilai nella borsa, oltrepassai il bancone e mi diressi direttamente negli spogliatoi, ignorando lo sguardo insistente della biondina rifatta che era al bancone.
Aprii il mio armadietto e ne estraetti il mio grembiule, per poi metterci al suo posto la borsa. Legai la divisa intorno alla vita dopo aver messo il cellulare nella tasca dei jeans e tornai al bancone, dove si trovava la biondina che continuava a scrutarmi con aria di superiorità e disprezzo.

«Carina, desideri qualcosa?» chiesi diretta e a lei per poco non le cadde la gomma che stava masticando dalla bocca.
«Tu!» emise uno squittio e io la guardai come se fosse un alieno.
«Desideri me? Scusa, bambolina, ma io non sono lesbica. Scommetto però che su internet troverai di sicuro una biondina focosa come te che sia in grado di soddisfare i tuoi gusti. O preferisci per caso le rosse?» dissi seria.
«Cosa? No, non sono lesbica. Intendevo che io ti conosco» disse, continuando a fissarmi truce.
«E quindi? Desideri per caso una medaglia?» chiesi ironica.
«Tu mi hai parlato sporco! Mi hai insultata, mi hai chiamata putty» affermò, puntando un dito contro di me e continuando ad emettere quei snervanti acuti che iniziavano già a provocarmi il mal di testa.
«Putty? Che cazzo è?» chiesi confusa.
«Puttana, idiota» rispose, facendo un gridolino isterico.
«Aww, sei talmente vanitosa da descriverti da sola, apprezzo il fatto che mi fai risparmiare tempo».
«Ahh! Non capisci nulla! Sei quella che era venuta qua con quel belloccio e mi hai detto che ho il culo rifatto. Sei solo gelosa» esclamò convinta e io continuai a guardarla storta, per poi scoppiare a ridere.
«Ahahahah, oddio, che battuta! Crepo» dissi, ridendo come una pazza. «Io? Gelosa? E di chi, si può sapere? Di una di un abominio della natura?» chiesi ironica, continuando a ridere. «Comunque, non ho la più pallida idea di cosa tu stia parlando» dissi sincera, calmandomi e asciugando le lacrime che si erano formate negli angoli degli occhi.
«Che memoria corta, tesorino» commentò ironica.
«Punto uno: chiamami un'altra volta "tesorino" e ti faccio volare oltre questo balcone e attraverso quella porta. Punto due: se non mi ricordo di te, significa che sei inutile come persona. Non sono solita ricordare persone che non hanno sale nella zucca. Intese?» risposi, avvicinandomi in modo minaccioso a lei.
«Pff. Non ho paura di te» disse, guardandomi con finta aria di sfida, ma potevo percepire il leggero tremore presente nella sua voce.
«Certo, "tesorino"- dissi, facendole l'occhiolino per poi girarmi, prendere una penna e un block-notes e andare a servire un gruppo di ragazzi che erano arrivati da poco.

«Oh, ma guarda che bel bocconcino ci farà da cameriera oggi» affermò uno dei ragazzi quando fui davanti al loro tavolo e io mi preparai a dargli una replica tagliente, ma fui prontamente interrotta.
«Possibile che nemmeno qua posso stare in pace?» il mio sguardo scattò verso la persona che aveva appena parlato e per poco non mi strozzai con la mia stessa saliva.
«Come se per me fosse piacevole vedere la tua faccia da schiaffi dappertutto» alzai gli occhi al cielo.
«Dovrebbe, la tua vita non avrebbe senso senza di me».
«Infatti, se tu non esistessi non esisterebbe nemmeno la mia voglia di suicidarmi» gli sorrisi in modo innocente.
«Sempre Acida» commentò.
«Dai, Stronzo, ammettilo che non puoi vivere senza di me».
«Vogliamo ricominciare?» ghignò lui in risposta.
«Ma guarda che io non sto facendo nulla. Sto solamente svolgendo il mio lavoro» dissi innocentemente e facendogli l'occhiolino, mentre lui si limitò ad alzare gli occhi al cielo e a scuotere la testa divertito. «Allora, cosa ordinate?» chiesi poi, rivolgendo l'attenzione a tutti.
«Io di sicuro ordinerei te» replicò lo stesso ragazzo di prima.
«Senti, coglione, se non la smetti con questi commenti, ti augurerai di non avermi mai conosciuta. Siamo già a due commenti fuori luogo, non ti suggerirei di arrivare a tre. A proposito, come sta il tuo amichetto, Stronzo?» chiesi, ghignando e quest'ultimo mi fulminò con lo sguardo, portandosi d'istinto una mano sul cavallo dei pantaloni e mormorando un 'fottiti'.
«Senti, sgualdrinella, ma che ti credi di essere per parlare così ai nostri ragazzi?» mi chiese una delle tre puttanelle presenti al tavolo, insieme a due ragazzi, oltre allo Stronzo e a Lingua Lunga.
«Punto uno: sgualdrinella lo vai a dire a tua madre, dato che per partorire un'abominio della natura come te deve essere stata penetrata da molti cazzi alla sua vita. Punto due: sono quella che ti prende a calci in culo se non te ne stai zitta. E punto tre: se proprio ci tenessi, i vostri ragazzi ve li potrei prendere anche adesso. Perciò non sfidarmi, troia. Non credo che vorresti arrivare a casa con il didietro dolorante e senza ragazzo, no?» la provocai e la sentii mormorare qualcosa del tipo 'puttana', mentre incrociava le braccia al petto. «Come, prego?» chiesi e lei si limitò a scuotere la testa e borbottare un 'niente, niente'.

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