Un canovaccio per la vostra fantasia.
Un dipinto astratto aperto ad ogni interpretazione.
Chissà come ci è capitata lì. Da quel che ne so, potrebbe essere lì da sempre o non esserci mai stata prima. Stiamo ancora discutendo se conviene accettarla o meno. Abbiamo provato a parlarle, ogni tanto, ma non ne vuole sapere. Così, l'abbiamo lasciata lì. Tanto, finché non fa del male a nessuno, può pure stare dove le pare. D'altronde, è tanto tenera e innocente che non potrebbe fare del male nemmeno se lo volesse.
So che le piacciono molto le farfalle. O probabilmente le piacciono perché sono gli unici esseri viventi che le girano intorno curiosi, non la infastidiscono e la studiano allo stesso tempo. Noi altri abbiamo un modo più rude delle farfalle, per osservare gli altri, intendo. Siamo più rozzi e incolti in tutto. Mi pare ovvio che preferisca innocenti farfalline che sbattono le ali altrettanto innocentemente e pavoneggiano i loro colori impensabili di cui la Natura le ha impreziosite. Pensiamo che sia giusto, però. Voglio dire... tutti gli animali hanno qualcosa per difendersi fin dalla nascita, noi non abbiamo niente se non l'intelligenza, che dobbiamo opportunamente provvedere a migliorare, imperfetta com'è. Le farfalle hanno i loro colori con cui incantano gli spettatori che perdono così di vista il loro obiettivo: catturarle. Noi abbiamo l'intelligenza con cui possiamo arrivare a capire che è più importante non lasciarsi distrarre dai colori, oppure che la stessa arma di quegli insetti può ritorcersi loro contro, perché attratti da quel loro abito sgargiante siamo spinti a catturarle e farne trofei. La loro bellezza sarebbe così la loro morte. Che cosa triste. Però questo lo pensiamo solo noi, tutto il resto del mondo. Lei no, lei ha un animo tanto puro che non arriverebbe a pensarle, sentirle, desiderarle minimamente cose come la cattura di altri esseri.
È stato un flash, abbiamo visto questa pianura verde e distesa con l'erba alta un bel po' di centimetri, si abbassava e si diradava mano a mano che ci si avvicinava alla fine del prato e al margine di un grande burrone. Probabilmente influenzato da alcune immagini che avevo già visto, ricordo che era punteggiato da piccole corolle di rossetto: papaveri. Erano tantissimi puntini rossi come microscopici rubini su un mantello verde, il mantello della Terra. E lei era in mezzo a raccoglierli e farne mazzi, poi si portava i mazzetti in riva al nulla, lì sul ciglio del precipizio; si sedeva e lasciava pendere le sue gambine da bambina con su le trasparenti calze a pois neri giù nel vuoto. Stava attenta a non sedersi sul vestitino bianco per non stropicciarlo e puliva sempre un po' il terreno prima di prendere posto. Sistemava i piccoli bouquetes accanto a sé, poi iniziava a prendere uno stelo alla volta e ammirava con perizia ogni dettaglio del fiore. Il cielo azzurro e cotonato si tingeva di violetto e si mescolava alle ombre dei raggi per incupire tutta la volta celeste e incombere come un orrendo mostro sulla creaturina. Ci aspettavamo che piovesse dalle nubi grigie, invece l'unica pioggia rossa oscillava lentamente nel buio dell'Ade disteso ai suoi piedi: con innocenza strappava i petali uno aduno e li lanciava indispettita nel vuoto. Devo dire che non abbiamo mai provato ad avvicinarci, ha un'aura negativa attorno a sé, nonostante a volte sfoderi sguardi teneri con quelli occhioni enormi. Scatena certe tempeste su quell'immenso prato! C'è un ciclo, non ancora regolare, che segue. Le giornate di sole le passa nel prato, dove però non si siede mai. Raccoglie fiori, insegue qualche farfalla, strappa fili d'erba. La scena in bianco e nero, invece, è cattivo segno e la si può vedere marciare lungo il bordo del precipizio con un passo così marziale da sentirlo nel cuore mentre scandisce i tuoi battiti. Poi si ferma, si siede sul margine e si stende su un fianco, il viso girato verso il vuoto. E piange, silenziosa, innocua, invisibile. Le lacrime le si riflettono nello specchio scuro che ha di fronte, non ha mai paura di quella voragine, non ha paura di precipitare. Un giorno vorrebbe alzarsi e volare con il vento, un giorno corre lungo il crepaccio in cerca dei raggi del sole. Oppure, mentre gira in tondo egioca ad inseguire i fantasmi, si ferma all'improvviso, si rabbuia inviso e trasforma il sorriso in tristi smorfie. Dalle nuvole bianche abbassa lo sguardo sulle nuvole di polvere in terra e fissa intensamente... solo lei sa cosa. Un giorno discutevamo perché non eravamo d'accordo se stesse singhiozzando o sospirando molto forte. E' parte di tutto, eppure riesce a darci le spalle quando vuole, forse non vuole sentirci.
Un giorno nel paesaggio è apparso un albero, una grande quercia folta e ombrosa e lei era alle radici del tronco, rannicchiata, e stava piangendo. Qualche giorno dopo era in piedi e abbracciava semplicemente quel signor Albero con gli occhi chiusi e un'espressione ebete, come se fosse addormentata e sognasse di zucchero filato e biscotti allo zenzero. Da quando ha scoperto l'albero, al dirupo non ci è più tornata così spesso. Cercava di arrampicarsi sull'albero, si accoccolava tra i rami, saliva e scendeva come uno scoiattolo. Lì ha scoperto anche il nido di alcuni uccellini e si è incuriosita a vedere quella nuova forma di vita. Poi le foglie hanno iniziato a perdere colore e così anche la sua felicità. Un ramo debole si è spezzato anche, lei ha subito un duro colpo cadendo, non ha pianto masi è arrabbiata e ha iniziato a tirare calci all'albero. Un po' di tempo dopo era di nuovo raggomitolata tra le radici come un gattino ferito.
Nata dal nulla, la piccola ha conosciuto dapprima l'innocenza, l'ingenuità; poi l'affetto, l'ignoto e la sorpresa; ha conosciuto il dolore, la solitudine e l'assenza. Non è cresciuta al di fuori, ma è maturata dentro. E come la maggior parte di coloro che maturano, si è allontanata dai sentimenti puri e sinceri che le avevano fatto compagnia inizialmente. È rimasta con le ultime esperienze, ché sono i ricordi che più facilmente si ricordano.Piano piano ha lasciato il campo rigoglioso e si è avvicinata alla desolazione, sempre più vicina al dirupo. Questa volta ne ha una paura folle. Il mistero non è più un gioco, il mistero è oscuro. Come la grande quercia tanto grande e forte, anche il vuoto che l'attirava e la divertiva potrebbe deluderla e farla cadere, forse anche più in basso.
Noi non ci siamo mai avvicinate, speriamo di non averla influenzata o questa sua crescita personale non sarà valsa a nulla. Dopo un po' di riflessioni siamo giunte ad una conclusione, di cui però non abbiamo la conferma: potrebbe essere l'infanzia di ognuna di noi. Dobbiamo capire se siamo state tutte così prima di ora o se siamo state diverse, perché non vogliamo che diventi una di noi, sarebbe inutile. Vogliamo che diventi una figura a sé. E in caso dia segni di diventare come una che è già, allora abbiamo già un modello su cui basarci e questo ci aiuterebbe nel condurla su una strada diversa. È tanto pura, piccola e ingenua; merita di rimanere tale, niente deve toccarla. Fa pena anche ai più cattivi, impietosisce gli animi più duri. Fuori, però, sta già cambiando. Il tempo la sta già trasformando, maledetto! Inizia a sentire un gravissimo peso sul petto, con la mente lucida non vedrà mai più, sarà costretta a far filtrare tutto attraverso una nebbia lattiginosa. L'aria odorerà di morte, il vento trasporterà ceneri, non più profumo di fiori. Il sole sparirà, l'erba seccherà, l'albero si spegnerà. Una grandissima desolazione e un'opprimente solitudine si specchia ora nell'ambiente intorno, ma lei da' le spalle. Lei fissa il vuoto, si sente trascinata. È già un po' che sta seduta lì, pare. Sospira ogni tanto, per il resto non da' segni di vita. Mette così tanta ansia a vederla in questo stato e noi ci sentiamo così inutili. È proprio in bilico tra due mondi, due dimensioni, due realtà distinte e purtroppo la peggiore la attira come se ne fosse stregata.
A volte, però, ha dei momenti di lucidità, momenti in cui si tortura perché non sa cosa fare. Passeggia nervosamente sul ciglio del burrone e guarda quando di qua quando di là. Ho paura, abbiamo paura per quello che potrebbe scegliere. Potrebbe tornare tra i fiori e finalmente sbocciare, o lasciarsi andare nell'oblio come un petalo lanciato nel vento su cui viaggia rugiada scarlatta.
La decisione è presa: lacrime sanguigne scendono dai suoi occhioni di papavero, mentre un debole sorriso incontra il buio.
Libertà.
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Niflheimr
Short StoryIl titolo della raccolta rimanda alla mitologia norrena, alla Terra della Nebbia, regno dei ghiacci e del freddo. Ed è in questo regno che ho relegato pezzi di me, scintille di creatività scoppiate in storielle autoconclusive, riflessioni in prosa o...