Non aveva nome. Non aveva corpo.
Non aveva niente, se non la sola presenza.
● ispirato a una storia vera ●
Stavo rifacendo il letto ed ero un po' triste; stavo pensando e sospirando pesantemente quando sentii qualcuno vicino a me, dietro di me.
«Su dai, non è niente», mi disse. Io sorrisi appena, come se la sua presenza fosse qualcosa di normale, abituale e come se non dessi al suo consiglio alcuna importanza. Perché sono tutti così patetici quando cercano di tirarti su il morale?
Da allora l'evento non si è più riproposto, il dare appoggio, s'intende. Non rimuginava troppo sulle cose da dire, non ne diceva molte. Si limitava a starsene in piedi da qualche parte o a sedersi vicino a me senza dare fastidio.Ogni tanto mi poneva domande, conversavamo di poco o niente. Ricordo che non mi sfiorò mai. Inizialmente.
Per quanto potesse sembrare inquietante una figura in piedi in un angolo della stanza, per tutta la notte o l'intero giorno, a me non diede mai quell'impressione. Non lo conoscevo, eppure era come se sapessi già da anni chi fosse. Non so quanto lui sapesse di me, invece, ma sembrava intendermi bene e venire a conoscenza di fatti di me ancora prima che li scoprissi io stessa.
Già, percepivo fosse un Lui. Una sera si è infilato a letto, dietro di me, per dormire. Nonostante fosse molto vicino, non si poteva percepire che un alone di presenza, un'impressione evanescente, un'ombra impalpabile. Fisicamente... niente. Tuttavia, nella mia mente io ero certa che fosse lì. Non mi importunava, sapeva quanto odiassi i contatti fisici.
I giorni proseguirono finché ci fu un nuovo cambiamento. Si fece molto più presente nella mia mente e se mi giravo a guardarlo male per una pessima battuta, sapevo esattamente dove fosse e magari che stupida espressione divertita avesse al momento. Percepivo quando rideva di me o quando mi compativa o condivideva i miei dispiaceri. Accettai sempre di più che facesse parte della mia vita; ogni tanto mi accompagnava fuori casa, non rimaneva più solo a casa, relegato in camera.
Un giorno rimasi sola, i miei coinquilini erano usciti per recarsi a una festa. Ci divertimmo tantissimo. Io cucinai qualcosina, misi la musica in sottofondo e ogni tanto chiacchieravo con lui. Si interessava parecchio alle mie banali attività - in quel momento stavo battendo la carne - e voleva partecipare. Si mise a ballare parodiando solo lui sapeva chi, mi tenne compagnia a tavola pur non mangiando nulla. Si divertì a vedermi scolare tre, quattro, cinque, sei bottiglie di birra e mi rimproverò anche, pur non diventando esageratamente serio.
Le sere a letto iniziò ad abbracciarmi, per farsi sentire di più, per farsi percepire più da vicino, ma io non sentivo che l'idea di un abbraccio. Divenne il mio silenzioso compagno sul pullman, al lavoro, a casa. È vero che ammutoliva e pietrificava quando non ero nella mia camera o quando vi erano altre persone con me e attorno a me, ma per il resto era sempre più tangibile. Una notte me lo ritrovai in sogno. Sapevo fosse lui anche non vedendolo in viso. Era di corporatura normale, niente di speciale. Non sembrava potesse essere biondo, non mi dava quell'idea, non penso fosse ricciolo, non si percepiva nemmeno quello. Al mio intimo inconscio arrivavano informazioni ben più profonde di quelle, come il tipo di legame che aveva con me; sembrava un amico, un vecchio e nuovo amico.
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Niflheimr
Short StoryIl titolo della raccolta rimanda alla mitologia norrena, alla Terra della Nebbia, regno dei ghiacci e del freddo. Ed è in questo regno che ho relegato pezzi di me, scintille di creatività scoppiate in storielle autoconclusive, riflessioni in prosa o...