Romeo e Giulietta

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Si mosse lenta lungo la parete, diventando tutt'uno con la tappezzeria sgualcita. Il coltello in prima linea, ritto e sull'attenti, glaciale come l'anima dell'assassina. Scivolò dietro una tenda, inghiottita da un vortice scuro; solamente la lama brillava argentea alla luce lunare che penetrava dalla finestra. Più si avvicinava, più i battiti aumentavano e l'adrenalina cresceva. Cresceva l'impazienza, cresceva la sete, cresceva la fame. Stava già assaporando il gusto della vendetta, una serpentina lingua rossa leccava le labbra umide di saliva, continuamente. Fece ancora un passo e un passo ancora. 

Fu il verso di un gufo a risvegliarla e a farle capire di essere veramente accanto al letto che un tempo amava. Si prese un buon paio di minuti per fissarlo intensamente, divorarselo prima con gli occhi. Se non fosse stato per la Bestia che aveva in sé e la stava dominando, si sarebbe potuta impietosire, avrebbe potuto risparmiarlo per tornarsene con la coda tra le gambe nel suo sottobosco umido e scuro, dove le lacrime a lungo versate avevano fatto la muffa. Invece no. La Bestia lo voleva, la Bestia le vietava di tornare indietro. L'aveva ferita a morte e ora meritava di morire dolorosamente. 

Un barlume di lucidità la colse alla sprovvista. In un gesto di avventata tenerezza si piegò e gli sfiorò le labbra in un gelido bacio di morte, sigillato da una lacrima salata finita tra le due bocche. Quando riaprì gli occhi si ritrovò a nuotare nel mare di disperazione dei suoi occhi, si era svegliato e ora la fissava incredulo, spaventato, implorante: l'aveva centrato al cuore. Fatto il primo passo, la Bestia perse il controllo. Ignorò lo sguardo castano di colui che era diventato solo un estraneo e continuò a conficcare e strappare il coltello dalla carne profumata di ricordi. L'assassina era salita a cavalcioni sulla vittima, teneva l'arma saldamente impugnata con entrambe le mani e impiantava la lama nel corpo a ritmo regolare, regolare, regolare. Poi più veloce, con più furia, con più coraggio. Si era imposta di non contare i colpi, avrebbe continuato finché la rabbia non sarebbe sgorgata e si sarebbe unita a quel fiume di vita che abbandonava il corpo virile. Le cosce di lei erano incollate alla vita di lui grazie alla rossa ceralacca delle loro promesse infrante. Le mani inguantate di vermiglio cancellavano le impronte dal loro passato. Ora il petto su cui dormiva era costellato di grandi fiori rossi e imperfetti, ricordo delle notti estive trascorse sotto il cielo nero d'odio. 

Un altro gesto improvviso per la Bestia: l'assassina girò il manico del coltello, unì le fredde mani di lui attorno all'elsa di quel pugnale improvvisato e portò tutto sopra il suo petto. Lei sorrise, stanca, intenerita, pentita e disperata, infine si lasciò andare in un ultimo abbraccio di tomba.

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