Arrancavano, annaspavano, si affannavano. Un minuscolo passo alla volta, un graffio nel velo del tempo. Si trascinavano lenti, scivolavano in salita, il fiato corto e la volontà di ferro. Tarli che impiegano una vita a corrodere un fiammifero.
Il sudore colava dalle loro fronti ancora più lento. Straziante, esasperante, pigro e fastidioso si stiracchiava languido sulle loro facce sporche di fatica. I volti di tutti urlavano pietà dietro le sbarre grigie della polvere, deboli argini di rigagnoli salati.
Erano in viaggio da così tanto che il cielo aveva cambiato colore. Alla partenza erano stati una ventina; qualcuno aveva abbandonato durante il tragitto, qualcuno per riposare e non riprendersi mai più. Un paio dei più anziani aveva raggiunto l'ultima fermata, i piccoli erano giunti alla maggiore età e il grano ai margini della strada si era già abbronzato al sole cocente di giugno.
Bolle come chiodi si erano formate sotto i loro piedi, ma la mèta era più importante di ogni strazio e lamentela. Non che se ne fossero sentite tante. Il silenzio li conduceva in quel viaggio infinito da quando avevano iniziato a preparare le provviste. Il silenzio li aveva messi tutti in fila, piccoli soldatini invertebrati al cospetto della fame, burattini di carne molliccia protesi alla sopravvivenza nel mutismo della disperazione. Erano rimasti appena qualche brandello d'insalata stropicciata e poche gocce di rugiada custodite come gemme preziose. Non sapevano se queste erano più o meno dei granelli di sabbia rimasti nella clessidra della Morte, ma speravano nella carestia più che nell'estinzione.
Al loro passaggio, le orme disperse sul tragitto fumavano calura, mentre la stanchezza evaporava dai loro volti ancora prima di iniziare a colare.
Udirono il primo urlo del cielo in lontananza. Minaccioso, si stava facendo spazio tra le nubi tumefatte per spargersi nell'infinito e scatenare la sua rabbia. Venne versato il primo sorso di collera. Li colpì come grandine, fredda e dura più dei loro miseri scudi. Si affrettarono tutti a ripararsi sotto un tetto verde, ma ormai erano fradici e gelidi come cadaveri in ammollo.
Passarono la lunga notte così, ammassati come una manciata di casupole in mezzo ai monti. I loro respiri fumavano verso il Creatore in sottili spire da tremolanti comignoli, avvinghiandosi come viticci ai fantasmi delle loro speranze.
Il risveglio del sole trovò solamente tre anime da riscaldare. Tre gracili cuori che, con immane fatica, ripresero il cammino verso un'evanescente salvezza.
Te la dovevo, Mat.
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Niflheimr
Short StoryIl titolo della raccolta rimanda alla mitologia norrena, alla Terra della Nebbia, regno dei ghiacci e del freddo. Ed è in questo regno che ho relegato pezzi di me, scintille di creatività scoppiate in storielle autoconclusive, riflessioni in prosa o...