Capitolo 6

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Quello fu decisamente il periodo più entusiasmante e inaspettato della mia vita. Anche se il futuro era incerto, i pronostici sembravano a mio favore. Prendevo la bici e andavo fino in centro. Mi muovevo e mi stancavo parecchio senza ma percepirlo realmente. Non riuscivo a tracciare i miei limiti ed era una sensazione bellissima. Per la prima volta mi sentii davvero viva. A Chris basta guardarmi mentre racconto la per cogliere la percezione di quei attimi.

"Andai a First Street, la nuova zona cool di Austin, in un bar dall'atmosfera boho dove gli studenti universitari si ritrovavano per una birra ghiacciata e intanto che aspettavano l'esibizione della prima band si godevano il passaggio delle belle ragazze che, armate di monetine per il jukebox, davano mostra di se. Attratta dall'irresistibile odore di burrito al camorones, mi avvicino al bancone per ordinarne uno insieme ad una Diet-coke. Persi la mia ordinazione e cerco di avvicinarmi ad un tavolino per osservare meglio il gruppo che stava per esibirsi ma tra l'accalcarsi della folla vengo scaraventata addosso ad un ragazzo, l'unica cosa che ci separava fra il suoi pettorali ed il mio seno erano il burrito e il bicchierone della Diet-coke completamente spiaccicati. Inizio a scusarmi talmente imbarazzata da sembrare un imbranata impedita. Alzo lo sguardo e... l'unico ricordo è che non riuscivo più a parlare... mi persi quei profondi occhi neri. Immagina la mia sorpresa quando mi accorgo che si trattava dell'ex della mia migliore amica. All'inizio anche lui si ricorda, solo dopo essersi scusato capisce chi sono."

- Ti sei innamorata così?

- Credo di sì, anche se ancora non lo sapevo.

"In preda l'imbarazzo, con dei tovaglioli cerchiamo di pulirci con il risultato di apparire entrambi imbranati, finché non mi decisi di fermarlo trattenendogli le mani. Eravamo un disastro, imbrattati di burrito e cola. Era talmente dispiaciuto che quasi mi fece tenerezza. Si offrì di riordinare tutto ma declinai la sua gentilezza. Mi era passata la fame perché improvvisamente e a distanza di un anno, il senso di colpa aveva deciso di ripresentarsi. Ero stata ingiusta ne suoi confronti, giudicandolo senza nemmeno conoscerlo, traendo solo giudizi affrettati."

- Quindi, la vostra non è la solita storia del bel tenebroso dal paradigma d'amore tormentato!

- Assolutamente no! Siamo ben lontani dai soliti cliché... sì era bello ma di una bellezza comune, niente di straordinario, sicuramente non come quelli  descritti nei romanzi... mascella volitiva, occhi azzurri di ghiaccio, denti bianchissimi e dritti e lineamenti perfetti, la sua bellezza in realtà era caratterizzata dalle imperfezioni come quella sua piccola cicatrice sulla palpebra dell'occhio destro, dal fisico asciutto ma per niente palestrato, niente pettorali gonfi e addome a tartaruga. Erano i suoi movimenti, i suoi gesti e il suo carattere gentile e premuroso che rendevano quell'involucro di carne affascinante.

- E tutto questo come lo hai scoperto? Se non ricordo male, non scorreva buon sangue tra di voi.
- merito della sua tenacia.

"Gli dissi che non era colpa sua e non doveva sentirsi in obbligo a rimediare per una mia sbadataggine ma lui insistette.

< Non posso permettermi di lasciarti andare senza nemmeno farmi perdonare per come ti ho conciata, non sarebbe da gentiluomo, permettimi almeno di pagarti il conto della lavanderia. >

Mentre lo diceva mi porgeva un tovagliolo di carta dove aveva già scritto il numero di cellulare.

< Chiamami per farmi avere il conto. >

Si allontanò sorridendomi. Nessuna espressione di rancore era trapelato sul suo volto ed io, come un ebete rimasi ferma lì imbambolata dalla sua galanteria. Lo vidi alzare un braccio e raggiungere un gruppetto che immaginai fossero suoi amici, stretta di mano e pacche sulle spalle ai ragazzi e delicati baci sulle guance alle ragazze per poi prestarsi ad accostare le sedie e farle accomodare. In quel momento pensai: Un anno di università e lo vedo più maturo... o forse lo è sempre stato e non me ne ero accorta perché non gli diedi mai alcuna possibilità di dimostrarlo".

Chris mi guarda entusiasta, azzarderei dire estasiato, mentre si stringe le braccia al petto in attesa che gli racconti dell'altro. Non ha bisogno di chiedermi come continua la storia, sa già che sto per rivelagli l'inizio di tutto.

" Mi trovavo ad Austin da 3 giorni, giocavo in giardino con Louis che rincorreva la palla da baseboll che gli lanciavo. I miei movimenti erano dei riflessi meccanici, Louis mi portava la palla ed io la lanciavo, la riportava ed io ancora una volta più lontano, senza cognizione di quello che facevo. Avevo il suo numero ancora in tasca indecisa se chiamarlo o meno. Cosa gli avrei potuto dire e con quale scusa? Dei miei vestiti se ne era occupata Clara quindi potevo benissimo chiuderla lì, ma dentro sentivo che dovevo incontrarlo, gli dovevo delle scuse formali, più che altro era un obbligo che sentivo per me stessa, faceva parte della mia educazione che i miei genitori mi impartirono sin da bambina: bisogna essere sempre corretti con il prossimo e saldi nei propri principi, ammettere i propri errori non è mai atto di debolezza. Tiro fuori il tovagliolo dalla tasca e lo fisso attentamente. C'è solo il numero. In quel momento mi rendo conto di non conoscere il suo nome, mai saputo o talmente disinteressata da non averlo sentito nominare neanche da Jessica ed è piuttosto assurdo, considerando anche che avevamo passato insieme metà anno scolastico in punizione. Le presentazioni erano di sicuro fuori discussione, ma che mai abbia sentito il suo nome andava oltre all'inverosimile."

- Beh! Devi considerare che ti trovavi in un periodo in cui avevi ripreso a vivere come una qualsiasi adolescente, a recuperare il tempo con le tue amiche. È normale che non ti fossi soffermata a cose irrilevanti come il nome del ragazzo che a quell'epoca detestavi!

- Sicuramente è stato questo.

- Poi... cosa decidesti di fare?

- L'ho chiamato.

"Solo due squilli e rispose subito, ero confusa perché non sapevo da dove iniziare ma fu lui stesso a togliermi inconsapevolmente da quell'impasse: "pronto" è  l'unica cosa che riuscì a dire poiché  riconobbe subito la mia voce e che, al contrario di me, conosceva il mio nome.

< Ciao Vivian. >

< Sì, ti ho chiamato per...>

< Sì... per il conto della lavanderia, ci possiamo vedere questo pomeriggio alle tre al The Driskill Bakery, segnati l'indirizzo... 116 6th Street. A dopo. >

Non mi aveva fatto parlare e non sapevo come giustificare la chiamata per un conto che non esisteva ma ero decisa ad andare, alleggerirmi la coscienza e ritornarmene alla mia nuova vita. Mio padre insistette per accompagnarmi raccomandandomi di tenere il cellulare sempre acceso e di chiamarlo se qualcosa non andava. Continuavo a prenderei farmaci ma mi sentivo bene e non avevo più avuto nessuna ricaduta, tuttavia, nonostante le mie rassicurazioni, lui rimaneva costantemente vigile nel caso in cui vi fosse la ricomparsa di qualche sintomo. Si allontanò solo dopo essersi accertarto che fossi giunta al bakery bar, senza fare alcuna domanda su quell'incontro, in una discrezione che solo un padre come il mio poteva fare."

- Immagino come doveva essere dura per tuo padre.

- Non quanto nei giorni successivi!

- Perché... cosa accade?

- Ciò che non mi sarei mai aspettata... e tutto ebbe inizio proprio quel giorno al bakery.

Ndr : Porgo sincere scuse ai miei lettori comunicando che ho apportato delle correzioni ed alcune modifiche nei cap. 1,2,3 e 4. A breve pubblicherò il settimo. Vi ringrazio per la vostra pazienza.

Nessuno come luiWhere stories live. Discover now