Capitolo 1

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"Il tempo è galantuomo, il tempo guarisce le ferite e ripartirai alla grande" Quante volte mi son sentita dire questa frase?! Ancora oggi è difficile superare il dolore, dato che sono trascorsi solo poco più di 2 anni da quando il mio cuore si è spezzato... e pensare che ci odiavamo a morte... succede spesso così con le più grandi storie d'amore, al principio magari non ci si sopporta... e poi, come per magia, inaspettatamente ci si trova assaliti da un turbinio di passione, avvolti dall'amore, quell'amore che molti anelano e che tanti invidiano. Il fato è il protagonista della mia vita, che mi ha privato dall'amore puro ed ora si avvicina piano a me con passi felpati presentandosi come un amico, per far sì che il mio cuore cessi di soffrire, come per rimediare al torto subito, paradossalmente, togliendomi la vita. Magari la mia storia d'amore non è poi così grande ma mi piace pensarlo, altrimenti tutto questo non avrebbe avuto nessun senso.

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Apro gli occhi, la mia vista è annebbiata ma riesco a vedere ugualmente la sua sagoma, il dottor "Smile", che controlla la flebo mentre annota sulla cartellina i valori trasmessi sul monitor. Naturalmente, Smile non è il suo vero nome, l'ho soprannominato così per l'immancabile sorriso che ha perennemente stampato in faccia.

- Buongiorno, dormito bene?

- Buongiorno, sì... dormito bene grazie. Mi dica, dottore, è così grave?

- I valori sono stabili, nulla di cui preoccuparsi. Ti sei ripresa benissimo. Questa crisi è stata più forte delle altre, ma hai risposto bene alle terapie... tu sei una combattente e... per favore dammi del tu. Non sono ancora un vero dottore.

- Okay, come devo chiamarti, babysitter o che altro?

- Il mio nome è Chris, ma tu puoi chiamarmi Mr. Smile.

Lo guardo sottecchi mentre si accinge a spegnere il monitor e, dalla sua espressione, intuisco che sapeva di averglielo affibbiato io. Cerco di rimediare per non sembrare più ispida dal solito, sdrammatizzando e atteggiandomi alla finta civettuola.

Chris come Christian Grey di 50 sfumature?

Ride strappandomi un sorriso dalle labbra, un tempo rosee ora spente e quasi sempre screpolate.

- Chris come Christopher. Oggi ti va di uscire?

- Tu conosci quella strana anomalia gravitazionale che ci schiaccia sul letto e impedisce di alzarci?!

- Si chiama depressione ma non è il tuo caso quindi preparati intanto che vado a prendere la sedia a rotelle e chiamo un infermiera che ti aiuti... e a staccarti i cerotti del monitor.

- Ma non hai altri pazienti di cui occuparti?!

- Fortunatamente per te, essendo uno specializzando, sei l'unica paziente che mi hanno affidato, dunque rassegnati.

La mia era solo una retorica che non esigeva risposta, bensì per dire che non me la sentivo di alzarmi ma, intuendo il tipo che era, decisi con malavoglia di farlo, poiché, nulla di quello che avrei potuto dire o fare sarebbe servito a farlo desistere.

Mentre Chris spingeva la sedia lungo il corridoio dell'ospedale, io tenevo stretto a me lo zainetto col respiratore di cui, negli ultimi mesi, era divenuto un "accessorio" indispensabile, e, intanto che ci avvicinavamo verso l'uscita, attraverso le grande vetrate, osservavo i raggi del sole che filtravano tra i rami degli alberi. Erano uno spettacolo a guardarli. E' lì che siamo diretti, ai giardini della clinica, dove un paziente in stadio terminale, può godersi in serena armonia quel che rimane della propria vita.

Nessuno come luiWhere stories live. Discover now