7 - Un invito inaspettato

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Quando rientro in aula insegnanti per recuperare la cartella di lavoro che avevo lasciato nel mio armadietto, incrocio Rebecca Moore, la collega di inglese dei corsi A e B.

E' giovane, ha qualche anno più di me, indossa spesso completi pantalone ed inglesine ai piedi e ha un aspetto molto "british", decisamente in linea con la materia che insegna e soprattutto con la sua provenienza londinese. Mi trovo molto bene con lei e spesso lavoriamo assieme anche per proporre e portare avanti varie iniziative a scuola.

«Tutto ok?» mi chiede e mi fa l'occhiolino. Capisco dalla sua espressione che la mia uscita durante l'ora buca non è passata del tutto inosservata.

«Decisamente!» confermo incontrando il suo sorriso.

«Beh, potresti anche presentarmelo il nuovo collega...» mi rimprovera bonariamente.

«Dai! Davvero non lo conosci ancora?» le chiedo stupita. Luca ormai è con noi già da qualche giorno.

«Purtroppo non ho ancora avuto questo piacere» mi informa.

«Allora vedrò di provvedere non appena ce ne sarà l'occasione» mi impegno e le faccio un sorrisino compiacente, anche se sento una crudele punta di gelosia già rodere dentro di me.

Del resto, Luca non passa inosservato e non mi stupisco affatto che lei, o qualsiasi altra collega non impegnata in una storia seria, non voglia almeno conoscerlo.

Mentre sono in aula, vedo lampeggiare sul mio tablet una notifica. I ragazzi stanno completando la consegna che ho appena assegnato loro, cioè una breve produzione scritta sull'ultimo argomento trattato, così do un'occhiata veloce per cercare di capire di cosa si tratti.

Il Dirigente Scolastico ci ha convocato per un consiglio di classe alle tre del pomeriggio.

Un altro!!

Fra due giorni!

E soprattutto, quello era uno dei miei pochi pomeriggi liberi!

Ultimamente, sembra che il nostro capo si stia divertendo a piazzare convocazioni urgenti, compromettendo la nostra vita privata.

Controllo sul mio cellulare e, con mio disappunto, rilevo che effettivamente la riunione è in sovrapposizione con l'appuntamento che avevo preso con la parrucchiera. Vorrà dire che più tardi la chiamerò per concordare un altro orario.

Chiudo la notifica mi alzo per fare un giretto di controllo tra i banchi.

Mi fermo a fondo classe. Da quel punto di vista privilegiato, riesco a notare qualche movimento sospetto. Jen Lin, per esempio, la cinesina della classe, sta controllando qualcosa sul suo orologio, una sorta di i-watch che all'improvviso spunta dal polsino della sua felpa. Mi fermo dietro di lei e, quando si rende conto della mia ombra che la sovrasta, fa un sussulto.

«Bell'orologio» commento «E' cinese?»

Mi guarda con espressione schifata.

«Certo che no. E' della Apple!»

Ecco, una cosa che mi piace poco in questa scuola è che più di qualche studente ha la puzza sotto il naso.

«Oh, scusami» mi fingo mortificata. «Me lo presti un attimo?»

Proviamo con le buone maniere, prima di imporle di consegnarmelo...

Di malavoglia, se lo sfila dal polso e me lo porge sbuffando.

Ecco, da qua in poi la verifica dovrà farla in base alle sue conoscenze mnemoniche, non in base agli appunti salvati sul suo dispositivo.

Torno alla cattedra e dopo un po' un altro movimento sospetto attira la mia attenzione. Louis sta trafficando un po' troppo con la tasca centrale della felpa. Lo fisso discretamente mentre lui è troppo concentrato a tirare fuori bigliettini che prontamente nasconde sotto il palmo della mano aperta appoggiata sul banco.

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