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vi consiglio Maps-Maroon5 mentre leggete ;)



Forchetta a sinistra. Coltello a destra. Calum stava apparecchiando prima che i suoi tornassero dal lavoro, con la musica al massimo e la consapevolezza che questo non avrebbe fatto altro che aumentare l'odio che i vicini provavano per lui. le parole uscivano confuse dallo stereo poggiato sul bancone della cucina, ma a lui non importava molto. Non lo stava davvero ascoltando, aveva troppi pensieri per la testa.

Erano giorni che doveva parlare con Luke, ma proprio non ci riusciva. La maggior parte delle volte che lo vedeva era in compagnia di Michael e non voleva rovinare la fiaba disney che stavano vivendo. però si sentiva anche in colpa perché posticipare non faceva che peggiorare le cose.

Aveva visto Jace quasi una settimana prima. doveva avvertire il biondo prima che fosse troppo tardi. Non voleva che finisse come l'ultima volta. Quando quella sera gli era arrivata la chiamata dall'ospedale gli era caduto il mondo addosso. Sapeva che Luke portava sempre con se nel portafogli il suo numero di telefono, indicato come quello da chiamare in caso di emergenza, ma non aveva mai pensato che un giorno qualcuno lo avrebbe usato.

Era completamente terrorizzato che la storia si potesse ripetere. E non era pronto per rivedere il puro dolore dipinto sul viso di Luke. Aveva bisogno di prendere una boccata d'aria.

Spense lo stereo, prese una felpa dall'attaccapanni, le chiavi e il telefono e uscì nella fredda sera. Si chiuse la porta alle spalle e inspirò profondamente, come se tutti i suoi pensieri lo stessero soffocando. Quindi iniziò a camminare per la strada desolata. Mancavano pochi minuti alle sette, ma non c'era nessuno, nessuna macchina, nessuno sul marciapiede. Solo lui.

Si sentiva strano, come se sapesse che qualcosa stava per accadere, ma cosa?

Camminava con la testa bassa, concentrandosi sulle pietre che calciava lontano. Non sapeva dove stava andando, ma in quel momento non era molto importante. Doveva tornare presto, i suoi genitori sarebbero rientrati a momenti e lui non aveva nemmeno iniziato a pulire la casa e tutto il resto.

In quel periodo si sentiva quasi senza aria. Era come se tutto ciò che facesse gli rubasse quel poco di ossigeno che aveva nei polmoni, costringendolo a ricercarne dell'altro, senza risultato. Era stanco. Di tutto. Sinceramente nemmeno lui capiva cosa volesse veramente.

Aveva una bella famiglia, una casa accogliente, buoni voti a scuola, un criceto che aspettava la sua cena e un basso appena comprato che non vedeva l'ora di suonare. ma c'era ancora quel 'ma'.

Scosse la testa sperando che così i suoi pensieri si confondessero e non ritornassero a galla e continuò a camminare. Poi si fermò. I suoi occhi erano puntati sul marciapiede, dove, a qualche centimetro da lui, luccicava qualcosa alla luce della luna: era un portachiavi. Un semplice e stupidissimo portachiavi. Che lui aveva già visto. Si avvicinò e lo raccolse. Era una catenella molto corta che teneva insieme due piastrine. Sulla prima era incisa la frase di una canzone: It's stuff like this that makes me wish that I could change somehow. E sotto c'era solo la lettera 'J'.

L'ultima volta che lo aveva visto c'era solo la prima piastrina. Sulla seconda c'era incisa una data e una lettera.

14/4/2015

L

Un pensiero improvviso colpì Calum: quella data riportava il giorno in cui Luke finì in ospedale. E quel portachiavi...

Stava guardando la televisione, uno i quei film che guardi senza interesse, quando gli arrivò la telefonata. Era la voce di una donna, era calma e rassicurante, ma altrettanto non lo erano le parole che diceva. Luke non stava bene. Doveva andare in ospedale. Subito.

Okay, okay, calma, non serve a nulla agitarsi, bisogna stare calmi e no... Luke, il suo Luke era in ospedale e no. Non doveva farsi prendere dal panico. Okay, doveva alzarsi dal divano e andare a casa del biondo a prendere un cambio. Si, doveva fare ciò.

Uscì di casa e prese dal garage la moto di suo fratello. Sapeva che l'avrebbe ucciso una volta tornato a casa, ma quella era un'emergenza e non gli importava. Arrivò davanti il cancello di ferro dopo pochi minuti e quasi cadde per scendere dalla moto. Corse verso la porta e l'aprì con la chiave che Luke nascondeva sotto lo zerbino. La camera di Luke era al piano superiore, così salì le scale di corsa rischiando di inciampare nello zaino che il suo amico aveva lasciato là. Lo faceva sempre.

Appena mise piede al piano superiore i suoi occhi caddero su una macchia rossa proprio fuori dalla stanza del biondo. Vi si avvicinò lentamente, come se avesse paura che qualcosa saltasse fuori all'improvviso. L'unico rumore era procurato dalle sue scarpe sul freddo pavimento. Arrivò davanti la porta e la aprì. Lo spettacolo che gli si presentò sarebbe comparso per molto tempo nei suoi peggiori incubi.

La stanza era a soqquadro, fogli sparsi, le coperte sporche di rosso, i libri aperti sul pavimento. E il rosso che dominava su tutto. Il sangue di Luke aveva sporcato tutto il pavimento, rendendolo un tappeto scarlatto sulla quale luccicavano dei vetri rotti e taglienti. Era un macabro deserto di vita.

Calum avanzò di un passo, ancora con la bocca aperta, incapace di emettere alcun suono. Le sue scarpe causarono un suono stridulo quando calpestò i vetri infranti, ma al secondo passo calpestò qualcos'altro. Si piegò per vedere cos'era e si ritrovò in mano un portachiavi. Era sicuro che non fosse di Luke, lui dimenticava sempre le chiavi perchè non gli piacevano tutti quei 'ciondoli inutili e pesanti', come gli chiamava lui. Era una catenella di ferro che passava attraverso il buco di una piastrina sulla quale era incisa la frase di una canzone che lui non conosceva e poi c'era una lettera finale. Una J.

E allora capì. Sapeva chi era l'artefice di quell'orribile scempio,chi doveva uccidere se Luke non ce l'avesse fatta.

Calum aveva sempre saputo tutto di Luke. Erano entrambi piccoli quando la madre del biondo venne a mancare. Erano entrambi giovani quando il padre iniziò a ubriacarsi ed erano entrambi troppo innocenti quando i soldi iniziarono a scarseggiare. Lui aveva cercato in tutti i modi di aiutare Luke, ma aveva fallito. Aveva un solo compito e aveva miseramente perso.

E ora queste erano le conseguenze.

Si avviò verso l'armadio, cercando di non guardare il pavimento rosso e afferrò i primi vestiti che riuscì a trovare. Prima di andarsene scagliò il portachiavi contro il muro con tutta la forza che aveva, come se potesse colpire anche il proprietario.

Quando tornò il giorno dopo, per cercare di pulire tutto ciò, il portachiavi era sparito e con lui anche la possibilità di vendicare il suo amico.


Non lo aveva più rivisto fino a quel momento. Questo poteva significare solo una cosa: Jace stava andando da Luke.

Non aveva più controllo sulle sue gambe, si mossero da sole e in pochi secondi si ritrovò a correre in mezzo alla strada verso la casa del biondo. L'ultima volta non c'era riuscito, ma era arrivato il momento di risolvere tutto.

Era talmente infervorato dalla prospettiva di salvare Luke che l'adrenalina gli offuscò la vista. Fu un attimo, questione di pochi secondi. Una macchina, le luci abbaglianti, un forte colpo e poi più nulla.

Black notebook||MukeDove le storie prendono vita. Scoprilo ora