Capitolo 19

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Luke's pov
Io e Juliane non parlavamo più da giorni. Lei non cercava me, io non cercavo lei.
Ma la pensavo spesso.
Sempre, a dirla tutta.
Mi mancavano i suoi grandi occhi verdi, i suoi morbidi capelli bruni, il suo sorriso perfetto, il suo essere sempre sveglia e premurosa.
Mi mancava sentirla mia, sentirla al mio fianco in ogni istante, sentire il suo dolce respiro sul mio petto.
Mi mancavano persino le sue pretese.
Mi mancava tutto di lei.
Cercavo di passare il tempo con Jonas, e devo dire che per qualche ora riuscivo a concentrarmi solo su quel maledetto videogioco.
Ma non poteva di certo colmare quella mancanza così atroce.
Volevo Juliane vicino a me, volevo che fosse lei a giocare alla play con me, volevo che fosse qui ad indicarmi cosa dovevo fare e cosa no, volevo scherzare con lei, volevo farle il sollettico per tutto il tempo, volevo dipingere con lei i fiori, volevo che mi ripetesse ancora 'sei la cosa più bella che mi sia capitata'.
Sapevo che quando diceva quella frase era seria.
Juliane spesso non parlava sul serio, ma quando doveva dirmi qualcosa di importante, si sedeva a terra e mi faceva cenno di sedermi di fronte a lei.

"Che è successo?" le chiedevo.

Lei mi guardava con i suoi occhioni verdi così profondi.
A volte pensavo che in essi ci fosse il mondo, un mondo da scoprire, il mondo di Juliane.

"Dovresti saperlo" mi rispondeva seccata.

Ed ecco che incominciava a parlarmi a mo' di rebus, io dovevo indovinare ciò che avevo combinato, e alla fine chiederle scusa.
Anche quando lei aveva torto, ero sempre io a chiederle perdono.

"Ho paura di non rivedere mai più Juliane" mormorai a Jonas che dapprima non mi degnò di uno sguardo, giacché così talmente attento a giocare alla play.

Silenzio.

"Amico, secondo me in questo momento ti sta pensando" rispose dopo qualche minuto.

"Secondo me sta dormendo" risposi, sorridendo.

Lui mi guardò, ricambiò il sorriso e poi rivolse lo sguardo di nuovo su quel maledetto videogioco.

Ogni minuto, ogni momento, ogni attimo, cercavo di pensare al videogioco, ma cavolo, non ci riuscivo.
La mia mente era assorta da quei ricordi incredibili che avevano tutti lo stesso nome: Juliane.

"Luke, hanno bussato!" strillò Jonas. Aveva la faccia quasi appicicata alla televisione.
Io non ne potevo più di quel gioco infantile, infatti mi alzai ed andai a prepararmi un thè.

Corsi verso la porta e la aprii, ignaro di chi si nascondesse dietro di essa.
Era Sandra.

"Ciao ragazzi" sussurrò, imbarazzata.

Stavo per chiudere la porta, quando sentii una forza che spingeva dall'esterno.

"Aspetta!" urlò.

Scorsi dei ricci bruni, e la voce così dolce e sottile la riconobbi all'istante: Juliane.
Finalmente.

"Che ci fai qui?" chiesi senza degnarla di uno sguardo, anche se in fondo non desideravo altro che perdermi nei suoi grandi occhi verdi.

"Io e Sandra siamo andate a fare shopping, poi lei voleva vedere Jonas e l'ho accompagnata"

Le sorrisi a stento, ma lei non notò il mio sorriso.
Entrò nel mio appartamento quasi con prepotenza, come faceva quando eravamo...migliori amici.
A dirla tutta, non riuscivo a capire se eravamo ancora migliori amici oppure se eravamo diventati estranei all'istante.

Si sedette sul divano, a gambe incrociate.
Gli stivaletti color rosso spento sporcavano il tessuto del divano, e la gonna di jeans era alzata fino alle cosce. I suoi capelli erano sempre così vaporosi, sempre così morbidi.
Mi mancava accarezzarli.

Era attenta a guardare Jonas che giocava alla play, anche se stava perdendo la partita.
Sandra si trovava vicino a Jonas e gli bisbigliava qualcosa che secondo me nemmeno lui riusciva a capire.

Juliane si alzò dal divano, si abbassò la gonna di jeans e, senza degnarmi di uno sguardo, andò verso il bagno.

~
"Fine partita"
Era ora.

"Allora Jò, hai vinto?" gli chiesi quasi sarcasticamente, perché già sapevo della sua sconfitta.

"Ehm...non proprio"

Gli sorrisi.
Juliane era assorta sul suo cellulare e sembrava che stesse scrivendo qualcosa, forse un messaggio.

"Ragazzi, io e Jonas andiamo a fare un giro, dobbiamo comprare un paio di cose al mercatino dell'usato" ci informò Sandra.

"Il mercatino dell'usato? Oh dovrei comprare anch'io qualcosa lì" mormorò Juliane.

La guardai teneramente.

"Ehm, nella macchina non c'è spazio" rispose Jonas facendomi un occhiolino.

Juliane lo guardò esterrefatta, ma preferì non fiatare.

"Allora è meglio che vada a casa, ho alcune cose da sistemare" continuò la ragazza dagli occhi verde smeraldo.

"Oh ehm, dopo vi portiamo una sorpresa se aspettate qui" sibilò Jonas lanciandomi un'occhiata d'intesa.

Juliane sbuffò.

Sandra e Jonas uscirono chiudendo la porta, mentre la mia 'migliore amica' si buttò a peso morto sul divano, provocando qualche rumore.

Non dissi niente.
C'era un silenzio tombale fra noi, un silenzio alquanto imbarazzante.

Ad un tratto, si alzò e venne verso di me.
Prese qualcosa dalla sua borsa, dapprima non riuscii a capire.

"Per te" sussurrò.

Era una busta bianca.
La aprii: dentro c'erano dei soldi, 350 dollari, per l'esattezza.

"Non riesco a capire" bisbigliai.

"Volevo ringraziarti per la serata di sabato scorso, e allo stesso tempo scusarmi per l'enorme guaio"

"Non li voglio tutti questi soldi da te"

Mi guardò storto.

"Non meriti di sborsare tutti questi dollari per me" continuai guardandola con fermezza negli occhi.

"Invece sì, sono stata sciocca ed egoista"

"Non è vero, forse sei troppo premurosa che non pensi alle conseguenze delle tue azioni"

Annuì abbassando lo sguardo.

"Volevo dirti che mi dispiace per averti trattato in quel modo" le dissi avvicinandomi a piccoli passi.

"Scusami anche tu, non volevo farti spendere così tanti soldi"

"Però devo ammettere che è stata una serata stupenda"

Sorrise.

"Mi sei mancata"

"Anche tu, Luke, non sai quanto"

"Mh quanto?"

"Troppo" rispose sorridendo.

Ci abbracciammo forte, lei cominciò a piangere silenziosamente.

"Jù perché piangi?"

"Piangevo tutte le notti, pensando a te e alla nostra amicizia. Pensavo che tutto fosse andato in fumo"

"Ti dico un segreto" sussurrai avvicinandomi al suo orecchio.

"Non ho mai smesso di pensarti, piccola peste. Sei sostanza dei miei sogni, dei miei pensieri...della mia vita"

Mi guardò teneramente, per poi sprofondare in un abbraccio forse interminabile.

Domani arriverà lo stesso. Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora