Capitolo 22

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Juliane's pov
"Sandra, Sandra svegliati" sussurravo all'orecchio della ragazza bionda che se ne stava beatamente appisolata al mio fianco. Dormiva pesantemente, mentre le gobbe le ricoprivano metà volto. Erano simbolo si stanchezza, di insonnia, di notti passate a piangere, anziché dormire. Scorsi appoggiandomi sulla sua spalla per vedere il suo dolce viso pallido, e notai che il trucco era sbavato, e il cuscino era tutto impregnato di lacrime.

Continuai a scrollarla per qualche minuto, quando lei, finalmente, aprì lentamente gli occhi appesantiti dalle occhiaie.

"C-Che ore sono, Juliane?" mormorò strofinandosi gli occhi.

"È tardi, su dai vestiti e vieni in cucina per la colazione"

Annuì accennando un sorriso spento, per poi alzarsi dal letto per aprire la finestra.
L'aria fresca riempiva quella stanza morta e malinconica, mentre Sandra si pettinava i lunghi boccoli alla luce del sole.

Uscii dalla camera da letto e andai in salone dove c'era Luke che leggeva il giornale.

"Sembri un vecchio di settant'anni" esclamai ridendo.

Lui mi lanciò una brutta occhiataccia, per poi sorridere rivolgendo lo sguardo sul giornale.

"Sandra dov'è?"

"Si sta vestendo. La torta dove l'hai messa?"

"In frigo"

Andai verso il frigorifero per controllare la torta, l'afferrai e la poggiai sul tavolo.
Il cioccolato si era un po' sciolto e  si andava a mescolare con la crema pasticcera. Un disastro, dunque.
Presi un coltello e modellai la crema separandola dal cioccolato al latte, poi avvolsi la torta in una scatola che 'presi in prestito' alla pasticceria di fronte al parco.
Ad un tratto spuntò Sandra.
Indossava dei pantaloncini rosso acceso, nascosti dal cardigan bianco; sandali rigorosamente alti, occhiali da sole per coprire le orribili occhiaie e sorriso sempre smagliante.

"Allora possiamo andare?" chiese Luke alzandosi dalla poltrona che scricchiolò.

Mi abbassai la minigonna di jeans e presi la scatola con la torta.
Sorrisi a Sandra, ma lei sembrò quasi ignorare la mia gentilezza.

Come al solito, chiamammo il taxi.
Il taxista sembrava quasi nauseato della nostra così abituale presenza, ma si limitò ad un secco "buongiorno".

Scendemmo dal taxi, salutammo educatamente il taxista e ci dirigemmo nell'enorme edificio.

"Odio gli ospedali" mormorai a Luke.

"Li odio anch'io" rispose il mio migliore amico abbassando lo sguardo.

Camera 154, eravamo arrivati.

La nonna di Sandra ci accolse con un caloroso abbraccio che noi ricambiammo gentilmente.
Poi girai la testa verso il letto della signora Josephine, ma non c'era nessuno.

"Ehm dov'è la signora Josephine?" chiesi all'anziana nonna di Sandra occupata a chiacchierare con la nipotina.

"Non saprei"

Ad un tratto, in quella polverosa stanza illuminata solo da quei pochi raggi solari, entrò la signora Josephine, seguita da un uomo di mezza età, alto, con la barba e i capelli bruni folti.
Indossava giacca e cravatta e aveva la valigietta sempre a portata di mano.

"Buongiorno ragazzi" esclamò la signora Josephine appena vide me e Luke.

"Buongiorno a lei" risposi continuando a guardare quell'uomo tanto raffinato e poggiando la scatola con dentro la torta sul tavolo.

Appoggiò la valigietta nera sul letto della signora Josephine, poi la aprì e da essa afferrò dei documenti.
Io e Luke ci guardammo confusi.

Ad un tratto la signora Josephine fece cenno all'uomo di presentarsi a me e al mio migliore amico, che sembravamo spaesati e imbambolati.

"Ehm..mi chiamo Leonard Johnston e sono il nipote della signora Josephine. Piacere di conoscervi" mormorò allungando la sua mano per salutarci.

"Sono Juliane, piacere" esclamai in preda all'imbarazzo.

"Piacere, Luke" sussurrò il mio migliore amico che osservava da un po' la cravatta marroncina e gialla a quadretti del signor Johnston.

"Mio nipote è un grande artista" disse ad un certo punto la signora Josephine cominciando a ridere senza motivo.

Un artista? A me pareva di più un avvocato, a dirla tutta.

"Faccio diverse mostre d'arte in tutta Londra, dove vi partecipano diversi artisti da tutto il mondo che apprezzano la mia arte"

COSA COSA COSAA?

Io rimasi immobile.
Cioè, davvero stavo chiacchierando con uno dei più grandi artisti a livello internazionale?
Era impossibile.

"Ehm...la mia migliore amica è bravissima nell'arte della pittura, fa quadri eccezionali" mormorò Luke spingendomi verso il signor Johnston.

"Davvero, cara?" chiese l'uomo.

Annuii arrossendo.

La signora Josephine e suo nipote si guardarono meravigliati.

"Mio nipote stava appunto cercando qualcuno con grandi doti artistiche da portare alle sue mostre" esclamò la signora Josephine sorridendo e facendomi un occhiolino.

"Facciamo una cosa: domani ci rivediamo qui e mi porti il tuo quadro più bello. Io lo valuterò e se mi piacerà deciderò se portarti alle mie mostre d'arte. Che ne pensi?"

Ero completamente paralizzata.

"D'accordo" mi limitai a rispondergli.

Intanto due infermieri irruppero nella stanza, distruggendo la felicità che si era creata dopo quella notizia incredibile.

Andarono verso il letto della nonna di Sandra, la sollevarono, e la poggiarono su una barella.

Era arrivato il momento più brutto, il momento che speravo non arrivasse mai.

La chemioterapia.
La brutale, dolorosa, orribile chemioterapia.

Sandra cominciò a piangere disperatamente, mentre un infermiere le ammoniva di uscire da quella stanza.

Vedevo la nonna di Sandra allontanarsi sempre di più, con una mascherina di ossigeno che le permetteva di respirare meglio. Sembrava serena, ma forse era solo apparenza.
Chi sarebbe stato così quieto in questa situazione?

Lei sapeva ciò che le sarebbe accaduto, ma preferiva tenerselo per sé.
Il cuore grande le permetteva di nascondere tanti di quei segreti.

Domani arriverà lo stesso. Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora