-È qui dentro?- chiese Alex.
-Si, ma prima che lei entri... devo darle delle informazioni abbastanza importanti.- disse il medico.
-Certo, la ascolto.-
-Il ragazzo ha fatto un incidente in macchina. I fatti devono ancora essere chiariti, ma è probabile che sia avvenuto uno schianto della sua vettura contro un camion.- disse l'uomo con tono fermo.
-Co... cosa?- per un attimo le mancó il respiro.
Alex aveva pensato tutto il tempo a cosa potesse essere successo, ma quando la realtà le si parò davanti, faticò a crederci.
-Si, beh... è stato un impatto abbastanza forte...-
-Posso vederlo?- chiese la ragazza quasi in lacrime.
-Si certo, ma c'è un'altra cosa.-
-Cosa?-
-Il ragazzo è in coma.-
Ad Alex mancó ancora una volta il respiro.
Le parole le si strozzarono in gola, non riuscì a dire niente per qualche minuto.
-Oh mio Dio.- sussurrò.
Ed ecco le lacrime.
Inziarono ad uscire velocemente, una dopo l'altra.
Gli occhi della ragazza inziarono ad annebbiarsi, non vedeva quasi più niente.
-Mi dispiace.- disse il medico posando una mano sulla spalla della ragazza.
-Po... posso... vederlo?- chiese ancora la ragazza.
-Certo.- rispose l'uomo aprendo la porta della stanza.

Alexandra aspettò qualche secondo prima di decidersi ad entrare.
Aveva avuto talmente tanta fretta di vederlo che raggiunto l'obbiettivo si era bloccata.
Era tutta paura. Paura di perderlo. Non era in coma farmacologico, non lo tenevano addormentato i dottori. Era in coma per colpa di quel maledetto schianto.
Alex strinse i pugni, guardò il medico alle sue spalle che le fece un cenno con la testa ed entrò nella fredda stanza che "ospitava" il ragazzo.
Non aveva il coraggio di alzare lo sguardo.
Non vide più dei piedi del letto.
Chiuse la porta e poi, dopo aver preso un grosso respiro, alzò gli occhi e lo vide.
-Nick...- sussurrò la ragazza avvicinandosi a lui.
-Che... che cosa hai combinato?-
Non riusciva a vederlo attaccato ad un macchinario, immobile e steso in quel letto così triste e bianco.
-È vero che ti svegli? È vero, Nick? Ti prego, dimmi di si. Non riesco a crederci, mi sembra di essere in un sogno, un incubo. È così... strano, così tutto troppo spento per far parte della tua vita. Nick...- continuava a piangere, a sussurrare tutte quelle parole fra le lacrime -...è vero che tra poco ti sveglierai?- continuò lei, prendendo la mano del ragazzo.
Alexandra tremava, si sentiva veramente in un sogno, non le sembrava vero: la chiamata della madre, il viaggio in treno, quell'uomo che l'aveva portata in quel corridoio e lui, steso in quel letto.
Delle lacrime caddero sulla mano del ragazzo bagnandola e Alexandra le asciugó.
-Scusami... è che non ci riesco. Provo a non piangere, ma non... riesco a smetterla. Lo so che ora mi diresti che sono solo lacrime perse. E io non ne capirei il significato...-
Continuava a stringere la mano del ragazzo, voleva quasi fargli male per farlo svegliare, come se stesse semplicemente dormendo, come se avesse potuto lamentarsi.
Non lo accettava.
-Dimmi, è vero che puoi sentirmi? Quando ti sveglierai ti ricorderai quello che ti sto dicendo? Si, vero? Nick, non ti lascio solo... mi manchi. Non te lo volevo dire... non sei l'unico che non ammette le cose. Però a differenza tua, io le ammetto almeno a me stessa.- aveva quasi smesso di piangere, si era seduta sul bordo del letto e giocava con la mano di Nick.

Era quasi passata un'ora.
Diana le aveva mandato alcuni messaggi per sapere qualcosa, ma lei non li aveva visti.
Ad un certo punto bussò alla porta qualcuno.
Era la cugina, aveva avuto il permesso dei medici per far visita al ragazzo, ma solo per dieci minuti.
La bionda si affacciò alla porta.
-Posso?- chiese a bassa voce.
Alexandra annuì con un cenno del capo.
Quando Diana vide il ragazzo steso in quel letto, sbiancò.
-Io... cosa? Io credevo...- iniziò.
-Si, anche io.-
-Non sta solo dormendo... giusto?- chiese la bionda.
-È in coma, Dany.- rispose Alex con un filo di voce.
Diana si mise una mano fra i capelli e una lacrima le rigò il viso.
-Oh, Nick! Tu devi sempre esagerare?- chiese avvicinandosi al ragazzo e alla cugina.
-Non riesco a crederci, Dany... non ci riesco.-
-Tranquilla, si sveglierà.- disse la cugina poggiando una mano sulla schiena di Alexandra.
-Io volevo parlare con i dottori... vorrei capire qualcosa...-
-Allora vai.-
-Resti tu qui? Non lasciarlo solo... ti prego.-
-Non preoccuparti.-
Alexandra uscì dalla stanza, chiuse la porta e si avviò verso il posto dove aveva incontrato i medici la prima volta.
-Permesso? Sono sempre io...-
-Entri pure!- rispose uno dei tre, tra cui c'era anche l'uomo di prima.
-Volevi chiedere se si riprenderá, giusto?- chiese l'uomo comprensivo.
-Si.- rispose la ragazza.
-Beh, sarò sincero, senza troppi giri di parole. In realtà non possiamo ancora dirlo. Dipende tutto da lui, posso solo dire che la situazione è grave e non è da sottovalutare. Ora vedremo come affronta le prime ventiquattro ore, poi si vedrà giorno per giorno.-
-Giorno per giorno?- chiese incredula la ragazza.
-Esatto, purtroppo non abbiamo certezze. Come ho detto prima, l'impatto è stato abbastanza forte.-
-Ho capito, la ringrazio.-

Alex uscì da quella stanza ripensando alle parole del medico.
Cosa significava giorno per giorno?
Che si vedrà se restiste giorno per giorno?
No.
"Nick è forte" si ripeteva.
Non lo avrebbe mai accettato se gli fosse successo qualcosa.
Lui riusciva a sentirla quando lei gli parlava?
"Oh Nick!"
Non riusciva nemmeno a piangere abbastanza per tutto il dolore che aveva dentro.
-Che posto di merda!- disse mentre camminava per raggiungere l'ascensore e tornare da Nick.
-Non solo questo ospedale, il mondo intero!- disse ancora.
Bene.
Ora anche incazzata.
Tristezza e rabbia insieme, a lei non facevano un bell'effetto.

-Nick.- disse la bionda guardandolo a fatica.
-So che mi senti, vedi di svegliarti presto, se no chi la sente ad Alexandra?! Dovete ancora parlare di molte cose, biondo! Devi dirle alcune cose che lei deve sapere. Io so la verità, ma devi dirgliela tu, quindi riprenditi... per favore. Sto male anche io, Alex ancora di più e poi quando lo sapranno Anita e Sam... insomma hai capito. Ti lascio un giorno di riposo, ma poi basta. Ti devi svegliare...-
-Eccomi.- disse Alex entrando nella camera.
-Vieni.-
La ragazza si avvicinò ancora una volta al ragazzo e gli posò una mano sulla guancia guardandolo con dolcezza e rabbia allo stesso tempo.
-Se trovo chi ti ha ridotto così...- sussurrò Alex al ragazzo.
-Cosa ti hanno detto?- chiese Diana.
-Che la situazione è grave. Dany, io non... non capisco. Perché? Cos'è successo ieri sera? Non è che aveva bevuto? Sicuramente non è stata colpa sua, è stato quel camion che è andato fuori strada e...-
-Cosa? Fermati un attimo! Camion?-
-Si, si è schiantato contro un camion.-
-Oddio...-
-Dany, io ti giuro che in questo momento ho le idee confuse come non le ho mai avute.- ammise la ragazza
-Anche io Al.-
-Nick...- disse Alex con un filo di voce.
Si avvicinò a lui e gli diede un bacio sulla guancia.
-Andiamo?- chiese Diana.
-Dove?-
-Alex, non puoi stare tutto il tempo qui!-
-Ma non posso lasciarlo da solo!- rispose la ragazza.
-Alex, seriamente, non puoi. Stai tranquilla che starà bene. Se vuoi torniamo anche stasera, ma non possiamo restare qui anche se lo volessimo!-
-Va bene...-
-Ciao, Nick. Torniamo stasera.- disse la bionda salutando il ragazzo.
Fece un cenno ad Alexandra e la lasciò sola con lui, uscendo dalla stanza.
Alex sbuffò.

-Perché niente funziona mai come dovrebbe?- chiese prendendo la mano del ragazzo.
-Sto esagerando? Solo perché voglio restare con te, non mi sembra di esagerare. Tanto alla fine sono sempre io quella che sbaglia, no? Non ci siamo visti per un mese... un mese, giusto? Eppure abbiamo litigato lo stesso.- disse Alex sorridendo leggermente.
-Stasera torno da te... ho bisogno di te!- la voce ricominciò a tremarle.
-Mi sento una scema, Nick. Sembra che io stia parlando da sola... va beh. Io vado, altrimenti Dany viene a prendermi e mi trascina via di forza...-
Rimase a guardarlo per qualche istante e poi gli posò un altro bacio sulla guancia.
-Ciao occhi blu.- disse uscendo dalla stanza.
Si chiuse la porta alle spalle e assieme alla cugina uscirono dall'edificio. Tornarono a casa.

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