Continuò a guardare il viso di Nick e poi la sua mano e le scappò un sorriso che non durò molto.
La sua espressione cambiò velocemente, diventando un misto fra stupore e paura.
Vide la mano del ragazzo muoversi, le dita stendersi e piegarsi leggermente e Alex scattò in piedi spaventata.
-N... Nick?- balbettò.
Non risusciva a crederci.
Le sembrava di essere in un sogno, di star dormendo, ma non era così.
Il ragazzo aprì un occhio, lo richiuse e poi li aprì tutti e due guardandosi attorno stranito.

Non capiva niente, si guardava attorno confuso.
Dov'era?
Cos'era successo?
Perché era steso in un letto d'ospedale?
Da quanto tempo era lì?
Alexandra lo guardava indietreggiando leggermente ogni secondo di più.
Non vedeva l'ora che Nick si svegliasse, ma quando se lo trovò davanti con gli occhi aperti, faticò a crederci.

Subito quattro medici piombarono nella stanza.
Probabilmente lo tenevano monitorato e videro subito lo sbalzo dei suoi valori.
Si era risvegliato.
Continuava a guardarsi intorno confuso.
Il suo sguardo era attento e curioso, ma sembrava un bambino di cinque anni spaventato, che aveva perso i genitori in un centro commerciale.

-Signorina esca.- disse frettolosamente uno dei medici precipitandosi verso il ragazzo.
-Cosa? Ma... cosa sta succedendo? Sta bene?- chiese Alex cercando di avvicinarsi a Nick, mentre i dottori tentavano di spingerla fuori dalla stanza.
-Per favore esca. Dobbiamo fare degli accertamenti al ragazzo. Più tardi potrà vederlo.-
-No, ma... Nick!- continuò lei, agitando le braccia fra quegli uomini in camice.
Cercava di farsi spazio fra loro, aveva bisogno di sapere.
Aveva bisogno di certezze che il suo Nick stesse bene.
Cercava in tutti di modi di avvicinarsi andando contro i medici, non sentiva più le loro voci, continuava a farsi spazio senza ottenere risultati.
Finché uno di loro la prese in braccio di forza per portarla fuori, tutto sotto lo sguardo vigile e confuso di Nick.
Finalmente.
I loro sguardi si incrociarono e quando Alex incontrò quegli occhi blu si tranquillizzò e si calmò.
Ancora in spalla al medico sorrise al ragazzo e si fece trasportare in corridoio.

Era seduta su una delle sedie verdi del lungo corridoio triste, che quel giorno sembrava più allegro.
Era lì da circa venti minuti, non sapeva se doveva essere preoccupata o doveva essere felice.
Si passò una mano fra i capelli, si vedeva che era nervosa, chiunque lo avrebbe capito.
Fuori pioveva ancora.
Alexandra fissava le gocce scendere velocemente lungo i vetri delle finestre.
Le piaceva la pioggia, le trasmetteva tranquillità.
Stava per saltare dalla gioia, ma si ricordò che Nick era ancora là dentro. Però si era svegliato.
Si.
Lo aveva visto, non lo aveva immaginato, non lo aveva sognato. Nick era sveglio.

-Devo vederla, fatemi uscire!- gridò un'altra volta Nick, agitandosi.
-No, non ancora. Dobbiamo fare altri esami per vedere se è tutto a posto. Ora calmati.- rispose un medico cercando di tenere fermo il ragazzo.
-Io sto benissimo, voglio uscire di qui! Non ho bisogno di niente, me ne vado!- gridò ancora spintonando due dei medici che cercavamo in tutti i modi di calmarlo.
Si alzò di scatto in piedi, non aveva nessuna intenzione di restare ancora in quel posto.
Doveva vedere Alexandra.

Due secondi dopo si ritrovò a terra.

Non sentiva più le gambe, non poteva muoverle e non riusciva a controllarle.
-Che... che cosa... cosa mi è successo?- balbettò guardandosi attorno.
Sembrava quasi spaventato.
Cercava una risposta negli sguardi increduli dei medici, che non si aspettavano questo "evento".
In fondo c'era questa possibilità.
La sera dell'incidente lo trovarono con le gambe incastrare sotto la macchina, privo di sensi.
-Perché non sento più le gambe?- gridò contro un dottore.

Lo aiutarono a sedersi sul letto e Nick si calmò.
Lo visitarono per saperne di più.
Il pensiero di rimanere invalido sfiorò la mente del ragazzo.
Perdere l'uso delle gambe.
Non avrebbe più potuto giocare a calcio, la sua passione.
E i suoi amici?
Cosa avrebbero detto?
Sarebbe rimasto solo?
Non lo avrebbe sopportato, lui amava essere libero.
Poi gli sorse un dubbio più grande, che più che dubbio era ansia insieme a molta paranoia:
e se Alexandra non lo avesse più accettato in quelle condizioni?

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