Come reagireste se, d'un tratto, la vostra vita venisse sconvolta dalla guerra e vi ritrovaste intrappolati in terra nemica, costretti a combattere contro la vostra stessa nazione pur di sopravvivere? Questo è ciò che succede a Niat subito dopo aver...
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Alle mie spalle sento chiudersi una pesante porta di ferro.
Dopo averci portato all'interno della loro base, conducendoci in un ascensore che ci ha portato qualche piano più giù, per poi sgusciare nel labirinto dei corridoi, hanno aperto una porta e ci hanno sbattuto qui dentro. Senza dire una parola.
I polsi vengono liberati dalla corda che li teneva fermi dietro la schiena, poi qualcuno toglie anche la benda che mi impediva di vedere. Porto le mani al viso per coprire gli occhi non più abituati alla luce e intravedo, dagli spiragli tra le dita, che è Jason ad avermi liberato. Adesso sta facendo lo stesso con Sion.
«Non preoccupatevi, è una situazione momentanea. Dobbiamo solo trovare il modo di riportarvi dove vi abbiamo trovato, ma, come sapete, al momento le auto non stanno funzionando. Per cui dovete restare qui.»
È una stanza spoglia, piccola e quadrata, dai muri grigio chiaro. Sembra di essere dentro un cubo di cemento. Ci sono due letti attaccati a due pareti diverse e una porta semiaperta che lascia intravedere un misero bagno.
«E noi dovremmo stare qui? Questa è una prigione! Noi non siamo criminali, non potete trattarci come dei prigionieri!» sbotta adirato Sion.
«Non siete dei prigionieri, hai ragione. Infatti non vi tratteremo come tali, ma questo è l'unico posto in cui potete stare. Mi dispiace» spiega Jason pacatamente.
«Ti dispiace?» dice Sion avvicinandosi minaccioso a Jason.
«Calmo, ragazzino» risponde lui, mettendogli una mano sul petto.
«Io non mi calmo! Sono stato vittima di una specie di attacco terroristico...»
«Non è stato un attacco terroristico» lo interrompe Jason, ma Sion continua a parlare senza fermarsi ad ascoltarlo.
«Riprendo coscienza dopo essere svenuto e mi ritrovo bendato, poi vengo legato e adesso mi tenete prigioniero qui? Chi siete voi per farmi questo, eh? CHI SIETE?» comincia a urlare Sion.
«Ascoltami, capisco il tuo punto di vista ma...»
«Ha ragione» lo interrompo io. «Vogliamo delle risposte. Non potete tenerci qui dentro contro la nostra volontà. Non ne avete il diritto. Io devo andare a cercare mio padre, non posso stare qui mentre lui potrebbe avere bisogno di aiuto!» Sento la rabbia crescere in me. Non possono trattenerci qui con la forza, chiunque essi siano.
«Lo capisco e sono d'accordo con voi. Dateci solo qualche ora e tutto tornerà alla normalità, ve lo prometto» dice guardandoci deciso, per essere sicuro che non ricominceremo a ribellarci. Poi toglie la mano dal petto di Sion e va verso l'uscita. A quel punto esce, chiudendo a chiave la porta.
«Questa situazione è inammissibile» esordisce Sion.
«Lo so, ma dobbiamo fidarci. Non abbiamo altra scelta» dico sdraiandomi su un letto e prendendo dalla tasca il mio Hollobook, adesso che posso finalmente chiamare mio padre e sapere come sta.
Accendo l'ologramma, ma appare tutto offuscato, come se lo coprisse uno strato di nebbia. Non si vede nulla. La cosa mi giunge nuova, non ha mai fatto così prima d'ora. Lo riaccendo, ma al suo avvio la situazione è la stessa di prima. «Non è possibile. Non è possibile!» urlo.
«Che succede?» chiede Sion.
«Prendi il tuo Hollobook, il mio si è rotto. Devo assolutamente chiamare mio padre» dico agitato.
Sion estrae dalla tasca il marchingegno. Vedo le sue dita volteggiare nell'aria, mentre tocca l'ologramma.
«Non funziona nemmeno il mio.»
«Non scherzare, non è il momento» dico arrabbiato.
«Deficiente, è vero!» dice tirandomi con cattiveria il suo Holobook.
Mi copro il volto con le mani, l'aggeggio colpisce il mio avambraccio e cade sul materasso. «Ma sei scemo? Se mi avessi preso in faccia mi avresti fatto un buco!»
Sarei tentato di lanciarglielo contro a mia volta, cercando di fargli del male, ma il mio pensiero adesso è rivolto a mio padre. Prendo il suo Hollobook e accendo l'ologramma. Sion diceva la verità, nemmeno il suo funziona.
«Non ci credo!» dico, con le mani tra i capelli. «Che cosa sta succedendo? I nostri Hollobook non funzionano, le jeep non partono... è incredibile!»
Sion non risponde. Non capisco cosa stia pensando, ma so per certo che è molto più arrabbiato di me.
Abbandono l'idea di instaurare un dialogo con lui, quando è arrabbiato non c'è modo di parlare.
Il mondo mi sta cadendo addosso a poco a poco. Mio padre è la fuori, da qualche parte, e io sono chiuso dentro questa prigione. Sono lontano migliaia di chilometri da casa, non ho notizie della mia famiglia, di niente e di nessuno.
Non so cosa stiasuccedendo a questo Paese, là fuori i palazzi esplodono, crollano, la gentemuore, e non si può avere uno straccio di notizia al riguardo: sono frustrato enella confusione più assoluta, ma devo trovare il modo di uscire da qui.
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