Capitolo 12

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Dopo qualche ora che sembra un'eternità, la porta si apre. È Jason. «Eccomi di nuovo qua, come promesso. Ci sono importanti novità, che soprattutto voi dovete ascoltare.»

Io e Sion rimaniamo imbambolati, ognuno sul proprio letto. Non parliamo da quando abbiamo scoperto che gli Hollobook non funzionano più.

Jason ci guarda stupito. Noi, in realtà, stiamo solo aspettando che parli. «Che state aspettando?» domanda lui. «Forza. Alzatevi, c'è una riunione a cui dovete assistere» ci sprona battendo le mani.

Ci alziamo e lo raggiungiamo, lui ci fa strada. Attraversiamo un lungo corridoio dalle pareti grigie come quelle della cella, che si snoda sulla destra per portarci di fronte a una grande porta di ferro a due ante, entrambe spalancate su una sala riunioni che sembra più un teatro. A differenza dei colori cupi della cella e del corridoio, questa sala ha delle ampie poltrone rosse, luci calde e un palchetto in parquet su cui è puntato un faro che illumina un leggio di legno. Le poltrone saranno all'incirca un centinaio, e quasi tutte occupate. Jason ci accompagna nei primi posti liberi che trova e siede accanto a noi.

«Non so ancora i vostri nomi.»

«Niat e Sion» dico presentandoci.

«Bene, Niat e Sion, vi do un consiglio: ascoltate bene quello che verrà detto fra poco e, soprattutto, non fatevi prendere dal panico» ci dice sottovoce. «Sentirete delle dichiarazioni molto forti. Siete giovani, avrete molta paura, così come ne ho anche io, ma non dite una parola. Nemmeno tra di voi. Quando finiremo, se avrete ancora qualche dubbio, sarò pronto a darvi ulteriori spiegazioni. Ma fino ad allora silenzio. Chiaro?» conclude guardandoci negli occhi.

Noi annuiamo, un po' intimoriti. Che vuol dire che avremo paura? Cosa dovranno dirci di così grave? Sento il battito del cuore accelerare, sudo freddo per l'ansia, ma cerco di non darlo a vedere. In realtà vorrei urlare e scappare, anche se ancora non ho idea di ciò che sentirò di qui a breve.

Alla mia destra, Sion sembra tranquillo, ma probabilmente è circondato da mille pensieri come me. Vorrei chiedergli cosa stia pensando, se anche lui inizi a temere il peggio, o se davvero sia tranquillo come sembra, ma non oso aprire bocca. Non riesco a trovare le parole giuste e ho intenzione di seguire alla lettera ciò che ha detto Jason.

Sempre più agitato, sfrego le mani sui braccioli della poltrona. Intanto sale sul palco un uomo dai capelli bianchi e dal portamento fiero, la schiena perfettamente dritta nonostante l'età avanzata. Il brusio di voci si placa e scende immediatamente un silenzio assoluto, carico di tensione.

L'uomo si schiarisce la gola, poi esordisce. «Salve Fratelli. Sapete tutti perché siamo qui.»

Io veramente non ne ho idea, penso tra me e me.

«Questa conferenza riguarda gli attacchi, le esplosioni, i feriti e i morti di quest'oggi» dice con tono solenne, e dopo di ciò resta qualche secondo in silenzio, forse per onorare la memoria dei caduti. «Vi starete chiedendo perché stia parlando di attacchi, invece di usare un'altra parola. Signori miei, non sto sbagliando. La notizia è giunta da poco alle mie orecchie. Come avrete notato, la nostra attuale tecnologia è andata in tilt e non riusciamo più a comunicare velocemente con nessuno, dunque non ho potuto avvisarvi prima. Con immenso dolore, vi annuncio che siamo nuovamente entrati in guerra con Nashé.»

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