Capitolo 9

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Riprendo conoscenza spalancando gli occhi, il cuore che batte all'impazzata, come al risveglio da un incubo. Eppure ho la mente totalmente vuota. Dopo essere sfuggito al crollo del palazzo, sono svenuto e ho ripreso conoscenza soltanto adesso. Non riesco allora a spiegarmi il perché di questa paura che mi rimbalza forte nel petto.

Mi scoppia la testa, ma non come prima. Sembra più un dopo sbornia. Provo a mettermi a sedere e vedo Sion ai miei piedi, ancora privo di coscienza. Mi avvicino a lui gattonando, gli dico di svegliarsi. Niente. Comincio a schiaffeggiarlo, ma resta immobile. Avvicino l'orecchio al suo naso e sento ancora il suo respiro, seppur flebile. Leggermente rincuorato, mi guardo in giro in cerca di aiuto, ma vedo che la situazione è catastrofica come prima che perdessi i sensi.

In lontananza si sentono urla e richieste d'aiuto.

Le mie orecchie sono piene di sangue e l'udito è ovattato. Infilo i mignoli nelle cavità per cercare di liberarle dal sangue che le occlude, e subito riesco a sentire delle sirene nelle vicinanze. Credo provengano da ciò che resta della piazza, se voglio trovare aiuto forse mi conviene andare lì.

Mi alzo e poso sulle mie spalle il braccio del mio migliore amico. Lentamente attraversiamo la piazza, passando in mezzo un orribile spettacolo. Morti. Ovunque. La piazza è disseminata di cadaveri, sporca di sangue e ricolma di brandelli di carne. Non augurerei a nessuno di vedere uno spettacolo del genere, nemmeno a quell'infame di Cristam Perry, l'idiota che ci prova spudoratamente con Elien.

Una jeep si ferma proprio davanti a me, tagliandomi la strada. All'interno ci sono tre ragazzi con addosso tute mimetiche, muniti di armi, giubbotti antiproiettili e quant'altro possa ricondurre il mio cervello a catalogarli come militari.

Il ragazzo alla torretta mitragliatrice scende con un balzo e viene verso di me. Ha la barba leggermente incolta, i capelli neri pettinati all'indietro e un corpo alto e forte. «Tutto bene?» mi chiede.

Annuisco spaesato e inizio a raccontare delle esplosioni e dei crolli, quando vengo interrotto dall'arrivo degli altri due militari. «Sappiamo cos'è accaduto, a grandi linee. Non preoccuparti» esordisce uno. «Piuttosto, credo che il tuo amico abbia bisogno di cure.»

­«Esattamente, ma non trovo nessuno che possa aiutarmi, e la situazione qui mi sembra talmente grave che nessuno si interesserebbe di un ragazzo semplicemente svenuto. I soccorsi penseranno ai feriti gravi... voi avete modo di aiutarmi?»

I ragazzi si scambiano delle occhiate confuse, non sembrano intenzionati ad aiutare Sion. Probabilmente si trovano qui per altre ragioni, non per fornire soccorsi.

«Per favore!» li esorto interrompendo quel gioco di sguardi imbarazzati.

«Noi siamo qui per altri motivi, ma altri soccorsi arriveranno a breve, non temere» dice il ragazzo che era alla guida.

«Non potete lasciarmi qui! Devo anche trovare mio padre, potrebbe essergli successo qualcosa!»

«Facciamo così, qui vicino stanno istituendo un piccolo ospedale da campo per fornire un soccorso d'emergenza ai feriti della zona. Possiamo lasciarvi lì, solo perché il tuo amico non si riprende» ribatte il soldato addetto alla guida.

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