One.

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«Cosa credi di fare, quindi?» Dice mio padre masticando un pezzo di carne.
«Non ci vado a Seattle, non ci voglio andare!»
A Seattle ci abitano tutti i miei parenti, e i miei genitori vorrebbero che andassi lì per passare l'estate.
«Seattle è bellissima, Yasmine.» Dice mia madre.
«No, c'è troppo traffico.» Faccio una pausa, bevo un goccio d'acqua e continuo. «Se proprio volete che mi faccia una vacanza, perché non considerate l'idea di mandarmi a Madrid?»
«Santo cielo, Yas. Ne abbiamo già parlato.»
Roteo gli occhi. «No, voglio una risposta. Perché non volete mandarmi da Theo?»
«Seattle è vicina, Madrid.. hai idea di quanto ci voglia per arrivare fino a lì? Da sola?»
«Potete venire con me.» Dico, facendo gli occhi dolci.
«Dobbiamo lavorare, e lo sai. O Seattle o niente.»
Penso a Chris. «Potrebbe accompagnarmi Christian! Ormai ha diciott'anni.»
«Yasmine, lui non si può prendere la responsabilità di tenerti d'occhio, ha solo un anno in più di te, non è in grado di affrontare tutte quelle ore di aereo da solo, e tuo fratello è impegnato, lavora, non può prendersi cura di voi due.»
Spalanco la bocca. «Pensi che se andassi a Seattle starei tutto il tempo appiccicata ai nonni?» mi alzo di scatto. «Per chi mi avete presa? per una bambina?»
«Yas..» Dice mia mamma, ma non le lascio il tempo di parlare.
«No, due anni fa, quando Theo decise di trasferirsi a Madrid io ci rimasi malissimo, e voi ricordate cosa mi avete detto? "Troveremo il modo di vederci spesso".
Sembra che state facendo di tutto per farci allontanare, capite che mi manca? Lo capite, questo?» Sbotto, e salgo in camera senza dare il tempo a nessuno dei due di ribattere.

«Pronto?» Risponde Chris con voce affannata.
«Chris!»
«Ei..» fa una pausa, poi dice: «È successo qualcosa?»
«No.» Dico, vorrei sfogarmi con lui ma sento che non è il momento giusto. «Dove sei?»
«Sto aiutando mio padre con il tavolo, sta venendo benissimo ed è gigantesco, potremo farci le mangiate in famiglia.»
Sorrido.
Adoro quando dice queste cose, mi fa sentire un membro della famiglia, non c'è stata una volta in cui mi sono sentita a disagio, a casa sua. E penso sia lo stesso per lui.
«Non vedo l'ora!» Esclamo.
«A chi lo dici.»
Penso a Theo e a Madrid, così decido di chiedergli se sarebbe disposto ad accompagnarmi a Madrid, il passo successivo sarebbe convincere i miei genitori.
«Chris.»
«Si?»
«Come pensi di passare l'estate?» Chiedo.
«Beh, domani ho l'ultima prova orale, per ora penso solo a superare la maturità, poi vedrò. Perché?»
«Perché.. beh, vorrei andare da mio fratello.»
«A Madrid? In Spagna? Da sola? Quando?»
Cerco di ricordarmi di tutte le domande, e poi rispondo. «Si, ma dovrei convincere i miei, loro vogliono mandarmi a Seattle.»
«A Seattle? Dai tuoi parenti?»
«Si.» rispondo. «Io non voglio andarci ma loro pensano che sarebbe uno spreco passare l'estate a casa, e loro non possono permettersi di stare a casa da lavoro per una vacanza.»
«Ti mandano a Seattle e non a Madrid?»
«Seattle è più vicino, molto più vicino. Forse, se tu mi accompagnassi sarebbe più semplice convincerli.» Dico, con una nota speranzosa nella mia voce.
«Yas.. sai la mia situazione economia, non potrei permettermi di fare un viaggio così lungo.»
«Anche la mia situazione economica non è il massimo, non abbastanza da andare a Madrid, ma forse se guardiamo i voli e prenotiamo per fine luglio riusciamo ad acquistarli ad un prezzo decente.»
Fa un lungo sospiro per poi rispondere: «Non lo so, Yas. Ci penserò, ora ti lascio, devo studiare economia.»
Annuisco, accorgendomi dei fatto che lui non può vedermi.
«Va bene. A dopo.» Chiudo la cornetta e mi sdraio sul letto.
Avrei così tanta voglia di andare a trovarlo, mi piacerebbe fargli una sopresa, non lo vedo ormai da cinque mesi, e mi manca ogni giorno sempre di più.
Con Theo ho sempre avuto un bellissimo rapporto, abbiamo sempre avuto un filo trasparente che dall'America a Madrid ci legava, e ora è come se avessi la sensazione che questo filo si sta per spezzare.
È una brutta, bruttissima sensazione.

Metto i sandali e esco di casa senza salutare.
L'aria calda si impossessa di me, e piccoli brividi percorrono lungo la spina dorsale, fino ad arrivare al collo, odio il caldo, ho sempre odiato il caldo.
Arrivo al District Doughnut, il bar più famoso nella zona dove vivo io, ci lavora la mia migliore amica, Amelia.
Ha la mia età e viene in classe con me, ma al contrario di me si è trovata un lavoretto estivo, lavora al Discrict solo in giornata, non essendo maggiorenne non può lavorare la sera.
Mi avvicino a lei che è dietro al bancone che sta parlando con un ragazzo, mai visto prima d'ora.
Mi siedo sullo sgabello accanto al castano e le faccio un cenno di saluto.
«Ei.»
«Ciao.» Dico, sbattendo la testa contro il bancone con le mani in avanti.
«Che è successo?»
«Niente, non mi andava di stare in casa, ho discusso con i miei e Chris è impegnato a studiare.»
«Quel ragazzo non c'è un giorno dove non ha i libri in mano.» Dice, e io la fulmino con lo sguardo.
«Sta affrontando la maturità, l'anno prossimo toccherà a noi.»
Guardo alla mia destra e noto che il ragazzo ci sta ascoltando.
Ora che lo guardo meglio non è affatto male.
Ha i capelli castano scuro e porta un piercing al centro del labbro inferiore.
Si alza e va verso un altro gruppo di ragazzi, tra cui due in classe con noi, e l'altro mai visto.
«Chi è?» Chiedo.
«Un ragazzo, è di New York e si è trasferito qui da poco.»
«E il biondino?»
«È suo cugino.» Dice.
«Beh, carini."
Ridacchia. «Se ci parlassi, conoscendoti, non lo sopporteresti per più di un minuto.»
«Forse.»
«Come mai hai discusso con i tuoi?»
Mi siedo meglio sullo sgabello.
«Per la storia di Madrid.»
«Non ti ci vogliono mandare?» Chiede, intenta ad asciugare i bicchieri per poi metterli sullo scaffale.
«Esatto, vorrei convincerli, sto cercando di convincere anche Chris ad accompagnarmi.»
Mi guarda. «Verrei io, con te. Ma saremmo due minorenni.»
«Già.» Prendo un tovagliolo e inizio a giocarci, piegandolo in piccole striscette. «Sarebbe già tanto se riuscissi a convincerli a mandarmi con Chris, che è maggiorenne.»
«E se dovessi convincerli? Lo diresti a Theo?» Chiede sorridendo.
«Vorrei fargli una sorpresa, è da cinque mesi che non lo vedo e mi piacerebbe vedere la sua faccia sorpresa vedendomi li.»
Sorride e si rabbuia.
«Quanto vorrei un fratello.»
Certo, se fosse vicino...
«Ame, mi prepari due samba sour e due shottini alla menta?» Chiede il castano, mi rivolge uno sguardo veloce.
«Certamente.»
«Me li porti tu?»
Lei annuisce.
Chi beve alcol alle tre del pomeriggio?
«Grazie.» Dice, per poi tornare dai suoi amici.
«Mi piacerebbe venire a lavorare qui, sarei più a contatto con la gente.» Esordisco.
«Vieni, sono l'unica ragazza da sola durante il mio turno, ti farebbero fare i miei orari.»
«Vedró.»
Guardo il mondo in cui prepara i cocktail, pensavo fosse più difficile.
Io non saprei la quantità di alcol da mettere, probabilmente li farei troppo carichi o viceversa.
«Fai pratica, servili tu.» Dice, mettendomi sul bancone il vassoio.
«Sei pazza? Li farei cadere per terra, e mi vergogno.» Scuoto la testa.
«Se parti così, come pensi di voler venire a lavorare qui?» dice. «Devi solo arrivare fin lì e mettere sul tavolo i cocktail, non è nulla di faticoso.»
Roteo gli occhi sbuffando e mi alzo dallo sgabello, prendo il vassoio delle bevande e mi dirigo verso loro, con l'enorme ansia di inciampare in qualcosa.
«A voi.» Dico, posando i bicchieri sul tavolo.
«Uoo, Harvey.» Dice uno dei due, Mark.
Quanto odio quando mi chiama per cognome.
«Ciao.» Sorrido.
«Come vanno le vacanze? Il tuo ragazzo?»
«Bene, è impegnato con gli esami.»
«Ah già, lui pensa sempre a studiare.»
Gli do una vassoiata in testa.
«Anche tu dovrai pensare a studiare, l'anno prossimo. Alla maturità non chiudono un occhio.»
Annuisce disinteressato e indica i due ragazzi, il castano e il biondo.
«Li conosci?»
Sta biascicando, è ubriaco alle tre di pomeriggio.
Lo schifo.
«No.»
«Lui è Travis..» indica il castano. «e lui è Johnny.» Indica il biondo.
Porgo la mano a entrambi dicendo: «Yasmine, piacere.»
Travis mi stringe appena la mano, come se avesse schifo ad avere un contatto con me.
«E tu, paul? Come stai?» Chiedo.
«Bene, grazie.»
Gli rivolgo un finto sorriso, prendo il vassoio e torno da Amelia.
«Mi stanno sui nervi.»
Scoppia a ridere. «Ti conosco troppo bene, amica mia.»
Le sorrido. «Il tuo amico mi ha stretto la mano come se mi fossi appena pulita il culo.»
Scoppia di nuovo a ridere, si chiederanno il perché di tutte queste risate, e io rido insieme a lei. «Non ho l'ebola.»
«Te l'ho detto, è stronzo.»
«Quanto Mark?» Chiedo.
«Mh, peggio.»
Wow. Messi bene.
«Uo.»
Scuote la testa ridendo, e intanto il bar iniziava ad affollarsi un po' di più.
«Hai da fare, ci sentiamo più tardi?» Chiedo.
«Si, certo. Se vuoi stasera usciamo.»
«Penso che andrò da Chris, stasera. Se non ti faccio sapere niente significa che sarà per un'altra volta.» Sentenzio.
«Va bene.» Si sporge verso il bancone per darmi un bacio sulla guancia e io mi avvicino per poi risalutarla con la mano.

Esco dal bar e finalmente riesco a respirare aria pulita, ho sempre odiato l'odore dell'aroma del caffè nei bar chiusi, non mi piace, mi fa venire la nausea.
Mi siedo su un piccolo muretto e prendo il cellulare, digito il numero di Theo ma dopo dieci squilli non risponde, gli scrivo un messaggio.
-Mi manchi tanto, fratellino. Vorrei convincere la mamma a farmi venire da te, il desiderio di vederti è fortissimo.-
Premo invio e rimetto il telefono nella borsa, sperando in una risposta.
Quanto vorrei essere a Madrid, in questo momento.

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