Twelve.

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Mi siedo al tavolo, vedo mia mamma e mio papà arrivare con tre bicchieri d'acqua, si siedono di fronte a me ed entrambi appoggiano i gomiti sul tavolo.
«In realtà non sappiamo da dove iniziare, ma andremo dritti al punto, Yas.»
Il mio cuore inizia ad accelerare, ho già capito dove vogliono arrivare.
Incrocio le braccia al petto e aspetto che continuino.
«Ieri ti ho detto che ti avrei mandata a Madrid solo se anche papà fosse stato d'accordo, e papà non è d'accordo» dice.
Io sto zitta, non parlo.
Saetto lo sguardo da mia madre a mio padre aspettando delle spiegazioni.
«Credo che questo sia un passo molto grande per una ragazza di diciassette anni, quanti anni ha Travis?» chiede mio papà.
Rispondo: «Diciannove.»
«Esatto, lui è più grande di te ed è più responsabile, ma non lo conosciamo, non sappiamo che ragazzo è.»
Sbuffo. «Vi chiamerò dieci volte al giorno se necessario, e appena arrivo a Madrid vi faccio chiamare da Theo.»
«No, Yasmine. Non si discute.»
Mantengo un tono calmo, per non peggiorare la situazione. «Non mi tiro indietro, Travis ha già prenotato i biglietti.» Mento.
Dovrebbe ordinarli domani, quando carica la poste pay.
«Cosa? Come avete fatto a organizzare tutto?» chiede mia mamma. «L'orario? Il prezzo?»
«Siamo andati sul sito, e abbiamo preso il biglietto con il prezzo più ragionevole, per il 29 agosto. Ha voluto prenderlo subito, per evitare che ce li rubassero, mi ha detto che posso darglieli non appena il District mi avrà pagata» spiego. «Io andró a Madrid, non posso disdire.»
«Puoi farti rimborsare i soldi.» Dice mio padre. Mi alzo ed esco di casa sbattendo la porta.
Incredibile come mi facciano perdere la pazienza così facilmente, a volte vorrei solo capire se lo facciano apposta o no.
Cristo, posso capire, ho diciassette anni e mandarmi dall'altra parte del mondo non dev'essere semplice, è normale che due genitori si preoccupando, che genitori sarebbero? Ma non possono dirmi una cosa per poi cambiare subito idea. Non vado da sola, non ci andrei mai da sola, ci vado con un diciannovenne, con lui in questo periodo sto legando particolarmente.
Non avrei mai pensato che potessimo diventare amici, è sempre insopportabile, ma ho capito che in fondo, dietro a quel ragazzo egoista, egocentrico, che si porta a casa trenta ragazze alla settimana, si nasconde un filo di dolcezza.
Cammino per strada e appena sento il mio nome mi giro di scatto.
Ogni volta che ho bisogno, lui c'è.
Sembra che sa quando non sto bene, e ogni volta cerca di starmi accanto.
Mi avvicino a lui e gli cingo i fianchi con le mie braccia, sembra stranito da quell'avvicinamento.
Da quando ci conosciamo ci saremo abbracciarti tre volte.
Si rilassa e posa le mani sulla mia schiena, piccole lacrime cadono sulle mie guance e lui se ne accorge.
Mi mette l'indice sotto al mento per farsi guardare negli occhi.
«Cosa c'è?» Chiede, con voce calda, roca.
Mi stacco da lui e mi siedo sul marciapiede, si siede accanto a me e mi fissa.
«Perché quando sembra che le cose vadano per il verso giusto, c'è sempre qualcosa che deve andare storto?» Chiedo.
«Ti riferisci ad Amelia?»
Anche.
«Si, e ai miei genitori.»
«Perché?»
Ho la gola secca.
«Non vogliono mandarmi, Travis. Non vogliono mandarmi a Madrid. Dicono che non ti conoscono abbastanza, dicono che io ho solo diciassette anni e non è l'età per andare in vacanza da sola, così lontano.»
«Ma non avevano detto di sì?» Chiede, deluso da ciò che ho detto.
«Mia mamma ieri mi ha detto che solo se mio padre fosse stato d'accordo, mi avrebbe mandata. Ma io ero davvero convinta che riuscisse a convincerlo, invece a quanto pare no.»
«Ti devo dire una cosa.» Dice, frugando nella tasca dei pantaloni.
«Cosa?»
Si lecca le labbra per poi prendersi il piercing tra i denti.
Non ho mai baciato nessuno con il piercing al labbro, chissà cosa si prova.
Scaccio quel pensiero.
Ha due foglietti in mano, chiudo gli occhi.
«Oggi sono andato in agenzia di viaggi e ho ritirato i biglietti, volevo averli in mano, saper per certo che saremmo partiti.»
Stringo le labbra, mi mordo la lingua e guardo in alto, per scacciare le lacrime che stavano per cadere sul mio viso, ma fallisco.
Mi posa una mano sulla schiena, per poi farmi appoggiare la testa sulla sua spalla.
«Cerca di riconvincerli, quando torni a casa. Se ti diranno ancora di no, ci faremo rimborsare i soldi.»
Ci?
«Tu non ci vai?» Chiedo.
«Non lo so, non ci vorrei andare da solo.» Fa una piccola pausa, poi riprende a parlare. «E con Ame? Cos'è successo?»
Mi scosto per poter guardarlo negli occhi. «È convinta che tra me e te ci sia qualcosa.»
«Te l'ha detto?»
Annuisco. «Al mare.»
«Ed è per questo motivo per cui si comportava in quel modo?»
Annuisco di nuovo. «Diceva che non si sentiva considerata, che tu giocavi con lei e appena arrivavo io la lasciavi stare, stavi solo con me. E non è vero.» Mento, perché si, è vero, me ne sono resa conto anch'io.
«Lo so.» Mi sorprende.
«Lo sai?»
«Si, me ne sono accorto anch'io, con lei non mi comporto come mi comporto con te, Yas.»
«Ma io sono tua amica.»
Deglutisce, chiude gli occhi, respira profondamente e poi li riapre. «Si ma, tu mi fai qualcosa di strano.»
«Cosa ti faccio?»
«Non lo so. Non ero così prima di conoscerti, rimango sempre il coglione di sempre ma non mi sono mai preoccupato di una persona in particolare. Non mi piace vederti stare male, e quando ti vedo stare male devo per forza fare qualcosa che ti faccia stare meglio. Davvero, Yas. Anche in questo momento, vorrei andare dai tuoi genitori e scongiurarli di farti partire con me, vorrei andare da Ame e chiederle di trattarti bene, perché tu stai male per lei, e si vede.» Abbassa la testa imbarazzato.
Non so che dire, mi limito ad abbracciarlo, e lui mi stringe più a se.
Quando sto con lui riesco a smettere di pensare a Chris, mi manca, ma non quando c'è Travis.
«Vorrei poterti giurare che andrà tutto bene, che tra diciassette giorni saremo su quell'aereo, ma non posso. Non voglio illuderti, Yas.»
Mi viene da piangere, stringo la sua maglietta e mi lamento per averla bagnata, che stupida che sono.
Lo guardo, mi asciuga le lacrime e io mi preparo per la domanda che sto per fargli.
«Posso chiederti una cosa?»
Annuisce.
«Non c'entra niente con quello di cui stiamo parlando.»
«Chiedi pure.» Dice.
«Tu e... insomma, tu e Ame avete mai...»
Sorride, continuando ad asciugare le mie guance. «Ci siamo andati vicino.»
«Cioè?»
«Preliminari.» Stringe le labbra per cercare di non sorridere, ma fallisce.
Sorride sempre quando è con me, e mi piace, questo.
«E quand'è l'ultima che c'è stato qualcosa, tra di voi?»
Forma un cerchio con le labbra e ci pensa su, per poi dire: «Domenica, mi pare... Si, domenica!»
Quattro giorni fa, quindi.
Annuisco.
«Perché me lo chiedi?» Chiede, rimanendo con il braccio intorno alla mia vita, la mia testa è ancora appoggiata alla sua spalla e appena cerco di staccarmi si lamenta, facendomi accucciare di nuovo sulla sua spalla.
«Per pura curiosità.»
«Ma non ci posso credere!» Sbraita una voce, alzo la testa e mi stacco subito da Travis scattando in piedi. «Stavo venendo a casa tua per scusarmi per il mio comportamento e poi vi trovo... così.»
Sia io che Travis ci alziamo in piedi. «Ame, quante volte ti ho detto che tra me e te non c'è nulla?»
«Tu stanne fuori.» Urla lei, avvicinandosi a me con passo furioso, Travis si mette davanti a me allargando le braccia in segno di protezione, ha davvero paura che Ame mi metta le mani addosso?
«Non dirmi di starne fuori, in tutte le vostre litigate c'entro io e mi sono stufato.»
«È la mia migliore amica e si accolla a te come una cozza, mi dà fastidio!»
«Se sei la sua migliore amica, come mai al mio posto non c'eri tu, a consolarla?»
«Perché non mi parla più di niente!» Sbraita sbattendo i piedi per terra.
«Ma ci sarà un motivo, cazzo. Se tu continui a comportanti in quel modo scontroso, con lei, non riuscirai mai ad ottenere niente. E tra me e te non c'è nulla, Amelia. Mettitelo in testa.»
«A voi piace prendermi per il culo, vero?»
«BASTA!» urlo, esasperata. «Tu, smettila di difendermi, ma la so cavare da sola, cavolo! E quanto a te, come ha detto Travis, fatti due domande sul fatto che delle mie cose non te ne parlo più. Ti comporti in modo così superficiale, come se tu puoi fare tutto e io no, come se tu sai tutto della vita, e io no! Travis non è proprietà privata, e se io ho voglia di abbracciarlo, lo faccio. Che tu voglia, o no.»
Lascio lì entrambi, e corro verso casa.
Il resto, se lo vedranno loro, ero stanca di sentirli urlare, parlare di me come se io non fossi lì.
Sono stanca di sentirmi invisibile.

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