Six.

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"A volte basterebbe soltanto parlare, parlare tranquillamente, dicendo la verità.
Ma se dall'altra parte non c'è la stessa voglia di ascoltare, e di fidarsi è inutile."
-me

«Tu sei mia figlia, io sono tua mamma e una mamma capisce quando sua figlia ha qualcosa che non va.» Si siede sul bracciolo del divano e mi mette una mano sulla spalla, per incitarmi a dire ciò che mi passa per la testa, ma non ho voglia di parlarne, non ho proprio voglia di parlare. «Mi vuoi dire cos'hai?»
«Non ho niente, mamma. Ho solo bisogno di un excedrin.» Sto per alzarmi dal divano ma lei mi preme la mano contro la spalla, per farmi stare seduta. «Ho mal di testa, devo prendere un excedrin.»
«Te lo porto io.» Si alza, va in cucina e torna dopo pochi secondi con un bicchiere d'acqua e una pastiglia.
«Grazie.»
«Hai litigato con Chris?»
Scuoto la testa.
Mi fa piacere che si preoccupi per me, ma parlare mi farebbe stare peggio di come sto.
Non ho commesso nessun errore, non chiedo mai scusa quando sono dalla parte della ragione, e ora sono arrivata al punto di farlo.
Gli ho chiesto scusa pur sapendo di non essere in torto.
«Ti va se facciamo un giro in centro? Potremmo mangiare un buon gelato e magari ti tiri su di morale.»
Sorrido e annuisco, e a lei si illuminano gli occhi dalla felicità.
«Vado in bagno, mi sistemo e torno.» Dice, per poi sparire.

«Guarda che bel vestito!» Indica una vetrina e io sbuffo.
Mi è sempre piaciuto girare per le strade dell'America con mia mamma, ma non sto bene, non sto per niente bene.
Il solo pensiero che potrei perdere Chris mi manda fuori di testa, ma lui in questo momento non merita neanche una mia lacrima.
Dovrebbe conoscermi, dovrebbe sapere che non lo tradirei mai, eppure è così arrabbiato.. Non vuole credermi, e io non so che fare. Non posso farci niente.
«Guarda! Entriamo, devi provarti quel vestito!»
Mi prende la mano e mi tira verso il negozio ma io mi scanso. «Mamma, no. Non ho voglia.»
Lei sbuffa, e si posa davanti a me.
«Non mi piace vederti così.» Dice, mettendomi una mano sulla guancia.
«Io st..." Mi interrompo quando vedo Travis dietro alle spalle di mia mamma.
Era distratto, ma appena mi nota inizia ad affrettare il passo e in poco meno di cinque secondi me lo ritrovo di fronte.
«Salve, signora. Posso.. emh, posso parlare un attimo con sua figlia?» Prendo la mano di mia mamma e inizio a camminare, con lei che mi seguiva senza capire niente.
Travis mi afferra la mano non occupata e mi dice: «Un minuto.»
Lancio un veloce sguardo a mia mamma e lei si allontana, ma rimanendo sempre nei paraggi.
«Cosa vuoi?» Gli chiedo con voce acida, era l'unico tono con la quale riuscivo a rivolgergli parola.
«Voglio parlarti.»
Mi metto a braccia conserte. «Io non ho niente da dirti, Travis.»
«Picchiami, dammi un'altra sberla.»
Inarco le sopracciglia e lo guardo stranita.
«Cosa stai dicendo?»
Si lecca le labbra e dice: «Picchiami.»
«Non ti darò questa soddisfazione.»
«Mi sentirei soddisfatto se mi picchiassi, secondo te?»
«Si.» Rispondo. «Con questo cos'hai concluso?»
«Niente, non ti ho ancora detto niente di quello che volevo dirti.»
Che si sbrigasse, allora.
Gli facci cenno di continuare e lui apre bocca ma lo interrompo prima che possa dire qualcosa. «Ti dico subito che se mi stai per dire qualcosa su una delle tue battutine sul fatto che potresti soddisfarmi, giuro che me ne vado.»
Sorride. «No.» Emette una piccola risatina, ebete. «Premetto che in vita mia ho chiesto scusa si e no una volta.»
«Allora fallo, chiedimi scusa.»
«Ritornerà tutto come prima, se lo facessi?»
Scoppio a ridere, e mi giro verso mia mamma per vedere cosa stava facendo.
È di fronte alla vetrina di chanel e sta ammirando uno dei suoi vestiti preferiti, ed in tanto in tanto mi lanciava degli sguardi veloci, per assicurarsi che stessi bene.
«Perché ridi?»
«Non può tornare tutto come prima se prima non c'era neanche amicizia.»
«Potrebbe esserci.» Sorride, e vorrei prenderlo a pugni.
«Non voglio essere tua amica, mi basta essere una tua conoscente, e vorrei tanto non esserlo. Credimi.»
«Non mi conosci, tesoro.» Fa un occhiolino al quanto sexy, ma mi sbrigo a scacciare quell'assurdo pensiero. Lui non è sexy, è solamente fastidioso. «Potresti avere la possibilità di conoscermi, però.»
«Mi sto arrabbiando, dimmi ciò che hai da dire e poi vattene.»
«Niente, non devo dirti niente.»
Mette le mani in tasca e con fate strafottente tira fuori dalla tasca dei jeans una sigaretta insieme a un accendino e se l'accende.
«Per un momento ho pensato che fossi una persona normale, che chiede scusa quando ha torto. Ma chiedo troppo, chiedo davvero troppo.»
Sto per girarmi ma Travis mi prende un braccio, per l'ennesima volta in una giornata.
«Scusa.»
Sbuffo, alzando gli occhi al cielo.
Troppo semplice fare le cose perché te lo dicono gli altri.
«Senti, io non so davvero cosa mi è preso, io non..»
Lo interrompo. «Non è vero, non farmi credere che queste non sono cose che fai giornalmente.»
«In che senso?»
«Nel senso che tutti quegli aggettivi, che ti ho dato davanti a casa mia, ti rispecchiano in pieno. E ne ho avuto la prova.»
Prende un'altra volta il mio braccio e mi divincolo. «Lasciami in pace, Travis.»
Lo mollo lì e vado da mia mamma, più veloce che posso prima che mi intrattenesse ancora.

«Ma chi è? Che cosa voleva?»
«Il ragazzo con la quale stavo parlando ieri sera a casa nostra.» Dico con non curanza, andando verso una vetrina.
Mi prende per il braccio e mi costringe a fermarmi.
Oggi ce l'hanno tutti con il mio braccio?
«Cosa c'è tra di voi?»
«Niente, mamma! Assolutamente niente!»
Sospira. «E allora cosa doveva dirti?»
«Mi stava parlando di una cosa che è successa tra lui e Ame, hanno litigato e si voleva sfogare. Noi due siamo semplici amici.» Mento, in realtà non siamo niente ma non ho voglia di spiegarle tutta la storia, non capirebbe.
«Sembravi arrabbiata con lui, mi hai preso la mano e te ne stavi andando via.»
Mi avvicino a una vetrina. «Guarda! È stupendo!» Esclamo indicando un vestito, cercando di cambiare argomento.
Ha capito che era quello il mio intento, ma fa finta di niente e lascia il discorso a metà, si è resa conto del fatto che non ne voglio parlare, ma sa che c'è sotto qualcosa.

«Pronto?»
«Ame!» Esclamo, sedendomi sul letto.
È la quarta volta che la chiamo, e finalmente mi ha risposto.
«Dimmi.»
«Non devi avercela con me.»
La sento sbuffare. «Non so se ti sei resa conto di quello che hai fatto.»
«E tu ti sei resa conto di quello che ha fatto il tuo ragazzo?»
«Non puoi picchiarlo, Yasmine! Ti sei comportata malissimo.»
«Lo difendi solo perché ti piace? Se solo sapessi che ti sta solo prendendo per il culo e se solo sapessi quello che mi ha detto di te, cambieresti idea. Non lo difenderesti come stai facendo adesso.» Dico, sono consapevole di sbagliare, sto sbagliando a mettere in mezzo a questa situazione la loro non relazione, ma si comporta come se lo conoscesse da una vita, si comporta come se adesso ci fosse solo lui in questo mondo.
Travis è una persona indifendibile.
«Sei gelosa, per caso? Sei gelosa di me?»
«Perché dovrei essere gelosa, se io un ragazzo ce l'ho da ben due anni?»
«Perché forse non ti soddisfa come sa fare Travis. Forse non ti diverti, insieme a lui.»
Non la riconosco più, e per fortuna stiamo parlando tramite un telefono, non sarei cosciente di ciò che farei.
Sentirmi parlare in questo modo, proprio da lei, mi fa andare su tutte le furie.
«Non sono una troia, Amelia. Posso vivere anche senza il sesso, e se mi fossi sentita pronta, se avessi sentito il bisogno di farlo l'avrei già fatto.»
«Stai insinuando che io sia una troia?»
Alzo gli occhi al cielo e non rispondo.
Si sta comportando da tale.
Ficca la lingua in bocca a uno sconosciuto pur sapendo che lui non la vuole, che lui vuole tutte, che lui è fidanzato ma non si accontenta di una sola bocca.
Da ragione a lui su un argomento, riconoscente, spero, del fatto che la ragione questa volta sia dalla mia parte.
Ma è troppo accecata da lui per ammetterlo.
E infine si comporta da amica stronza, rinfacciandomi che lei ha già praticato il sesso e io no.
«Parlare con te sta diventando sempre più inutile.» Dico a denti stretti.
«Bene, allora puoi pure chiudermi il telefono in faccia, a me non fa differenza.»
Spalanco la bocca, sbarro gli occhi e chiudo la cornetta.
Ho gli occhi lucidi e mi prometto di non mettermi a piangere, sono sola in cameretta ma non voglio piangere per lei. Non voglio proprio.

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