Capitolo 6 - Grot

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Il sole aveva da poco fatto la sua comparsa nel cielo, avvisando tutte le creature di Erim che era arrivato il momento di cominciare una nuova giornata. Calen stava beatamente dormendo nel suo fatiscente letto, quando il rumore sordo di due coperchi di pentole che sbattono, lo fece saltare da sotto le coperte, portando i battiti del suo cuore a duecento al minuto. Julian se ne stava in piedi vicino la porta, con una spalla poggiata allo stipite, indossando un ghigno sadico in faccia e le due armi del delitto fra le mani, incurante come sempre.
«Prepararti immediatamente. Stamattina ad accompagnarti a Belvard ci penserà Cassidy. È pur sempre il tuo primo giorno e non voglio avere problemi fin da subito.» disse senza neanche guardarlo in faccia «Hai cinque minuti per scendere.» aggiunse voltandogli le spalle per andarsene, senza neanche attendere risposta.
Calen sfarfallò le palpebre rimanendo per qualche istante a fissare il vuoto di fronte a sé. «Ma che razza di modo di svegliare la gente è questo?» borbottò poi, con ancora gli occhi semichiusi.
Con non poca fatica si tirò giù dal letto e si diresse in bagno pronto per lavarsi e darsi una parvenza di aspetto decente. Si guardò allo specchio notando che il livido lasciato dal colpo preso il giorno prima era completamente scomparso. Cass aveva ragione. Quella cosa puzzolente e giallognola era veramente una pomata miracolosa. Peccato che non potesse disporne sempre. Si sciacquò velocemente il viso prendendo a sistemare i ciuffi biondi come sempre troppo disordinati.
Aveva un aspetto veramente pauroso. Non che non ci fosse abituato, in fin dei conti ogni mattina si ricordava di come la sua vita facesse schifo a neanche diciassette anni compiuti, però, ogni tanto, quando si fermava ad osservare la sua faccia scarna e pallida e la sua corporatura minuta e gracilina, si chiedeva sempre perché la vita con lui fosse stata così ingiusta. Fosse stato un po' più alto e robusto, dubitava che si sarebbe trovato afflitto da tutti i problemi che invece aveva.
Pazienza.
Prima di uscire dalla stanza, con sua grande sorpresa, notò sul mobiletto lì accanto un nuovo cambio d'abito accompagnato da un biglietto scritto a mano: "Visto che non sei stato accolto nel migliore dei modi, ci siamo presi la libertà di comprarti un regalino di benvenuto! Speriamo ti piaccia. Cass e Scar."
Calen afferrò i vestiti sorridendo intenerito per quel pensiero. Il completo era composto da morbidi pantaloni neri, lucidi e borchiati sui lati; da una camicetta bianca con maniche a sbuffo; da un gilet sempre nero con motivi decorativi in fili d'oro e da un paio di stivaletti alla caviglia lucidi con la punta dorata. Era elegantissimo, di uno stile molto particolare. Bisognava dire inoltre che gli calzava davvero a pennello e in più si addiceva sicuramente molto meglio all'atmosfera di Erim rispetto ai suoi abiti normali.
Entusiasta del suo nuovo aspetto, ripiegò con cura il biglietto nascondendolo nella tasca della giacchetta e scese al piano di sotto pronto a ringraziare i suoi compagni. Ad attenderlo però non c'erano né Cassidy, né Scarlett, ancora beatamente dormienti nelle loro stanze, ma solo scope, stracci per pulire e stoviglie sporche.
Confuso, si gettò una rapida occhiata intorno e alla fine si decise a entrare nella sala da pranzo. Di spalle alla porta vide Julian seduto a capotavola mentre addentava una mela e con una mano gli faceva segno di entrare e sedersi. Calen mosse qualche passo titubante, andando ad accomodarsi dove aveva preso posto l'ultima volta e si acquietò pacifico, solo leggermente intimorito. Il più grande alzò lo sguardo puntandolo su di lui, osservandolo con aria estremamente seccata. «Hai pure bisogno che ti dica di mangiare?» lo sfotté.
Calen si agitò a disagio sulla sedia scuotendo il capo. Non aveva molta fame, ma con tutto quello che Julian aveva in mente di fargli fare, forse era meglio se si sforzava di ingerire qualcosina.
«Vedo anche che hai una bella parlantina.» continuò a scimmiottarlo, fissandolo insistentemente mentre allungava una mano nel cesto di frutta.
Calen di nuovo si strinse nelle spalle mantenendo lo sguardo basso.
«D'accordo, come ti pare.» sospirò l'altro lasciando perdere, mentre sentiva chiaramente salire la stizza. Non capiva davvero cosa gli passasse per la testa. L'unica cosa di cui era certo, era che quel modo di fare gli urtava i nervi peggio di qualsiasi altra cosa. Da fuori, Calen, sembrava veramente uno scemo. Non parlava, non si muoveva, non rispondeva. Lo si metteva da una parte e fine. Peggio di un soprammobile e Julian doveva ancora capire dove risiedesse tutta questa particolarità che aveva indotto il Grimorio di Diamante a sceglierlo come suo firmatario. Non poteva credere che tutti i Riftwalkers fossero così anonimi e insipidi come lui.
Calen invece doveva ancora capire perché quel ragazzo ce l'avesse così tanto con lui. Non gli aveva fatto assolutamente niente da quando era arrivato. Vero era che non si erano conosciuti proprio nel modo migliore, ma alla fine era stato chiarito abbondantemente che lui non aveva cattive intenzioni. Che fosse sul serio così arrabbiato perché semplicemente non lo voleva intorno? Che fosse sul serio tutta colpa di una sensazione a pelle? Non lo sapeva. Tutto quello di cui era sicuro era che se doveva passare necessariamente del tempo da solo con lui, avrebbe per forza dovuto iniziare a fare ricorso a tutta la sua forza d'animo.
«Visto che non hai niente da dire, ne approfitto per ricordarti quello che devi fare.» asserì il più grande puntellando i gomiti sul tavolo e incrociando le mani per poggiarvi sopra il mento. «Come ti ho già detto non sei un ospite. Se vuoi continuare a stare qui devi darti da fare. Hai a disposizione mezza mattinata per pulire e mettere in ordine tutto. Dopodiché Cassidy ti farà vedere la strada per arrivare a Belvard e tutte le commissioni che abbiamo da sbrigare praticamente ogni giorno. Vedi di imparare in fretta, nessuno ha tempo di seguirti passo per passo.»
Su questo era già stato molto più che chiaro, ma ripetersi non poteva fare male.
«Quando sarai tornato indietro passerai all'armeria, sperando che tu riesca a pulire tutto senza ferirti, ovviamente. Magari sarà anche l'occasione giusta per iniziare a familiarizzare con qualche strumento.»
Calen quasi si strozzò con l'acqua. Lui e armeria nella stessa frase non suonava granché bene.
«Nel pomeriggio ti aspetto sul perimetro per l'allenamento. Non voglio perdere neanche un secondo. Prima inizi a capire come funziona qui e meglio sarà per tutti. Già tremo al solo pensiero di vederti lì fuori nel tuo stato attuale.» esclamò con una smorfia irriproducibile.
Calen posò delicatamente in bicchiere sul tavolo inspirando a fondo.
Julian non poteva vederlo lì fuori, ma lui proprio non si vedeva lì senza impazzire dopo il secondo giorno. Era una follia, ma per chi l'avevano preso?
«Hai almeno capito quello che ti ho detto?» domandò di nuovo il corvino seriamente preoccupato per la sua sanità mentale, non sentendo giungere risposta.
«Sì, tutto chiaro.» rispose a mezza bocca incrociando timidamente i suoi occhi chiarissimi.
«Lo spero bene.» concluse lapidario Julian, prima di liquidarlo con un'altra occhiataccia e sparire nuovamente nel suo studio.
E meno male che il giorno prima gli aveva garantito che avrebbe avuto anche il tempo per dedicarsi alla sua missione. Calen già si stava domandando quando avrebbe letto i libri che Callista gli aveva lasciato. Aveva il presentimento che almeno finché si trovava lì, avrebbe dormito molto poco.
La sua massima aspirazione non era quella di diventare la migliore donna delle pulizie di sempre, ma non avrebbe mai avuto il coraggio di ribellarsi a quello che Julian gli imponeva. Già non sapeva difendersi da degli innocui bulli, figuriamoci da uno che la prima volta che si erano visti lo aveva minacciato con uno spadino alla gola.
Sospirò affranto alzandosi, guardandosi intorno e decidendo da cosa cominciare.
Fare le pulizie in un posto immenso come quella villa rimaneva comunque qualcosa di molto simile ad un allenamento fisico. Pulire tutta la cucina lavando ogni singolo attrezzo e anfratto, la biblioteca e tutti gli scaffali, la sala da pranzo infinita e tutte le altre salette più piccole, lo avevano già stancato. Quando poi era passato al piano di sopra avrebbe voluto urlare, mollare tutto e tornare a dormire fino al pomeriggio. Non immaginava come avrebbe fatto a fare quello tutti i giorni a seguire.
Quando ebbe finito, il grande orologio appeso nel salone centrale segnava appena le undici.
Decise autonomamente di prendersi cinque minuti di meritata pausa afflosciandosi sul pavimento, poggiando il capo sul muro gelido. Chiuse gli occhi riposando anche il cervello. Non è che gli mancasse propriamente casa, solo che non aveva ancora imparato a sentirsi a suo agio in quel nuovo spazio che aveva esplorato ormai da cima a fondo. E sapeva che non era colpa dell'atmosfera diversa, ma solo ed unicamente di una persona.
Non voleva finire per pensarci ogni minuto di ogni giorno, ma era più forte di lui. Non trovava davvero la motivazione dietro tanta insofferenza. Non gli aveva dato fastidio l'essere sommerso di compiti da svolgere, lui in primo luogo non avrebbe voluto vivere lì a spese di qualcun altro. Gli avevano sempre insegnato a rimboccarsi le maniche e lui lo faceva anche volentieri, era un modo di sdebitarsi in un certo senso. Erano le parole, i gesti e il tono con cui gli era stato imposto tutto quello ad averlo infastidito.
Julian era inquietante, nel senso che faceva veramente paura. Ma se Calen ormai doveva viverci a stretto contatto non poteva permettersi di fare la figura dello stoccafisso ogni volta che ci aveva a che fare. Prima o poi avrebbe dovuto imparare ad affrontarlo come qualsiasi altra persona ed era questa la cosa che lo turbava più di tutte. Chissà se ce l'avrebbe fatta.
Sospirò di nuovo sconsolato proprio mentre Cassidy usciva dallo studio di Julian e gli si avvicinava con un mezzo sorriso. «Stanco?» gli domandò con una lievissima punta di pena nella voce.
In realtà Calen gli faceva davvero molta tenerezza. Aveva capito subito che genere di persona fosse, così puro e ingenuo che solo vederlo con quel visino triste era una batosta.
Il biondo scosse il capo sollevandosi in piedi, salutandolo a sua volta con un bel sorriso. «Non più di tanto.» mormorò stringendosi nelle spalle «Piuttosto volevo ringraziare sia te che Scar per questi vestiti, li adoro.» esclamò felice.
«Non dirlo neanche, sono contento che ti piacciano e devo dire che ti stanno proprio bene.» annuì convinto squadrandolo da capo a piedi.
«Sì, sono comodissimi.»
«Senti, non voglio rovinare la festa, ma Julian mi ha detto di accompagnarti a Belvard oggi visto che sicuramente non avrai memorizzato la strada.» gli ricordò grattandosi la nuca in imbarazzo. «Credimi, mi dispiace un sacco per tutto questo. Scarlett ed io abbiamo provato ad insistere sul fatto di darti una mano, ma non è servito a molto. Quando Julian si mette in testa una cosa è difficile fargli cambiare idea.»
«Non ti preoccupare, mi fa piacere dare una mano finché sono qui.» lo rassicurò.
Calen tra l'altro poteva benissimo immaginare la scena – solita – di Scarlett che urlava ed inveiva come una furia contro il compagno e questo che la liquidava con un'alzata di spalle o uno sbuffo.
«Non mi pesa per niente, quindi sul serio, non farti problemi.» questa invece era una bugia, ma almeno detta a fin di bene.
Cassidy annuì lasciandogli una pacca sulla spalla, pensando di nuovo che nonostante le apparenze, Calen fosse sul serio un ragazzo in gamba.
«Se sei pronto allora possiamo anche andare, prima finiamo e prima torniamo indietro.»
«Sono prontissimo, possiamo partire!» esclamò il biondo con fare teatrale.
«Ah beh, se mi rispondi così dovrò dire a Julian che adori sbrigare queste commissioni.» lo prese in giro ridacchiando.
Calen sgranò gli occhi guardandolo supplicante. «Ti prego non farlo.» mormorò serio, mentre Cassidy usciva dalla villa quasi piegato in due dalle risate.
Come previsto Calen non si ricordava affatto la strada che dalla villa portava a Belvard e che ci volesse poco più di mezz'ora a piedi. La prima volta che aveva attraversato il boschetto lo aveva fatto praticamente con i paraocchi, troppo interessato alla conversazione che stava avendo con i due nuovi compagni. I tre avevano sapientemente scelto un ottimo posto come base: fuori mano in un bosco, di modo che eventuali impiccioni se ne stessero alla larga e abbastanza grande da potersi preparare in tranquillità, ma comunque abbastanza vicino ad un centro abitato per poter coprire in breve tempo la distanza che li separava e fare rifornimento del necessario.
Durante tutto il tragitto il ragazzo dagli occhi verdi lo aveva esaustivamente istruito sul valore delle monete, visti i precedenti e un po' sulla geografia locale perdendosi in chiacchiere che a Calen sembravano comunque fin troppo interessanti.
Belvard era davvero un bel paesello, molto normale e tranquillo. Cass gli aveva raccontato che generalmente nelle piccole cittadine di periferia era difficile incontrare creature tanto bizzarre - e lui, su bizzarre, non aveva voluto indagare più di tanto - perché queste si concentravano specialmente nelle grandi città come Wendes, la capitale di Erim.
Secondo quanto gli stava spiegando, Erim era divisa in tre grandi regni: Wendes, la capitale, Woodsgram e Wingard; ognuno col proprio reggente ed una serie di domini. Il primo, essendo il più esteso e con una posizione favorevole era stato assunto come punto di riferimento per gli altri due. In più, ogni reame era diviso in livelli territoriali. La città in sé per sé era considerata "livello zero", i dintorni immediati "livello uno"; "livello due" e così via. Loro si trovavano al "livello quattro" ad una distanza media. I territori più lontani invece erano costituiti essenzialmente da foreste, spiagge e mare. Anche i mari erano divisi secondo accordi specifici per evitare conflitti a livello economico e commerciale. Tutto era stato ben bilanciato di modo che non ci fossero occasioni per poter dichiarare guerra. Ad assicurare la pace e la non belligeranza poi erano presenti delle pietre particolari: la Pietra Omi – e qui Calen si era illuminato ricordandosi delle chiacchiere a palazzo -, la Pietra Edra e la Pietra Amos, rispettivamente appartenenti ad uno dei regni. Tutto, per quanto idealmente, era stato studiato nei minimi dettagli per non suscitare invidie o desideri di onnipotenza, ma ovviamente c'era chi nonostante tutto non si accontentava mai, proprio come Hollow.
«Quindi essenzialmente chi è questo Hollow?» aveva chiesto Calen ad un certo punto.
Lo aveva sentito nominare tantissime volte ed era pure stato accusato di lavorare per lui, anche se non sapeva proprio chi fosse.
«È una storia decisamente molto lunga, troppo lunga.» rispose l'altro mentre cominciavano ad addentrarsi nel cuore del borgo «Magari in un altro momento te la spiegherò dettagliatamente. Per ora, per farla breve, ti posso dire che Hollow è un mago estremamente pericoloso e completamente impazzito che ha deciso di dichiarare guerra al continente intero. Combattiamo contro di lui da anni, ma fino ad ora non siamo mai riusciti a portare a casa dei buoni risultati.» disse liquidando il tutto molto velocemente. «È anche per questo che all'inizio eravamo tutti un po' suscettibili quando Julian ha ipotizzato che lavorassi per conto suo.»
Calen iniziò a sospettare che, per qualche strano e personale motivo, a Cassidy non piacesse molto parlare di quell'argomento, esattamente come era avvenuto quando gli aveva chiesto notizie sui Lonit. Per il momento non aveva tutta questa urgenza di capire subito fino in fondo i meccanismi di quel luogo, aveva altro di più urgente a cui pensare, per cui decise di non insistere, lasciandosi distrarre volentieri dalle sue nuove mansioni.
«Pronto per andare a fare acquisti?» gli domandò il ragazzo, fermandosi di fronte ad una palazzina tinta di un verde pastello a più piani, con piccole finestre strette e cornicioni bianchi decorati con bassorilievi a delimitarne gli strati. Al pianterreno, apparentemente più alto rispetto agli altri, si accedeva tramite un' enorme porta ad arco a tutto sesto che, assieme alle finestrelle, faceva entrare all'interno dello stabile parecchia luce. Al lato della porta, affissa a un bastone di ferro che sporgeva dalla parete, c'era un'insegna di legno che riportava l'immagine di un fiore Giallo molto grande.
«Questo è il negozio di medicamenti, lo riconosci dall'insegna col fiore di Ydris, te lo ricordi?»
Calen annuì storcendo il naso.
Come dimenticarsi quel tanfo orripilante.
«Da quel fiore si ricavano un sacco di creme ed unguenti, ecco perché è stato assunto come simbolo dalla gilda dei curatori.» gli spiegò Cassidy.
Era praticamente un'arma a doppio taglio quel fiore così bello e particolare: curava parecchi mali, ma poteva far svenire alla velocità della luce per quanto puzzava.
«Vieni, abbiamo bisogno di scorte. Anzi» si corresse «avrai bisogno di scorte.» comunicò, lasciando l'altro alquanto interdetto.
L'interno della palazzina assomigliava ad una vera e propria farmacia. Sul fondo della sala c'era un bancone dove facevano avanti e indietro un sacco di winged. Inutile dire che per tutto il tempo in cui fecero acquisti, Calen squadrò da capo a piedi le creature alate tenendosene a debita distanza.
Al centro della sala si imponeva un enorme tavolo su cui erano esposte una miriade di piante sia di piccola che di media grandezza, mentre alle pareti erano affisse delle grandi ed altissime scaffalature colme di tubetti, barattoli, scatoline e vari contenitori dalle forme bizzarre.
Cassidy aveva lasciato che fosse Calen ad occuparsi di tutto, avrebbe pur dovuto imparare a gestire la sua ansia nei confronti degli winged e ad usare il denaro corrente, che gli sarebbe piaciuto o meno. Dopo circa quindici minuti di spesa lampo e attacchi di cuore multipli, Calen uscì con un sacchetto coloratissimo e profumatissimo ed una faccia abbastanza soddisfatta. Gli winged non erano poi così male.
Cassidy si complimentò con lui e, dopo averlo preso sotto braccio, lo trascinò davanti ad un edificio rosso brillante, molto ampio ad un solo piano, con all'esterno un insegna dove era incisa la scritta "Marvin's".
«Questo è il negozio di alimentari, ma qui ci trovi di tutto a dire il vero. Per qualunque problema rivolgiti al proprietario, ci conosce da anni e può darti una mano in qualsiasi cosa se hai difficoltà.» come a dimostrazione di quanto appena detto, un grassoccio uomo sulla quarantina con i capelli scuri tutti arruffati, si fece avanti salutando Cassidy con una pacca sulla spalla.
«Marvin, questo è Calen.» lo presentò « È un nuovo membro della squadra, si è aggiunto da pochissimo e diciamo che non è abituato alla vita di qui. Spero di poter contare su di te se si presentasse l'evenienza.»
L'omone squadrò il ragazzino con i suoi piccoli occhi neri, poi con una vigorosa stretta di mano ed un ampio sorriso gli disse di fare pure affidamento su di lui.
«È sempre un piacere conoscere gli amici di Julian. Non fatevi problemi, per voi Marvin si fa sempre in quattro!» trillò con un accento particolare nella voce, mentre iniziava a servirli personalmente con i migliori prodotti.
«Che vuol dire "è un piacere conoscere gli amici di Julian"?» chiese il biondo sottovoce, osservando l'omone prodigarsi per loro fino all'inverosimile. Già partendo dal presupposto che definirlo amico di Julian era una follia.
Cassidy afferrò al volo le buste che Marvin aveva riempito per lui e dopo averlo pagato e ringraziato, uscì dal locale seguito da un Calen ancora incuriosito.
«Vedi» prese subito a spiegargli mentre si incamminava verso una palazzina gialla contenente gli uffici di smistamento della corrispondenza «circa quattro anni fa il negozio del signor Marvin è stato oggetto di una rapina. Degli individui erano entrati a volto coperto cominciando a fare razzia di tutto e a distruggere persino il negozio stesso. Julian quel giorno, come tutti gli altri del resto, era venuto a Belvard per delle commissioni e finì per assistere alla scena.» ridacchiò tornando indietro con la memoria «Penso tu abbia notato quanto sia ligio e serio quel ragazzo, quindi non ti dovrei stupire se ti dicessi che decise di intervenire senza neanche pensarci su.»
Calen scosse il capo. Se lo immaginava eccome.
«E' stata questione di pochi minuti. Da solo mise in fuga una banda di lardi, impedendo loro perfino di portare via quello che avevano messo da parte. Da quel giorno il signor Marvin ci tratta con estremo riguardo. Anche se Julian ha sempre cercato di spiegargli che non c'era motivo di sdebitarsi, lui ci da sempre merce freschissima e a volte ci fa sconti o regali. Marvin stravede per Julian e non potrei dargli torto, alla fine questo negozio è l'unica cosa che ha. Julian lo ha letteralmente salvato.»
Calen era rimasto piacevolmente sorpreso e forse anche un po' rammaricato dopo quel racconto. In fin dei conti Julian sembrava avere problemi solo ed esclusivamente con lui. Aveva notato che non aveva assolutamente lo stesso comportamento con gli altri due suoi compagni, nonostante con Scarlett litigasse un minuto sì e l'altro pure. Parlava serenamente con loro, ci discuteva da pari. Invece quando lui era nei paraggi diventava improvvisamente freddo e distaccato, come se la sua mera presenza gli desse fastidio. In un certo senso gli era stato pure detto chiaramente, solo che non riusciva ancora a capacitarsene. Sicuramente avrebbe faticato parecchio per ottenere lo stesso rispetto e lo stesso trattamento degli altri, sempre che ci fosse riuscito.
«Calen» lo richiamò Cassidy, mentre facevano la fila nell'ufficio postale. Dovevano inviare una lettera a palazzo. «So cosa sta pensando il tuo cervellino, posso sentirlo macinare da qui. Dagli tempo, sei una novità e a lui gli imprevisti non piacciono per niente, specialmente in questi frangenti.» lo consolò accarezzandogli leggermente il braccio. «Julian è fatto così, tende a prendere le distanze dalle cose che non conosce e a trattare con diffidenza le persone nuove che non riesce ad inquadrare. Non è abituato ad avere a che fare con qualcuno come te, per questo non sa come prenderti. Ti assicuro che non è vero odio o insofferenza quella che prova, ha solo bisogno di tempo per abituarsi a te. Tutto qui.»
Calen alzò il suo sguardo rattristato in quello dell'altro. «Lo credi sul serio?»
«Assolutamente.» ribadì.
«È solo che... non so.» sbuffò «Mi sembra tutto così assurdo. Sai, fatico ad accettare quello che mi sta succedendo e fra tutte le cose che ancora non so o che non ho capito da quest'altra parte, sentirmi anche inadeguato non mi aiuta. Lui in generale non mi aiuta a stare tranquillo.» ammise stancamente.
«Ehi, guarda che nessuno pretende che ti butti a capofitto in questa cosa senza avere dubbi o perplessità, credimi. Neanche Julian, anche se sembra che di te non gliene importi niente. Io stesso se penso di dover fare un giorno un viaggio come il tuo non mi sentirei certo tranquillo, sai? Il solo pensiero basta a terrorizzarmi, quindi non oso neanche provare a comprendere quello che stai passando. Per questo ti do un consiglio: non arrovellarti il cervello adesso, per ora pensa a prendere le cose come vengono e a fare chiarezza sulla tua di situazione. Per il resto noi tre siamo qui per guardarti le spalle.» gli fece l'occhiolino, giusto un attimo prima di trovarsi faccia a faccia con la signora dietro gli sportelli.
Calen ammutolì fermandosi a riflettere, mentre guardava Cassidy consegnare la missiva alla donna che, presa la lettera, la fece scivolare in un tubo collegato alla sala adiacente riscuotendo poi il pagamento.
"Noi tre ti guardiamo le spalle" aveva detto "prendi le cose come vengono".
Forse aveva ragione lui, era meglio andarci piano.
Finito di sbrigare anche l'ultima commissione, l'enorme orologio della torre del campanile nella piazza centrale segnava le dodici e quarantacinque e lo stomaco di Calen ruggì a conferma.
«Ehmm, ho fatto colazione presto e con tutto il movimento... e poi è tardi.» cercò di giustificarsi mentre diventava paonazzo. Cass scoppiò a ridere intenerito da quegli atteggiamenti sempre troppo goffi.
«Aspettami qui.» gli aveva detto prima di sparire in un negozio che, dall'odore emanato, sembrava proprio essere un panificio. Dopo neanche cinque minuti, Cassidy spuntò fuori con in mano due ciambelle fumanti.
«Tieni.» disse porgendone una al più piccolo che non si fece pregare. «Questo forno fa le migliori ciambelle che io abbia mai assaggiato.» esclamò dando un vorace morso al pasticcino.
Cavolo se aveva ragione.
Avevano un sapore leggermente diverso da quello a cui era abituato, ma erano divine. Morbidissime e ricoperte da un leggero strato di zucchero che incredibilmente rimaneva attaccato all'impasto come se fosse stato incollato. C'era qualche aroma che non sapeva identificare, qualcosa di rinfrescante, ma che comunque si armonizzava perfettamente con tutto il resto. Gli ricordavano tanto casa.
«Sono buonissime, solo un po' diverse da quelle a cui sono abituato.»
«La regina ti ha spiegato che praticamente le nostre due civiltà sono cresciute insieme, no? Ovviamente non di pari passo, ma comunque mantenendo una certa continuità. Perciò non ti devi sorprendere se qui trovi cose che ci sono anche nel tuo mondo o viceversa. L'unica differenza sostanziale è la diversa percezione temporale che separa le due dimensioni e il fatto che improvvisamente i contatti si siano interrotti bruscamente limitandosi a qualche visita occasionale.» concluse finendo la sua ciambella.
«E la magia.» gli ricordò.
«Giusto. E la magia.» assentì.
«Ma dimmi un po', come mai tu sai tutte queste cose?» chiese Calen mentre anche lui addentava l'ultimo pezzo e riprendeva in mano tutti i sacchetti abbandonati a terra.
«Da piccolo mi piaceva leggere e confesso che ho sbirciato in qualcuno dei parecchi libri che ti ha lasciato Callista.» rispose semplicemente.
«Parecchi libri?» domandò sbiancando.
«Ti lascio il piacere della scoperta.» ridacchiò l'altro incamminandosi verso casa.

RIFTWALKERS I - Il Grimorio Di Diamante - [Viaggio Tra Due Mondi]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora