Fran se ne stava appoggiata all'anta del suo armadietto guardando in basso la punta delle sue scarpe da ginnastica rovinate, mentre Calen faceva altrettanto, standole di fronte, aspettando che lei iniziasse a parlare.
Era stata lei, dopotutto, a prenderlo in disparte e a chiedergli cinque minuti per poter discutere tranquilli. Eppure, nonostante la voglia di mettere le cose in chiaro, rimaneva difficile trovare le parole giuste e scegliere con attenzione cosa dire, per evitare di dare l'impressione sbagliata. Fran sapeva che in quel momento, nonostante da parte sua ci fossero state sempre delle buone intenzioni, non poteva affermarsi dalla parte del giusto e Calen, allo stesso modo, sapeva che, qualunque cosa la sua migliore amica gli avesse detto, non era comunque pronto ad accettare la relazione in cui lei aveva deciso di impegnarsi. Erano tutte queste consapevolezze a far pesare ancora di più quel silenzio imbarazzante.
Stettero per dei secondi a scrutare il pavimento, impacciati e goffi come non lo erano mai stati.
«Allora, umm... come ti va?»
Finalmente fu la ragazza a rompere il silenzio, accompagnando quella domanda con una nervosa scrollata di spalle. Ancora non riusciva a credere di vivere una situazione così. Mai sarebbe arrivata ad immaginare di ritrovarsi a discutere con quel ragazzo dolce e gentile che le era sempre stato accanto.
Calen ne imitò il gesto senza alzare lo sguardo, continuando a spostare il peso da un piede all'altro, ciondolando sul posto, come se le mattonelle fossero diventate sabbia rovente. «Potrebbe andare meglio, ma a te presumo vada alla grande invece.» replicò con tono aspro.
La ragazza sospirò scuotendo il capo. Non iniziavano col piede giusto. «No, in realtà non va affatto bene.» si stava torturando le labbra. «Sono successe tante cose nell'ultimo periodo e anche se non ne abbiamo mai parlato, non vuol dire che non ci tenga.»
Calen la guardò increspando le sopracciglia. «Parli del silenzio radio dopo la festa del mio compleanno, di quello che avete combinato con Brent o della tua nuova relazione con Danny? Tante cose è troppo vago.»
«Mi dispiace Calen, mi dispiace davvero per tutto quello che è successo. Né Samuel né io, né tanto meno Michael, avevamo idea che Brent potesse essere così...»
«Viscido?»
«Sì. È solo che...»
«Sai una cosa?» le disse lui «Non mi interessa più ad essere onesto. Non è questo che mi preoccupa adesso.»
Fran deglutì. «L-lo immagino.»
«Qualcosa da dirmi?» la esortò.
«Mi dispiace, mi dispiace ancora di più per non averti parlato prima di Danny, ma...» titubò.
«Ma?»
«Ma sapevo che avresti reagito così.»
Calen allargò le braccia esponendo un sorriso amaro. «Che ti aspettavi? Che ti facessi le mie congratulazioni e ti dicessi che sono felice per te?»
Fran incrociò le braccia al petto. «No, insomma non lo so!» tornò a guardare in basso «Mi aspettavo solo che capissi.» replicò quasi confusa. Non voleva la sua benedizione. Anche perché era inutile sperarci. Si aspettava solo che lui arrivasse per lo meno a comprendere che era una cosa successa all'improvviso, senza che nessuno avesse particolari colpe.
«Cosa c'è da capire esattamente?»
Ma lui evidentemente non ci arrivava.
Fran tacque non sapendo cosa rispondere.
«Hai fatto delle scelte e io chiaramente non rientro fra queste.» continuò Calen al suo posto.
«Non è vero, non ho mai detto di voler rinunciare a te.»
«Lo hai fatto invece. O ti aspettavi che mettessi da parte tutto quello che ho passato negli ultimi due anni e mezzo per... per cosa esattamente?»
Fran si strinse nelle spalle mormorando con evidenza. «Per vedermi felice?»
Ora era Calen a ritrovarsi completamente spiazzato.
Fran sospirò di nuovo sfiorando con la mano il braccio dell'amico. «Senti, so che probabilmente non ci credi, all'inizio persino io stentavo a fidarmi, ma Danny non è una cattiva persona. Cioè, non voglio dire che non si sia mai comportato male o che non abbia preso scelte discutibili, però è diverso da quello che ho sempre pensato, da quello che si è sempre dimostrato fin ora. A dire il vero anche Chase e Paul non sono poi...» stava per dire "così male".
«Dimmi che stai scherzando, ti prego.» la interruppe Calen, scrollandosi di dosso la sua mano con un gesto brusco. Forse stava vaneggiando o forse quei tre stavano minacciando anche lei in qualche modo subdolo. Non poteva sul serio credere a quanto stava ascoltando. Era come vivere in un incubo.
«Stiamo parlando dello stesso Danny che mi ha sempre minacciato fuori dal cancello della scuola? O dello stesso Chase che mi ha insultato di fronte all'intero istituto o del Paul che mi ha quasi rotto la mascella solo poche settimane fa?» sbraitò facendo qualche passo indietro, colpito da una rabbia che mai avrebbe pensato di possedere. «Dov'è finito il li prenderò tutti a calci per te?»
Fran provò ad avvicinarsi ancora, quasi supplicandolo. «Si è trasformato in qualcos'altro di meno drastico, in qualcosa di più conveniente per tutti.» rispose semplicemente. «Pensaci: non sarebbe bello se ci mettessi una pietra sopra e ricominciassi da zero?» gli propose quasi fosse la cosa più logica di sempre. «Ho parlato con Danny, ho chiesto loro di smetterla. Gli ho fatto capire che non è il caso di continuare a darti fastidio e che, visto che per loro è l'ultimo anno, è meglio che si diano una calmata e non rischino l'espulsione proprio ora. Sono sicura che la finirebbero definitivamente di darti fastidio. Anzi, potrei scommetterci.»
Da quelle parole sembrava che il grosso favore Fran l'avesse fatto a loro piuttosto che a lui.
«Fammi capire, ti aspetti la mia gratitudine per questo? O ti aspetti che accetti sul serio l'assurdo compromesso che hai appena avuto il coraggio di propormi?»
Non era una questione di orgoglio, ma iniziava a credere che Fran lo avesse preso per un disperato disposto persino a mettere da parte la sua dignità personale.
«Niente del genere. È solo un'opportunità per sistemare le cose.»
«Wow, non posso crederci.»
«Perché fai così? Perché non gli dai e ti dai un'altra occasione?» gli domandò ancora lei implorante. Non poteva davvero sopportare di perdere il suo migliore amico. Cosa importava se aveva scoperto di nutrire dei sentimenti per Danny? Fra loro non sarebbe comunque cambiato niente.
Lei di questo ne era assolutamente convinta.
Calen chiuse gli occhi inspirando profondamente. «Perché piuttosto che fare l'ipocrita e scendere a patti del genere, preferisco farmi pestare tutti i giorni da qui al diploma!» vomitò con cattiveria.
Forse, poco tempo prima, doveva ammettere che ci avrebbe riflettuto. Forse poco tempo prima avrebbe vinto quel lato debole e codardo del suo carattere che lo costringeva a stare sempre con la coda fra le gambe, a non lamentarsi mai e a non reagire alle ingiustizie che subiva.
Adesso però si sentiva diverso. Non guardava più a se stesso come a quel ragazzino che la mattina prima di uscire di casa si ricordava allo specchio quanto fosse infinitamente debole.
Aveva scoperto che, se voleva, aveva tutte le capacità per difendersi da solo ed era realmente stufo di starsene in disparte ad aspettare che la gente prendesse da lui quello che voleva. Era stufo di farsi mettere i piedi in testa ed era ancora più stufo di dover sempre dipendere dagli altri.
Dalla prima volta in cui si era deciso ad affrontare Paul, aveva provato un senso di stima verso se stesso che non aveva mai sentito prima. Aveva capito che, in realtà, lui una scelta l'aveva e che in effetti l'aveva sempre avuta.
Non sarebbe mai tornato indietro.
Lui aveva deciso di mostrarsi forte alla fine e, se era costretto a rimanere da solo per questo, poco gli importava. Aveva detto addio al Calen spaurito che si faceva maltrattare fuori scuola senza protestare, da quando aveva scoperto che i veri problemi della vita erano altri.
E gli sembrava anche molto stupido l'aver speso così tanti anni della sua vita a farsi un cruccio di una cosa così insignificante.
Era quasi morto per la miseria.
Aveva visto, sentito e partecipato a cose che nessun ragazzo normale della sua età poteva immaginare. Questo lo aveva cambiato in modo impossibile da evitare e lui non avrebbe mai smesso di ringraziare chiunque gli avesse dato la possibilità di svegliarsi dal suo torpore.
«Ora esageri.» si alterò la ragazza. «Non ti sto chiedendo di perdonarli, né di cancellare quello che è stato – anche se sarebbe un buon passo per essere in pace –, ma almeno di provare a ripartire da capo.»
«Tu non sai niente.» la interruppe di nuovo. «Non puoi neanche vagamente avere la più pallida idea di cosa io abbia passato o provato negli ultimi anni! Come pretendi di venire qui a farmi la morale su qualcosa che nemmeno capisci? Come fai a dire che per me sarebbe meglio dimenticare tutto e andare oltre?» urlò inviperito, tanto da attirare persino l'attenzione di qualche curioso.
«Ti sbagli, lo capisco invece. Siamo stati io e Samuel a starti vicino, sempre.» ribatté Fran offesa da quell'ultima affermazione.
E, invece, era proprio perché lei gli era sempre rimasta accanto che Calen non capiva. «Allora probabilmente il vostro starmi vicino non è mai stato abbastanza se sei arrivata a dire certe cose.» si arrese, trasformando la sua rabbia in fredda indifferenza. «Vuoi continuare a frequentare loro? Vai. Non sono nessuno per impedirtelo, ma non aspettarti che io ti segua in tutto questo, mi dispiace.»
Fran lasciò cadere le braccia lungo i fianchi per poi congiungerle in un'ultima disperata preghiera. «Non puoi solo pensarci un altro po'? Per favore.»
Calen scosse il capo amareggiato, sconfitto. «Se avevi intenzione di parlarmi solo per rifilarmi scuse e giustificazioni, potevi risparmiarti il disturbo. Non ho bisogno di tempo per pensare a niente.» stroncò. «Sono sicuro delle mie decisioni e non credo che avrò ripensamenti. Se pensavi sul serio che sarei riuscito a sorridere alle persone che per anni mi hanno fatto sentire un verme, vuol dire che di me non hai capito niente. E sai una cosa? Forse dispiace realmente più a me che a te di come sia finita. In ogni caso buona fortuna, spero che almeno a te vada meglio.» si congedò prima di incamminarsi per il corridoio che portava all'aula di letteratura, senza nemmeno voltarsi un istante, lasciandosi tutto alle spalle.
Non avrebbe mai immaginato che quell'amicizia durata una vita si potesse distruggere così, in un attimo e in modo così assurdo. Era stata una batosta, eppure avrebbe mentito se avesse detto di non avere avuto il sentore che qualcosa fosse cambiato irrimediabilmente fra loro. Sapeva che sarebbe successo, sapeva che sarebbero arrivati ad un confronto, ma non poteva immaginare quell'esito.
Che avrebbe fatto da quel momento in poi senza i suoi migliori amici? Chissà poi cosa avrebbe detto Samuel quando sarebbe tornato indietro. Non sapeva se gli avrebbe voltato le spalle anche lui, se avrebbe fatto finta di niente o se gli avrebbe dato ragione.
D'improvviso la paura di ritrovarsi completamente solo lo aveva bloccato sull'uscio dell'aula, facendogli quasi mancare la terra da sotto i piedi.
Ecco un'altra cosa che aveva finito prima col rovinare e poi col perdere definitivamente da quando aveva cominciato la sua doppia vita.
Cos'altro sarebbe stato destinato a disintegrare se continuava così? A cos'altro avrebbe dovuto imparare a rinunciare? Quanto ancora gli sarebbe costata la sua attività?
Per quanto potesse dire di amare quel mondo, la vita che conduceva lì, le persone che vi aveva trovato e le sensazioni meravigliose che solo Erim e le sue stramberie sapevano trasmettergli, non aveva mai detto di essere pronto a rinunciare per intero alla sua vita nella sua dimensione.
Non aveva mai detto di essere disposto a mandare in frantumi le uniche cose belle che aveva a casa. Non aveva mai detto di essere felice di dover accantonare quella parte della sua vita, ritrovandosi solo. Voleva trovare un equilibrio, un modo per poter stare bene da entrambe le parti, ma, a quanto sembrava, questa non era altro che un'inutile speranza. Non voleva più pensarci, almeno non per il momento. Era anche troppo stanco di continuare a riempirsi la testa di questioni e preoccupazioni. Il tempo forse avrebbe aggiustato tutto, in qualunque modo doveva essere.
Entrò con lo sguardo puntato al suolo, senza forze, svogliato, svuotato, andando direttamente a posare la cartella al suo posto per poi sciogliersi sulla sedia.
Se era bastato un improvviso cambiamento a stravolgere completamente le carte in tavola, forse l'amicizia in cui tanto credeva non era così forte come pensava.
Aveva perfino creduto che vederlo finalmente forte e deciso, avrebbe reso orgogliosi i suoi amici. In realtà aveva appena appurato che era più conveniente per tutti mantenere le cose inalterate. Era da una vita che gli ripetevano di cambiare atteggiamento e, ora che lo aveva fatto, tutti si erano allontanati spaventati. I cambiamenti, a quanto sembrava, non piacevano veramente a nessuno e la delusione di averlo sperimentato in prima persona non era paragonabile a niente.
«La buona educazione non impone di salutare?» la voce del docente lo fece letteralmente balzare in aria, mentre Calen era ancora immerso nei suoi pensieri.
Alister Dupree se ne stava comodamente seduto alla cattedra, giocando svogliatamente con una penna, osservando nel mentre il suo studente affliggersi e agognare di primo mattino. «Manca ancora qualche minuto all'inizio della lezione, non ti godi l'intervallo assieme ai tuoi compagni?» continuò ancora, studiandolo a fondo con i suoi occhi grigi.
Calen doveva ancora capire come quell'uomo potesse sempre essere dappertutto e come riuscisse a metterlo sempre così a disagio. Aveva appurato di non stargli simpatico, anzi, di essere entrato nella sua lista nera sin dal primo giorno di scuola e, in un certo senso, la cosa gli era estremamente e antipaticamente familiare.
«B-buongiorno.» biascicò «Ho un leggero mal di testa e ho pensato di sedermi un po'.» mentì. Non doveva mica fornirgli spiegazioni dettagliate.
Alister posò la biro sporgendosi in avanti sulla cattedra, fissandolo come se volesse saltargli alla gola da un momento all'altro. «Non pensare di poterla usare come scusa per saltare la tua interrogazione di recupero.» lo minacciò.
Il biondo sbatté più volte le palpebre sgranando gli occhi. Aveva completamente dimenticato della sua recente insufficienza e della sua – ormai imminente – interrogazione di recupero.
«Non l'ho nemmeno pensato.» mormorò muovendosi a disagio sulla seduta.
L'altro sembrò acquietarsi tornando a spaparanzarsi sulla sedia imbottita. «Ottimo.»
Quello era senza ombra di dubbio il momento più adatto per sperare che una calamità catastrofica si abbattesse momentaneamente sull'istituto e gli facesse saltare quell'ora di torture.
Perché non posso trasmigrare a comando?
Qualche istante prima del suono della campanella, alcuni studenti erano già rientrati alla spicciolata. Alister, a volte, aveva lo stesso effetto della Pence.
Passando accanto al banco di Calen, non c'era un singolo ragazzo che non si fermasse a lanciargli qualche occhiata stranita. Forse qualcuno aveva origliato la sua conversazione con Fran pochi minuti prima o semplicemente nessuno aveva niente di meglio da fare.
Finito l'appello, Alister assegnò qualche esercizio a chi non aveva necessità di essere esaminato per poi chiamare Calen direttamente alla lavagna, saltando almeno quattro persone dall'elenco in ordine alfabetico.
Il ragazzo dovette dire addio anche alla possibilità di ripassare in extremis. Il suo karma – o di qualunque altra cosa si trattasse – doveva volergli davvero molto male.
Con lentezza si alzò dalla sedia, percorrendo i pochi metri che lo separavano dalla gogna come un vero condannato. Si fermò alla sinistra del docente aspettando e sperando.
Non gli era mai capitato, scolasticamente parlando, di trovarsi impreparato. Lui era una di quelle persone a cui studiare piaceva davvero e sapeva di non stare molto simpatico ai suoi compagni anche per quel motivo.
Se quella volta avesse confermato la sua insufficienza sarebbe come minimo partito un altro scandalo. Ma, ultimamente, il poco tempo che aveva, Calen lo usava per pensare a tutto, fuorché studiare.
Alister probabilmente doveva averlo intuito.
Fortunatamente Calen aveva una memoria invidiabile e, incespicando ogni tre frasi, riuscì a mettere insieme un discorso apparentemente logico, salvandosi dal fiasco. Tuttavia aveva già capito che il suo professore non si sarebbe arreso fino a che non avesse trovato qualcosa su cui farlo cadere.
Quella sembrava in tutto e per tutto la fotocopia di una prova di recupero della Pence.
«Vediamo come te la cavi con un'analisi del testo.» azzardò Alister, porgendogli il suo volume completamente spoglio di riferimenti.
Calen impallidì. Odiava quegli esercizi.
Fece scorrere gli occhi sul foglio indugiando su ogni parola e segno di punteggiatura, riuscendo però ad arrivare solo alla sesta riga. Dopodiché, d'improvviso, avvertì un forte tremore agli occhi che gli offuscò la vista e iniziò a percepire la testa farsi sempre più leggera.
Stava trasmigrando, ne era sicuro e se non si sbrigava subito a uscire da quell'aula, al suo ritorno avrebbe dovuto fornire troppe spiegazioni che non poteva permettersi di dare.
Senza pensarci neanche due secondi girò su se stesso e iniziò a correre verso la porta.
«Dove pensi di andare?» lo richiamò il professore accigliandosi.
«In bagno, i-io... ho... m-mi viene da vomitare.» biascicò prima di chiudersi la porta alle spalle, lasciando tutti abbastanza sbigottiti.
Corse più che poté per raggiungere la toilette, cercando così di trasmigrare dove nessuno potesse vederlo, però purtroppo non fu abbastanza rapido.
Sparì nel nulla ad un passo dall'accesso ai cubicoli, mentre nella sua aula a qualcuno non sfuggì l'improvviso bagliore proveniente dal suo zaino.
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RIFTWALKERS I - Il Grimorio Di Diamante - [Viaggio Tra Due Mondi]
FantasyCalen Fairman è solo un povero diciassettenne a cui il destino farà trovare, nella biblioteca dove lavora, un libro estremamente bizzarro che gli consentirà di compiere viaggi dimensionali. Tra giorni a scuola passati a scappare dai bulli che fanno...