Calen sospirò mentalmente, continuando a tenere gli occhi fissi sul pugno sospeso a mezz'aria che aveva di fronte, incapace di mettere a fuoco qualcos'altro.
Se sbagliava le prendeva; se non faceva niente le prendeva e se, per una volta tanto aveva pure ragione, le prendeva lo stesso. La sua vita si poteva praticamente riassumere così.
Almeno in quest'occasione però non gli importava granché se ci avesse rimesso personalmente.
Per lui assistere a quella scena era stato come ricevere una scossa; in un attimo era tornato indietro nel tempo, immedesimandosi completamente in quella winged e nelle sensazioni ed emozioni che lui stesso aveva vissuto quando i suoi genitori erano venuti a mancare.
Ricordava, seppur vagamente, come dopo l'arrivo della notizia, a scuola, tutti fecero a gara per chiedergli come stava, come era avvenuto l'incidente e se avesse avuto bisogno di qualcosa, di qualsiasi cosa.
Era stato orribile.
Nella sua testa avevano iniziato a vorticare domande che al tempo nemmeno riusciva a comprendere, mischiate ad altre che furono solo capaci di spaventarlo o di farlo innervosire. E più cercava di spiegare quello che sentiva dentro, più si rendeva conto che nessuno era in grado di capirlo fino in fondo. L'unica cosa che otteneva erano risposte di circostanza e facce contrite che dovevano sembrargli estremamente patetiche. Tutto questo portò solo ad un unico risultato. Ben presto smise definitivamente di rispondere alle domande che gli venivano fatte e, soprattutto, di parlare con tutti.
Non voleva più saperne di aprirsi con qualcuno, né con gli psicologi, né con i compagni né con i suoi nonni. Si era isolato completamente, spaventando a morte tutti gli adulti attorno a lui. Così le maestre in particolare avevano fatto un discorso privato alla sua classe, mentre lui non c'era, avvertendo i bambini di non tirare mai fuori l'argomento, come se fosse un tabù, di modo che lui potesse non soffrirne troppo. Allo stesso modo, anche i suoi cari avevano optato per il lasciar perdere il discorso, interrompendo le sedute e aspettando che fosse lui stesso a trovare il modo giusto per esprimere il suo disagio.
Era stato anche peggio.
A quell'età Calen voleva solo essere capito e ascoltato nel modo giusto, non psicanalizzato e costretto a parlare dell'avvenimento, come se il rivangare continuamente il passato avesse una sorta di potere terapeutico. Lui aveva bisogno di qualcuno capace di spiegare ad un bambino di sette anni perché tutto quello era accaduto, qualcuno capace di dare un nome alle emozioni che aveva iniziato a provare, qualcuno che gli facesse capire che parlare della sua mamma e del suo papà, gli serviva per sentirli sempre vicini, sempre presenti.
Era stato un periodo estremamente duro, dei mesi difficili nei quali la sua solare personalità di allegro bimbo spensierato si era quasi spenta del tutto. Era cresciuto tutto d'un colpo, come se si fosse svegliato all'improvviso, dopo aver dormito per tanto tempo, comprendendo a poco a poco l'idea di morte e maturando giorno dopo giorno la consapevolezza che non sarebbe, in nessun caso, riuscito a rivedere i suoi genitori.
A mano a mano aveva poi iniziato ad accettare la perdita e razionalizzare l'accaduto, incolpando ora il destino, ora la sfortuna, ora quel lavoro che Emmett e Joanne avevano sempre amato troppo.
Tutto questo da solo.
Comprendeva perfettamente come doveva sentirsi quella ragazza in quel momento. Sola, frastornata, incredula. Forse non era neppure riuscita a credere che fosse capitato sul serio a lei.
E il solo assistere alla tanta incuria con cui le venivano poste certe domande assurde, lo aveva fatto scattare come una molla.
Julian poteva anche andare al diavolo!
Non avrebbe mai chiesto scusa per aver cercato di proteggere quello che altri non comprendevano.
Alla fine chiuse d'istinto gli occhi senza nemmeno rendersene conto.
«Ma che...!»
Calen aprì mezzo occhio giusto in tempo per vedere Julian trascinare indietro per il braccio la donna dai capelli scuri, con un'occhiataccia inviperita che si rese conto solo in quel momento non essere mai stata destinata a lui.
«Non ti azzardare!» la ammonì questo, lasciandola poi con uno strattone deciso.
L'altra lo guardò imbestialita. «Sempre a ficcare il naso dove non ti compete eh, Mc.Gwyn!?»
«Mi compete eccome se ti permetti di alzare le mani contro un mio sottoposto, Reyes.»
La donna guardò prima Julian e poi Calen ridendo sprezzante. «Un tipo così doveva per forza far parte della tua banda. E io che ancora mi sorprendo.»
Julian strinse gli occhi in due fessure talmente taglienti che il solo guardarli avrebbe potuto uccidere.
Ora, non tutto quello che stava succedendo era perfettamente comprensibile a Calen, rimasto ancora in piedi immobile nella stessa posizione. Non doveva però essere normale, secondo lui, tutto quell'astio che si stava manifestando con uno smisurato cattivo gusto in una circostanza così delicata.
«Estrella!» si intromise anche Klaus visibilmente alterato. «Se hai altre scenate da fare, va' a farti un giro.» ordinò secco, abbandonando per la prima volta la sua tipica espressione docile.
La donna sbuffò risentita e, con un'apparente strafottenza, si sistemò i lunghi capelli, lanciando uno sguardo di fuoco al piccolo moccioso che le aveva appena fatto rimediare un richiamo. L'altro ragazzo biondo, rimastole accanto tutto il tempo, scrollò le spalle per poi seguirla, allontanandosi senza proferire parola.
«Mi dispiace.» si affrettò poi a scusarsi ancora Klaus a voce alta rivolgendosi a tutti i presenti «Hanno sfoggiato davvero un pessimo atteggiamento, ma sono molto competenti. È solo un periodo difficile.»
Si percepiva chiaramente il rammarico nella sua voce e, ancora di più, traspariva la delusione verso quelli che dovevano essere il resto dei membri della sua squadra.
«Le assicuro che non avevano cattive intenzioni.» si scusò ancora, rivolgendosi alla giovane winged che, per contro, annuì non del tutto convinta.
«Periodo difficile o no, vedi di dar loro una raddrizzata.» sbottò Julian nemmeno troppo gentilmente. «Da quando sono così violenti? Se se la prendono di nuovo con uno dei miei, sta certo che non mi limiterò a richiamarli e basta.»
Lui evidentemente per motivazioni ignote, non doveva avere una grande stima per quei due individui.
«Lo comprendo e non avrei obiezioni.» ribatté Klaus. Sforzando un sorriso, ritornò poi al suo lavoro.
Julian spostò fugacemente gli occhi su Calen in un attimo, facendolo irrigidire all'istante. Fu un contatto piuttosto rapido e Calen non seppe esattamente come interpretarlo. Non si dissero niente, semplicemente Julian lo oltrepassò come se niente fosse mai accaduto.
Tutte quelle occhiate cariche di mistero gli stavano dando parecchio sui nervi, ultimamente.
Subito dopo, Scarlett gli si avvicinò di corsa, facendolo smuovere dalla posa innaturale che aveva assunto.
«Per quello che vale, tutti ti avremmo volentieri dato un premio per quella risposta coi fiocchi.» gli sussurrò a bassa voce, di modo che solo lui potesse sentirla.
«Non volevo essere sgarbato, è solo che stavano esagerando.» replicò rimanendo appartato nel suo angolino.
Scarlett scosse il capo. «Avresti potuto esagerare quanto volevi. Sono due idioti, solo Klaus fortunatamente si salva dall'andare a far loro compagnia fra le persone che detesto di più al mondo.»
L'altro rifletté per un istante. «Prima che mi venga mal di testa, potresti almeno spiegarmi chi sono? Sai, non è affatto divertente andare avanti in questo modo senza sapere un accidenti. Sono stato paziente fino ad ora perché non mi sembrava il momento adatto, ma è da dopo il Ballo del Giglio che mi state estromettendo da tutto.» sbottò. «Come faccio ad adattarmi alla vita qui se me ne tagliate fuori?»
«Fai sembrare che ci divertiamo a tenerti nascoste le cose se dici così.» replicò la ragazza imbronciandosi.
Calen si limitò solo a guardarla malissimo.
«Ok, magari Julian sì, ma io no! Non lo faccio di proposito almeno. Comunque...» riprese «... anche Woodsgram ha una squadra speciale, un po' come la nostra, ma è recentissima, forse sono quattro o cinque anni che si è formata sotto esplicita volontà di re Adrian. Una brutta, anzi, bruttissima copia della nostra in pratica.» storse il naso, come se stesse spettegolando su una acerrima nemica. «Il fatto è che Estrella e Sawyer, il ragazzo biondo, sono due tipi un po' particolari. Sono difficili da tenere a bada, hanno modi bruschi e non amano essere comandati. Non hanno molta dimestichezza con il rispettare i superiori e cose simili. Di questo, penso te ne sia reso conto da solo.
Klaus invece è tutta un'altra storia. Lui lavora con noi praticamente da sempre, ci siamo addestrati assieme molto spesso e ci ha aiutato in passato quando ce la siamo vista particolarmente brutta. Potrei dire con certezza che lui è un'altra di quelle poche persone a cui Julian affiderebbe la sua vita. Sono davvero grandi amici, però il suo seguito non ci ha mai fatto una buona impressione, per questo non collaboriamo poi così spesso.»
Calen aggrottò le sopracciglia. «Se sono così... particolari, perché re Adrian li avrebbe scelti?»
«Credo per convenienza.» rispose Scar facendosi seria. «Prima di servire il re erano mercenari a quanto si dice. Avere combattenti a piede libero per la città non fa mai bene alla corona, specialmente di così dotati.»
«Perché?»
«I mercenari seguono gli interessi, Calen. Quei due prima voltavano faccia a seconda di chi pagava meglio, anche di persone poco raccomandabili. Non è saggio non prendere provvedimenti nei confronti di persone così.»
«È un modo per tenerli d'occhio?»
«Più o meno. So che hanno un contratto speciale che non lascia loro molte alternative, ma di più non saprei dirti. Solo Klaus sa veramente come stanno le cose. È per questo che si sforza di andarci d'accordo e di disciplinarli almeno un po'. Da quello che so, Sawyer ed Estrella sono anarchici, ma si fidano di Klaus. Ecco perché lo ascoltano, anche se non sembrerebbe.» annuì la rossa per darsi ragione da sola. «Il problema è che hanno sempre dimostrato uno spirito di competizione inappropriato nei nostri confronti e Julian, beh, sai com'è fatto no? Non gli piacciono le cose fuori controllo.»
Calen annuì mordendosi un labbro pensieroso.
«Credevo mi avrebbe ucciso questa volta per aver parlato a sproposito.» confessò.
La ragazza indossò un'espressione furbetta delle sue. «Mah, non direi. A me è sembrato molto punto sul personale quando Estrella ha cercato di colpirti. Tieni presente che non ha mai fatto così per nessuno di noi. A quanto pare stai entrando piano piano nelle sue grazie. Dovresti ritenerti fortunato.» asserì scherzosamente, scrollando la sua lunga coda con una mano.
Calen si girò di scatto aprendo la bocca per dire qualcosa, ma poi la richiuse non sapendo né se avesse capito appieno quanto gli era stato detto, né se sarebbe stato in grado di trovare qualcosa da rispondere.
Dopo quella scenata tutt'altro che divertente, per fortuna la calma era tornata a impregnare l'aria.
Calen si era comunque mantenuto in disparte, come gli era stato chiesto, senza nemmeno provare a muoversi. Era sicuro che avrebbe combinato qualche altro danno altrimenti.
L'unica cosa che faceva, di tanto in tanto, era lanciare qualche rapida occhiata alla winged che si era appartata sul divanetto in un angolo del salone. Stava sorseggiando un infuso di erbe che una domestica si era preoccupata di prepararle, mentre ogni tanto guardava fuori dalla finestra con aria assente.
Avrebbe tanto voluto avvicinarsi, anche solo per sapere se fosse riuscita a riprendersi un pochino da quella aggressione verbale, però non era certo che lei avrebbe voluto parlargli, né tanto meno starlo a sentire.
Era così combattuto sul da farsi che finì per ciondolare sul posto con una faccia dubbiosa per almeno cinque minuti, pensando a come fare per approcciarla e a come farsi passare a tempo di record il suo persistente timore verso quella razza di creature alate.
Non si rese nemmeno conto di risultare tremendamente impacciato in quell'atteggiamento buffo, fino a che non fu la stessa ragazza a chiedergli di avvicinarsi con un mezzo sorrisino in viso.
«Ti ringrazio molto per quello che hai fatto per me.» iniziò questa una volta che Calen le si sedette accanto. «Credevo che non mi avrebbero più lasciata in pace.» mormorò.
«Oh, f-figurati.» le rispose «È stata una sciocchezza.»
Lei sorrise smorzatamente, tirando la pelle candidissima del viso, tornando a concentrarsi sulla tazza bollente che teneva fra le mani.
«Non mi hai ancora detto come ti chiami.»
«Calen.» rispose l'altro per la seconda volta in una giornata sola. Non gli capitava molto spesso di conoscere così tanta gente nuova.
«Rowena.» si presentò anche lei, scrollando leggermente le ali in un movimento che catturò l'attenzione del biondo. Era la prima volta che Calen aveva la possibilità di osservare un paio di ali così da vicino. Sembravano fatte di carta crespa, piene di venature e così sottili da potersi spezzare o lacerare con una sola folata di vento. Si era sempre chiesto come facessero quelle creature ad andare in giro con un peso del genere sulle spalle o se le ali non fossero scomode nel momento in cui bisognava cambiarsi d'abito, ma non era mai entrato in intimità con un winged in modo da potergli porre certe domande. E non aveva ancora intenzione di farlo.
«È davvero un bel nome.» si lasciò sfuggire, cercando di evitare un pesante silenzio imbarazzante.
Rowena poggiò la tazza sul tavolino proprio di fronte e lei, girandosi a guardare Calen dritto negli occhi. «Ti hanno per caso chiesto di provare con la tattica della gentilezza?» chiese, a metà fra un tono duro ed uno neutrale.
L'altro sfarfallò le palpebre confuso affrettandosi a negare. «N-no! Assolutamente no, non sono qui per fare domande o altro. Figurati, Julian mi ha imposto di – testuali parole – trovarmi un angolino e diventare un tutt'uno con la parete.» ricordò con una smorfia. «Volevo solo, non so, farti compagnia e ascoltarti se avessi bisogno di dire una qualsiasi cosa. Anche solo che il tempo oggi fa proprio schifo.»
Rowena sorrise. Aveva ragione, c'era troppo sole.
«Perché lo fai? Sono un'estranea dopotutto e siete qui solo per indagare.»
Calen si strinse nelle spalle. «So cosa vuol dire perdere qualcuno di importante e come sia difficile trovare anche una minima cosa da dire o pensare che non sembri banale o fuori luogo. Io ho perso entrambi i miei genitori, sai? La verità è che tutti si aspettano sempre qualcosa da noi, come se vederci contorcere dal dolore o strapparci i capelli dalla disperazione sia normale o comunque più accettabile che vederci seduti tranquilli senza espressione. In casi come questi, gli altri non sanno mai come avvicinarsi e mentre noi cerchiamo qualcuno che non ci lasci mai da soli, la maggior parte della gente se ne va via comunque. Sono convinti che concederci i nostri spazi sia la cosa migliore per noi. O sono troppo spaventati dall'idea di dire la cosa sbagliata. Ecco, non volevo che ti sentissi così.»
Rowena sospirò sentendo gli occhi tornare a farsi umidi. «Già. Da questa mattina non ho fatto altro che ricevere condoglianze inutili e rispondere a domande che non avevano neanche senso. Sappiamo tutti come sono andate le cose, che senso ha continuare a scavare nello stesso punto?» mormorò. «Quello che mi fa sentire peggio è che... non posso fornire nessuna testimonianza o fare una qualsiasi cosa per aiutare perché non ero nemmeno in casa quando è successo.» sussurrò mangiata dai sensi di colpa. «Stavo tornando da un incontro diplomatico fuori città. Non capivo nemmeno perché mia madre avesse insistito così tanto per farmi partire da sola.» raccontò «Forse lei aveva già intuito qualcosa o semplicemente sapeva che sarebbe successo. Mi chiedo solo, se fossi stata qui anche io, forse...»
Calen le poggiò una mano sulla spalla senza nemmeno pensarci. «Non puoi sapere se le cose sarebbero andate diversamente o meno e non puoi nemmeno darti la colpa per quello che è successo. È sbagliato, lo sai vero?» affermò convinto.
La ragazza tirò su col naso con grazia, asciugando una lacrima fugace, tornando a riprendere l'aspetto composto che non aveva mai abbandonato se non per un brevissimo attimo.
«Lo so.» mormorò «E poi se lei fosse qui mi avrebbe già rimproverata per come mi sto comportando.» sorrise.
«Tua madre doveva essere davvero una donna forte.»
Rowena annuì. «Molto. Anche molto determinata ed estremamente sensibile. Non aveva occhi se non per la sua famiglia e il suo lavoro. Vorrei arrivare ad essere almeno la metà di quello che era lei.»
Di Lady Ariel gli avevano parlato brevemente Cassidy e Scarlett prima di arrivare alla villa. Avevano detto che spesso andavano a farle visita per discutere di alcune scoperte o che lei stessa rimaneva ospite al castello per diverso tempo quando erano vicini a districare qualche punto di importanza cruciale, ma non aveva ancora effettivamente capito di cosa si occupasse. «Mi hanno detto che era una ricercatrice.» iniziò il discorso.
«Oh, era molto più di questo.» esclamò la winged con orgoglio. «Prima che il Concilio venisse sciolto circa trent'anni fa, lei ne era uno dei membri di punta. Ha passato tutta la sua vita a occuparsi di magia, di fonti magiche, di teorie riguardo fonti alternative o di esistenza di altre dimensioni, studiando i pochissimi viaggi documentati di alcuni Riftwalker e anche di un paio di Grimori che le erano miracolosamente capitati fra le mani.» spiegò. «Ha analizzato a fondo alcune teorie secondo cui, il nostro mondo, sarebbe stato collegato ad altri in passato e a come sia avvenuta una frattura definitiva e anche come fare a ripristinare un eventuale contatto.
Alcuni credevano fosse una specie di visionaria per l'assurdità di alcune proposte che avanzò tempo addietro. Io invece sono convinta che ci sia una base di verità dietro le sue ipotesi, anche se probabilmente non tutti sono così ben disposti a crederci.»
«Io e il mio Grimorio ci crediamo eccome...» si lasciò sfuggire Calen, di nuovo, in un sospiro sbuffato senza nemmeno riflettere. A quel punto avrebbe voluto davvero tanto riuscire a parlare di persona con Lady Ariel. Sembrava essere stata una vera esperta in materia e lui poteva scommettere che avrebbe saputo come guidarlo e come rispondere a tutti i suoi interrogativi senza nemmeno batter ciglio. Ancora si stupiva del fatto che, all'inizio, nessuno gliene avesse parlato. Forse, se si fossero conosciuti prima di quella tragica circostanza, Calen avrebbe ottenuto molte risposte alle domande che ancora lo attanagliavano.
Dopo un primo momento di sgomento Rowena si alzò d'improvviso dal divanetto, scattando in piedi come se fosse rimasta scottata. «Hai un Grimorio? Quindi sei un Riftwalker!» urlò un po' troppo ad alta voce, attirando l'attenzione di tutti i presenti su di sé.
L'altro si morse un labbro con fare colpevole, gesticolando per farle abbassare la voce.
Gli avevano sempre detto di non rivelare con leggerezza che lui fosse un Riftwalker se non a persone fidatissime e ora, in pratica, di questa cosa ne era a conoscenza l'intera villa.
Persino Klaus lanciò qualche occhiata dubbiosa verso Julian, ansioso di ricevere conferma. Quest'ultimo – che inosservato aveva ascoltato per bene tutta la conversazione dall'inizio – non poté fare altro che battersi una mano in fronte e sospirare frustrato, preparandosi a intervenire qualora la questione fosse stata approfondita più del necessario.
«Potrei vederlo?» avanzò la giovane guardando Calen con occhi imploranti.
Il ragazzo per contro, contravvenendo a ogni consiglio che Julian gli aveva dato, estrasse dalla borsa il Tomo, consegnandoglielo. Tanto ormai il danno era stato fatto.
Rowena si prese il suo bel tempo per esaminare il Libro sotto ogni aspetto, anche il più inutile. Lo rigirò sotto e sopra, spulciando ogni singolo intaglio e rilievo sulla copertina, osservò attentamente la pietra annuendo fra sé e sé, passò le mani sul dorso di cuoio e infine si apprestò a sfogliarlo diligentemente, pagina dopo pagina, soffermandosi sui titoli traendo automaticamente le sue considerazioni. Sembrava realmente molto presa dalla questione e Calen già sperava di sentirsi dire qualcosa di confortante dopo quell'attenta analisi, ma quando la ragazza arrivò al titolo dell'ultima missione, si rabbuiò leggermente chiudendo il libro.
«Puoi ignorare quello che hai appena letto. Non è impellente.» si affrettò a chiarire il ragazzo, notando la sua espressione.
L'altra per contro scosse il capo. «So che Grimorio è questo. E so anche che per tornare a casa hai bisogno di completare la richiesta che ti è stata fatta.»
«Sì, ma non è il momento. Insomma i-io posso anche aspettare.» farfugliò.
«No invece!» sbottò Rowena «Mia madre avrebbe fatto i salti mortali anche solo per poterti conoscere e per poterti parlare come sto facendo io ora.» lo interruppe. «Lei diceva sempre che i Riftwalkers vanno aiutati e, se posso rendermi utile, ho tutta l'intenzione di farlo. Anche per lei.»
Calen a quel punto non poté fare altro che cedere. «Se per te va bene, allora.»
Non ci fu bisogno di aggiungere altro. Rowena sparì in un'altra stanza per ritornare poco dopo con una scatola di ferro quadrata ed una piccola chiave per poterla aprire.
«Prima che ti consegni il nostro diario, voglio che mi prometti una cosa.» lo ammonì. «Devi proteggerlo a qualsiasi costo e, soprattutto, devi fare in modo che Hollow non lo trovi mai.
Qui ci sono informazioni troppo delicate, troppo riservate e troppo specifiche.
Chi ha aggredito mia madre con ogni probabilità cercava proprio questo, ma è impossibile accedervi per qualcuno che non sia io o... mia madre.
Lo abbiamo sempre custodito in una cassaforte incantata che un ex mago del Concilio fabbricò appositamente per questo scopo. Lo proteggiamo da anni e ora, devi promettermi che farai anche tu la stessa cosa. È troppo importante.
Se il Grimorio vuole che lo abbia tu, io non ho il potere di oppormi. So che, se il destino vuole che questo finisca tra le tue mani, c'è un motivo. Solo... abbine cura.»
Come se non fosse già sotto stress di suo, aggiungere anche quella nuova consapevolezza sulle sue spalle non giovava per niente alla sua salute. Avrebbe volentieri rifiutato l'offerta e proseguito la sua vita in totale tranquillità e normalità, senza doversi rendere responsabile anche di qualcosa che avrebbe potuto nuocere gravemente a tutta Erim se solo Hollow lo avesse trovato.
Il patto che aveva stretto col Grimorio però gli impediva anche solo di avere pensieri del genere. D'altra parte la sua vita non poteva più definirsi normale e tranquilla da un bel po' di tempo.
«Te lo prometto.» fu costretto a giurare, nonostante la voce tremolante.
STAI LEGGENDO
RIFTWALKERS I - Il Grimorio Di Diamante - [Viaggio Tra Due Mondi]
FantasyCalen Fairman è solo un povero diciassettenne a cui il destino farà trovare, nella biblioteca dove lavora, un libro estremamente bizzarro che gli consentirà di compiere viaggi dimensionali. Tra giorni a scuola passati a scappare dai bulli che fanno...