Capitolo 15 - Il Diversivo

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Un'altra pessima giornata stava per concludersi al castello, senza che fosse stato compiuto alcun progresso. Ormai l'agitazione fra la gente era palpabile e in molti iniziavano ad avere dei dubbi sull'eventualità che a palazzo qualcuno sarebbe riuscito a riportare la normalità.
L'impazienza serpeggiava viva fra quanti non vedevano l'ora di rientrare nelle proprie case e di poter piangere i propri morti in maniera doverosa, stanchi di essere riempiti di menzogne riguardo le vere condizioni dei luoghi in cui risiedevano fino a pochi giorni prima.
E se l'ondata di panico andava allargandosi sempre di più, coinvolgendo ogni giorno un nucleo abitativo diverso, la regina e la sua squadra stavano invece facendo l'impossibile per cercare di combattere questa disgrazia con tutti i mezzi di cui disponevano.
Non era semplice guerreggiare su due fronti diversi, quando l'aiuto a disposizione era veramente poco. Non era piacevole vedersi negato qualsiasi supporto da parte degli altri due regni, momentaneamente impegnati a prendere misure cautelative per auto-proteggersi.
Il rischio di contagio era alto, sia per il modo in cui il veleno si era propagato, sia per colpa dell'esodo massivo di persone che, ignare, avrebbero potuto portare tracce di infezione altrove.
Eppure non si poteva nemmeno pretendere di negare ospitalità e protezione a quella gente che ormai aveva praticamente perso ogni cosa.
E così, in quei giorni apparentemente interminabili, gli umori non erano dei migliori e i piccoli problemi, puntualmente all'ordine del giorno, sembravano risultare anche più gravi di quello che erano in realtà.
La regina sembrava più affaticata del solito, perennemente concentrata a discutere con questo o quel funzionario, ad ascoltare testimonianze, a cercare di fare il possibile per rassicurare il suo popolo e ad organizzare i movimenti di ciascun individuo, affinché si potessero trarre i maggiori vantaggi senza riportare danni. Non doveva essere facile nemmeno per lei vedere parte del proprio dominio e della propria gente morire così, senza che lei fosse al momento in grado di proporre una soluzione. Ed era ancora più angosciante sapere di avere i giorni, se non i minuti, contati per poter debellare in modo definitivo l'avvelenamento. Quello che sarebbe successo nel caso non ci fossero riusciti non aveva nemmeno la forza di pensarlo.
Julian era come sempre in continuo fermento, incapace di non pensare alle parole di Elijah e alla possibilità di trovarsi di fronte all'ennesimo colpo basso della loro vecchia conoscenza.

Non aveva ricordi di un qualcosa che avesse colpito in così larga scala dall'incidente di Odessa di quindici anni prima e non poteva fare a meno di creare dei collegamenti fra i due accaduti, ma anche questa volta solo il tempo gli avrebbe fornito le conferme di cui aveva bisogno.
Per questo, pur di tenersi occupato e di non fermarsi a riflettere sulle troppe cose che avrebbe voluto fare, ma che non avrebbe potuto mai attuare da solo, aveva finito con l'aggirarsi fra le sale del castello come un uragano. Prima era corso a ufficializzare il licenziamento di Copper, non trattenendosi dall'esternare qualche perplessità su di lui; poi aveva convinto Sua Maestà riguardo l'eventualità di spedire più unità di decontaminazione sul posto, in modo che si affrettassero le operazioni di recupero. Con quello, almeno gli abitanti limitrofi si sarebbero tranquillizzati un po'. A seguire aveva insistito per presiedere ad un incontro con alcuni prefetti che stavano per venire istruiti su come procedere nei loro territori. Infine era stato obbligato a cercare di prendersi una pausa, eclissandosi completamente e andando a chiudersi nella sua stanza in attesa di ricevere nuove direttive.
Scarlett e Calen, stanchi per il viaggio e per il non aver praticamente dormito, erano rimasti da soli nel giardino, mentre cercavano di aiutare gli sfollati come potevano.
Si erano uniti alle fila di inservienti preposti, imitandone le azioni che facevano ormai da giorni.
Non si finiva mai di accogliere, ascoltare ed indirizzare famiglie intere verso alloggi o punti di raccolta di prime necessità, cercando di tanto in tanto di consolare chi era stato più sfortunato di altri; distribuendo pasti caldi e coperte.
Mentre Calen riempiva ciotole di minestra e Scarlett distribuiva pagnotte morbide, si sentivano chiedere continuamente quanto altro tempo avrebbero dovuto trascorrere lì e se stavano davvero facendo tutto il possibile.
Molte volte, se non sempre, i due finivano per rispondere in maniera rassicurante, ma del tutto falsa.
La verità era che, al momento, nessuno sapeva niente di come si sarebbe risolta quella vicenda, perché sia origine che antidoto contro l'avvelenamento erano ancora sconosciuti.
Anche se le premesse non erano buone, Elijah stava facendo un ottimo lavoro, chiuso nel suo nuovo laboratorio a palazzo, con i pochi campioni che i ragazzi erano riusciti a prelevare. Era sicuro che a breve avrebbe ottenuto la risposta che tutti stavano aspettando. La sua preparazione in materia era una delle migliori. Era stato istruito dai migliori dopotutto. Mentre era via si era confrontato con una sfilza infinita di composti difficoltosi, questo non avrebbe costituito un'eccezione.
Cassidy, seppur controvoglia, era stato costretto ad aiutarlo, passandoci a stretto contatto – molto malvolentieri – parecchio del suo tempo.
Non gli sarebbe mai andato giù il fatto che fosse stato riammesso in città con quell'estrema facilità e men che meno il fatto di doverci collaborare. Tuttavia, benché lo odiasse più di qualsiasi altra cosa esistente, provava da un lato una certa curiosità di capire le ragioni dietro le sue scelte passate. L'unica cosa che voleva, era comprendere come avesse potuto finire a lavorare per l'uomo che aveva ucciso i suoi mentori.
Cassidy conservava molti ricordi di Elijah. Per lui era sempre stato il fratello maggiore che non aveva mai avuto e sapeva perfettamente che i suoi genitori lo avevano accolto in casa loro come fosse realmente sangue del loro sangue.
Elijah non aveva una famiglia tutta sua come lui.
Era cresciuto in strada, in mezzo alle compagnie sbagliate come la maggior parte dei ragazzi senza casa. Eppure gli Halls gli avevano dato tutto. Un tetto sotto cui stare, un lavoro assicurato, un futuro, amore, una famiglia.
Più Cassidy ci pensava, più la rabbia che sentiva dentro cresceva e ribolliva proprio come le acque del torrente, facendogli salire la voglia di prenderlo per il colletto della maglia che indossava e di sbatterlo contro il muro, urlandogli in faccia quanto lo odiasse.
Più ci pensava, più non gli interessava nemmeno starlo a sentire. La delusione era così tanta da annebbiagli anche l'indistinguibile suo buonsenso.
Da quando Elijah era ritornato, a tratti, non si riconosceva. Era sicuro che anche i suoi amici si fossero accorti del cambiamento, ma, nonostante tentassero in tutti i modi di non farlo trasparire, erano in pensiero per lui.
Il fatto che gli volessero bene e che lo conoscessero come le loro tasche, aveva impedito a Cassidy di confrontarsi con loro in più di un'occasione. Gli stavano lasciando i suoi spazi e, di questo, lui era loro infinitamente riconoscente. Era grato per quel loro supporto silenzioso e non invadente.
Al contrario suo, Elijah stava scalpitando dentro al pensiero di non potersi avvicinare in alcun modo. Non aveva avuto l'occasione per spiegargli come stessero le cose, ma aveva deciso a sua volta di aspettare che Cassidy fosse disponibile ad ascoltarlo. Era inutile forzare la mano.
Sapeva di aver fatto parecchi sbagli lungo il suo percorso, ma tutto quello che aveva fatto lo aveva fatto con uno scopo preciso. Ora, seppure gli sforzi fatti fossero stati immani, finalmente qualche frutto aveva iniziato a raccoglierlo.
«Eccoti qua.» esclamò improvvisamente quest'ultimo, richiamando l'attenzione di Cassidy. Il ragazzo si staccò immediatamente dal tavolo sul quale si era afflosciato più di dieci minuti prima, avvicinandosi quel tanto che bastava per intravedere qualcosa in mezzo a tutte quelle provette, vetrini e attrezzi di cui non sapeva nemmeno il nome – figuriamoci l'uso –.
Vide Elijah girarsi, tenendo in mano, con l'ausilio di un paio di pinze, una boccetta con delle gocce di una strana sostanza marroncina, dall'odore poco promettente.
«Dovrei sapere che cos'è?» domandò arcuando un sopracciglio, tappandosi il naso l'istante dopo.
«Se tu sapessi cos'è, ne resterei negativamente sorpreso, quindi direi di no.» rispose, andando a sigillare l'ampolla in un'altra bustina.
«Che roba è?» insistesse il più giovane, vedendolo fare avanti e indietro per tutta la stanza.
«Quello che stavamo cercando.» rispose l'altro troppo preso dai suoi affari per concentrarsi a fornire una risposta decente. Come risultato, il nervosismo di Cassidy schizzò alle stelle. Allargò le braccia, urlando stizzito «Ovvero?»
Elijah finì di trottolare in giro e, senza accennare a dire niente, gli fece cenno di seguirlo con urgente fretta.
Uscirono dal laboratorio, dirigendosi nella Sala del Consiglio che né Callista, né la regina avevano mai abbandonato.
«Ci siamo.» esclamò sintetico, aspettando che il resto della squadra li raggiungesse.
Quando tutti si furono addentrati in quel salone enorme, Elijah espose la boccetta scura agli occhi di tutti. «Questa non è solo una pista concreta su cui lavorare, ma è anche una prova inconfutabile che dietro a tutto questo c'è davvero chi avevo suggerito.» annunciò. «Per quanto mi costi ammetterlo, Copper aveva ragione: c'è un guazzabuglio incredibile di sostanze a determinare la composizione di questa soluzione e la cosa non è proprio semplice.»
In vita sua poteva dire di non aver mai visto niente di simile, forse solo in qualche manuale di alchimia vecchio come il mondo stesso. Nessuno si dedicava più da secoli alla creazione di miscugli tanto complicati e dispendiosi e questo era un altro elemento che concorreva a renderlo convinto che il responsabile potesse essere solo una persona.
«Ci sono due tipi di veleni diversi, sali, estratti e cosa più importante un acidificante assolutamente non comune: radici di Seelecella.»
«Seelecella?» domandò Callista, come se non avesse capito bene.
«Sì. L'utilizzo, la produzione e la vendita di Seelecella sono stati proibiti almeno trent'anni fa. Non la si può trovare da nessuna parte, quasi nemmeno al mercato nero.
La pianta ha bisogno di specifiche condizioni climatiche per poter crescere e di altrettanta cura tecnica per poterla trattare senza rischiare la vita. Le spore che rilascia, se non si è in grado di gestirle, sono estremamente pericolose per la salute. Intaccano il sistema nervoso e inducono uno stato di paralisi di tutti i muscoli, compresi quello cardiaco.
La cosa più particolare è che ha un ciclo di vita molto breve, per cui, anche volendo, non la si può conservare per più di qualche giorno. Chi l'ha usata deve essere venuto in possesso di alcuni semi che poi ha fatto recentemente germogliare e se teniamo in considerazione che, come dicevo, la Seelecella non si trova da almeno trent'anni... significa che questo qualcuno la conserva da tempo immemore.» spiegò posando sul tavolo l'ampolla.
Julian si staccò dal muro avvicinandosi. «A me non vengono in mente molte persone che si possano permettere di conservare semi di piante proibite per oltre trent'anni. Così come non mi vengono in mente molte persone abbastanza specializzate per poterla utilizzare.» sottolineò Julian. «Servono tante altre prove?» domandò piccato a Callista. Sapeva fin dall'inizio che dietro tutto ci poteva solo essere Hollow.
Elijah annuì.
«Siamo di fronte all'evidenza. Questo qualcuno deve avere una conoscenza a dir poco infinita su tutto ciò che riguarda l'alchimia di questo tipo, perché ogni singolo elemento è bilanciato a livello quasi maniacale. Ogni componente è stato inserito con un preciso scopo, per innescare delle reazioni, senza il minimo errore. La mia ipotesi, comunque, è che non ci abbia lavorato una sola persona, ma almeno due. Entrambe notevolmente dotate.»
Julian si grattò il mento pensieroso. «Più persone...va bene, accantonando per un momento il responsabile o i responsabili, hai parlato di reazioni. Cosa sappiamo esattamente sul veleno?»
Elijah si batté un indice sulla fronte, ad indicare tutto il suo ingegno con fare soddisfatto.
«Tutto. Alcune cose sono state fuorvianti, ma, in poche parole, non è un caso che il veleno si stia diffondendo così lentamente e con queste modalità. L'acidificante, in reazione con il Tanato e con l'acqua del fiume, ha innescato un processo di auto deterioramento del composto stesso. È per questo che impiega più tempo a ricreare i legami molecolari spezzati e a moltiplicarsi. I sali e gli estratti che sono stati aggiunti, impediscono al veleno di fare presa su qualsiasi altro materiale che non sia acqua. Acqua che può essere contenuta in un corpo umano o animale; nel terreno; nei vegetali... È come se avessero plasmato una forma di vita, un organismo che si nutre di se stesso.»
Stavolta si intromise anche Scarlett con un giustissimo interrogativo. «E perché qualcuno che cerca di avvelenare un intero regno sceglie di imporre dei limiti al suo stesso operato? Voglio dire: che senso ha rallentare i tempi di propagazione e dare la possibilità di creare un antidoto? Che senso ha creare qualcosa che si autodistrugge?» chiese perplessa.
Elijah si grattò la nuca, rispondendo con l'unica possibile spiegazione. «Evidentemente la speranza che noi creiamo una cura rientra negli interessi stessi di chi ha fabbricato il composto.»
Un brusio, come quello un vespaio impazzito, si levò dal tavolo.
«Lo credo anche io.» asserì Julian all'improvviso, riportando in un attimo il silenzio in quella stanza.
Dietro quell'attacco dovevano nascondersi altre motivazioni. Se era vero che avevano raccolto prove e ipotesi a sufficienza per affermare con sicurezza che si trattasse di Hollow, era altrettanto vero che conoscevano il suo modo di agire alla perfezione. Non poteva trattarsi di un qualche mercenario di seconda mano pagato da qualcuno affinché scatenasse un putiferio di quelle dimensioni.
«Conosciamo Hollow: scatena del panico con un evento inaspettato che, di solito, necessita di un dispiegamento di molte unità per essere risolto. Come ad esempio l'incendio di qualche mese fa o le sparizioni di pietre preziose. Poi, nel momento in cui il panico ed il caos sono al massimo, lui colpisce direttamente al cuore del suo obiettivo, approfittando della distrazione generale.»
Bloomwood annuì dandogli ragione. «È secondo me esattamente quello che sta succedendo anche adesso. L'avvelenamento è solo un diversivo per sviarci e, in qualche modo, farci uscire allo scoperto. È per questo che si sta divertendo a rendere lento il processo. Non credo nemmeno che abbia intenzione di causare danni troppo seri. Ha solo bisogno di tempo, ha bisogno che il panico aumenti, che le richieste di asilo qui a palazzo raggiungano il picco, che Wendes diventi una specie di circo in cui potersi aggirare indisturbati. Sicuramente quello a cui punta è proprio qui a corte.» Bisognava solo capire di cosa si trattasse e agire in fretta, sia per prevenire ulteriori danni, che per riparare quelli già presenti.
La regina sospirò annuendo. Così come lei, anche Callista si era convinta.
«Presumibilmente sappiamo già a cosa sta puntando. La pietra Omi è già stata assegnata a un'unità fissa, per essere sorvegliata ventiquattr'ore su ventiquattro. Non possiamo tuttavia ignorare la calamità che ci affligge ora. È necessario tutelare la corte, ma è altresì importante risolvere il problema principale per poter mettere una fine definitiva all'intera questione.» informò la sovrana, incontrando l'appoggio di tutti.
«Intensificheremo anche le misure di sicurezza a palazzo, per evitare di venire attaccati da infiltrati e per evitare che possano verificarsi fughe di informazioni, ma, per fare questo, necessito che voi ragazzi vi impegniate in prima persona per risolvere l'emergenza al fiume.» comunicò alla squadra, consapevole di chiedere loro di affrontare un'ennesima missione impegnativa e rischiosa.
Cassidy e Scarlett assentirono immediatamente. Non vedevano l'ora di prendere parte attiva e di fare qualcosa di utile per la causa. Calen si unì subito dopo aver realizzato che la sovrana aveva incluso anche lui nel concetto di squadra, mentre Julian accettò a malincuore.
Avrebbe preferito molto di più restare al castello e prendere parte alle misure di protezione primarie. Era conscio però che loro erano le migliori unità disponibili per quel lavoro di ricerca. Anche se allontanarsi per chissà quanto tempo, lasciando il castello scoperto, non lo allettava parecchio, si trovò ad assentire.
«Ciò che mi lascia perplesso è come Copper non sia riuscito a scavare più a fondo nella vicenda da solo. Conosco il suo operato, non sarà una delle persone migliori del mondo, ma sa il fatto suo. In Alchimia è brillante.» aggiunse Elijah.
«Ho già chiesto di indagare su di lui, non mi convince.» esordì Julian «Quando l'abbiamo estromesso dalla ricerca, stranamente non ha obiettato. Per uno che cerca solo il compenso e non si batte per la causa, l'ho trovato parecchio insolito.»
«Abbiamo avviato indagini.» confermò anche la regina.
Elijah annuì di nuovo, fermandosi a riflettere tra sé e sé.
«Che si fa ora? Possiamo preparare un antidoto, giusto?» domandò Cassidy.
«Naturalmente.» rispose Bloomwood.
«Vi informo da subito che non ho tutti gli ingredienti che mi servono, quindi la prima cosa che dovrete fare è procurarvi le materie prime.» chiarificò.
I ragazzi si guardarono sconcertati. Reperire materie prime era un compito che erano arrivati ad odiare. Calen in particolare. La memoria gli ricordava che era andata piuttosto male l'ultima volta a Endor. Aveva quasi finito per fare da spuntino mattutino ad un drago di terra. Non era entusiasta all'idea di un probabile bis, esattamente come non lo erano tutti gli altri.
«Che cosa ti serve?» domandò ancora Cassidy.
«Mi servono delle perle.» espose sinteticamente. «Delle perle che crescono solo nel mare del Sud.»
Tutti e quattro fecero una smorfia irriproducibile.
«Nel mare del Sud? E se non le troviamo in tempo? Rischiamo di non poter ottenere nessuna cura.» sbottò Scarlett allargando le braccia.
«Allora sarebbe utile che partiste subito.» sottolineò Callista.
Il fiume Igne sfociava diretto nel mare del Sud e, se il contagio fosse arrivato fin lì, sarebbe stato impossibile recuperare le perle necessarie.
«Diteci cosa dobbiamo fare.» intervenne Julian, pragmatico come il suo solito.
Elijah iniziò a spiegarsi subito senza perdere tempo.
Le perle che dovevano recuperare non erano molto comuni, tutt'altro per la verità. Grandi quanto una capocchia di spillo, rilucevano di tutti i colori dell'arcobaleno. L'estratto che si ricavava una volta lavorate, aveva proprietà purificatrici totali. Una piccola quantità di estratto sarebbe stata sufficiente – mischiata ad altri sali e composti dello stesso genere – a debellare qualsiasi tipo di infezione, anche la più letale.
Per creare un antidoto alternativo sarebbero serviti anni di lavoro e materiali altrettanto ardui da trovare. Il fattore tempo non era favorevole e questo aveva spinto Elijah a proporre questa soluzione. Era la via più semplice, ma anche la più rischiosa e pericolosa, di questo ne era consapevole.
Poco prima dell'immediata partenza, Callista aveva radunato tutti nel suo studio e spiegato ai ragazzi che, entrare in possesso delle perle, non era esattamente una passeggiata. Non si aveva una certezza riguardo la loro precisa ubicazione, si trattava per lo più di un'area – anche abbastanza vasta – dove la possibilità della loro crescita era molto probabile.
La nota dolente era proprio questa: le perle si trovavano ben ancorate al fondale marino. Non potevano scandagliare la zona restando in superficie, il che rendeva quel tipo di ricerca molto più ardua e complessa.
«Come si fa a perlustrare il fondale di un mare?» aveva chiesto Scarlett, restando alquanto basita. Era umanamente impossibile restare sott'acqua per più di un minuto senza ossigeno.
Era umanamente impossibile anche scendere troppo sott'acqua senza preparazione: la pressione li avrebbe uccisi.
Callista per fortuna sembrava sempre avere tutte le risposte del caso. «Prendete questi.» aveva detto loro, prima di consegnare sul palmo aperto di ciascuno, una collana fatta con un filo d'alga al cui centro era attaccata un'altra perla. Una perla di colore bianco pallidissimo con un diametro di almeno due centimetri. «Legatela al collo e non separatevene mai.» li aveva ammoniti. «Questa viene chiamata la perla del pescatore. Un tempo venivano usate dai marinai per cacciare meglio sott'acqua e che ci crediate o no, anche per nascondere tesori. Oggi sono comunissime, molto più che allora e le si può trovare dappertutto. Di solito vengono commerciate come equipaggiamento per chi intende passare un pomeriggio esplorando i fondali.» stava spiegando. «A contatto con l'acqua la perla si gonfia fino a ricoprire l'intera faccia, come una bolla trasparente consentendo di respirare e parlare normalmente, come se foste sulla terraferma. L'unica pecca è che tendono ad esaurirsi con estrema facilità. Ve ne accorgerete subito: la bolla inizierà a farsi mano a mano più sottile cambiando colore. Ci sono tre gradazioni cromatiche prima che la perla scoppi: azzurro, blu e viola. Quando la vedete completamente annerita dovreste essere già fuori dall'acqua. State attenti e monitoratevi a vicenda.» esclamò.
Scarlett, non particolarmente amante dell'acqua, strinse forte la collana deglutendo a vuoto. «Che facciamo se non dovessimo trovare le perle prima del tempo che abbiamo?»
Callista scosse il capo. «Ci auguriamo tutti che il tempo che vi è concesso sia sufficiente.» mormorò.
Gli altri avevano annuito poco convinti. Non potevano fare altrimenti.
«Conosco un percorso insolito per facilitarvi nella discesa in mare. L'Aeronave fa l'ultimo scalo nel porto sulla costa nord-est, da qui dovrete proseguire a piedi verso ovest per un tratto di terra, circa un paio di chilometri. Troverete ad un certo punto un sottile sentiero di sabbia e scogli che vi porterà ad una specie di isolotto in prossimità della costa. Sull'isolotto si trova un promontorio, questa è la vostra meta. È impossibile sbagliare percorso.
Arrivati al promontorio troverete accesso alla montagna tramite una piccola grotticina, giusto ai piedi della vetta. Una volta all'interno dovrete semplicemente proseguire fino a trovare una sorta di laghetto al coperto che si collega direttamente con il mare circostante. Quello sarà il punto in cui dovrete immergervi in acqua.»
Sembrava una specie di caccia al tesoro, solo in versione più reale e Calen si era già perso alle parole costa nord-est. Fosse dipeso da lui l'esito del viaggio sarebbe stato un fiasco.
«So che sembra difficile, ma so anche che siete molto in gamba. È importante che non vi tuffiate in mare aperto perché le correnti in superficie sono forti e le acque, beh... diciamo che possono rivelarsi un po' insidiose.» sintetizzò molto in breve. «Entrare da dove vi ho suggerito vi agevolerà in una discesa più lenta e in un tratto protetto da pareti rocciose che fungono da galleria. Vi ritroverete in un attimo giusto sul fondo del mare senza troppi problemi.»
«E una volta arrivati in fondo, che si fa?» domandò Cassidy.
«Una volta arrivati sul fondo dovrete sforzarvi di cercare un tratto di fondale particolarmente buio e ricco di alghe colorate. Le perle in questione crescono in ambienti scuri e protetti da vegetazione abbastanza ricca e varia. Scartate a priori i posti in cui vedete filtrare troppi raggi del sole o parti troppo spoglie.» suggerì, cercando di essere il più precisa ed esaustiva possibile.
Julian aveva guardato in faccia i suoi compagni, fermandosi più del necessario a scrutare l'espressione ansiosa di Calen che, senza accorgersene, aveva preso a torturarsi le labbra con i denti in modo molto vistoso.
Anche in quel caso era stato invaso dalla forte voglia di trovare una scusa per non portarselo dietro e anche quella volta era stato costretto a mordersi la lingua e a prepararsi ad altre ore di apprensione riguardo la sua sorte.
Sperava solo di avere un pizzico di fortuna in più questa volta. «Tutto chiaro.» esordì il ragazzo, sciogliendo le braccia che aveva tenuto incrociate fino ad allora «Direi di non perdere altro tempo inutile in chiacchiere. Finiamo di prepararci e partiamo subito.»

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