Diciotto esempi perfetti per iniziare un libro

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Fondamentali in un manoscritto sono uno stile personale ed efficace e una storia originale e coinvolgente


«Fate attenzione a quello che ora vi racconto.» Bohumil Hrabal, Ho servito il re d'Inghilterra, 1971

Mi sembra che gli editor che mi hanno preceduto lo abbiano già detto varie volte, ma ci tengo a ripeterlo: al momento della lettura e della selezione di un manoscritto, per un editor l'incipit non è fondamentale perché può sempre essere riscritto o totalmente cambiato dall'autore prima della pubblicazione. Fondamentali in un manoscritto, almeno per me, sono invece uno stile personale ed efficace e una storia originale e coinvolgente. Stile e storia, durante l'editing, possono essere certamente migliorati, ma non possono in alcun modo essere ricreati dal nulla: o ci sono o non ci sono. Un editor che interrompesse la sua lettura dopo un incipit insoddisfacente correrebbe il rischio di farsi sfuggire libri bellissimi. E la storia della letteratura mondiale, piena di capolavori con incipit davvero poco significativi, se non insignificanti, è lì a ricordarlo. Detto questo, ritengo che un buon incipit possa invece aiutare un libro a farsi strada nell'affollatissima giungla delle librerie: sono molti i lettori che, incuriositi da un titolo o da una copertina, aprono il libro e ne leggono le prime righe per decidere se è proprio quello il libro di cui hanno voglia e bisogno. Il primo compito di un incipit sarà quindi quello di sedurre e incuriosire il lettore, dargli una promessa di felicità nella consapevolezza che quella promessa andrà però mantenuta. Si tratta infatti di un vero e proprio impegno che lo scrittore prende con il suo lettore: "io ti offro questi ingredienti, fidati di me, leggimi e non resterai deluso". E poiché non c'è nulla di peggio di una promessa non mantenuta, per lo scrittore sarebbe un vero boomerang apparecchiare un incipit pirotecnico che non abbia niente a che fare con il resto del libro: ne otterrebbe solo un lettore deluso e rancoroso.

Ricapitolando: seduzione, patto con il lettore e niente effetti speciali che nascondano il nulla. L'autore deve essere come l'«oste onesto e benintenzionato» di cui si parla nell'incipit di un capolavoro inglese del Settecento:

«L'autore dovrebbe considerare se stesso non come un gentiluomo che offra un pranzo in forma privata o d'elemosina, bensì come il padrone d'una taverna aperta a chiunque paghi. Nel primo caso, colui che invita offre naturalmente il cibo che vuole, e quand'anche questo sia mediocre e magari sgradevole ai loro gusti, gli ospiti non debbono protestare; ché l'educazione impone loro d'approvare e lodare qualunque cosa venga loro posta dinanzi. Proprio il contrario accade al padrone d'una taverna. Quelli che pagano vogliono dar soddisfazione al proprio palato, anche quando questo sia raffinato e capriccioso, e se non è tutto di loro gusto, si sentono in diritto di criticare, di protestare, d'imprecar magari contro il pranzo, senz'alcun ritegno. Ecco perché, per non deludere i clienti, l'oste onesto e benintenzionato espone in genere una lista delle pietanze, a cui tutti, appena entrati nella taverna, possono gettare uno sguardo; ed essendosi resi conto di quel che c'è, possono rimanere gustando ciò che vien loro offerto, oppure andarsene altrove dove la lista meglio s'accordi coi loro gusti.» Henry Fielding, Tom Jones, 1749 

L'autore-oste deve quindi offrire un incipit che sia al tempo stesso attraente e in sintonia con il resto del pranzo-romanzo. Senza nessun intento canonico, trascriverò sotto alcuni incipit di grandi romanzi che ritengo molto efficaci, seppure in modi diversi. Poiché molti, troppi romanzi iniziano con la descrizione fisica del protagonista, un buon incipit 'descrittivo' sarà quindi quello che riesce in qualche modo a differenziarsi dalla massa. In questo caso, per esempio, sfruttando la lettera V: 

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