TREDICESIMO CAPITOLO - PRIMA PARTE

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Sapevo che Jane sarebbe arrivata ieri sera ma era troppo, non riuscivo a reggere la situazione. Non riuscivo ad evitare alle mie lacrime di uscire violente sul volto. Inutile dire che si è fiondata subito su di me, mi ha ascoltata piangere per un bel po' e quando non avevo più lacrime da cacciar fuori, ho iniziato a reagire. Più o meno. Ho raccontato come sono andati i fatti e come mi sentivo ogni volta che, guardando il cellulare, constatavo che Liam non mi aveva cercato. Jane ha sparato a raffica una marea di insulti che renderebbe fiero lo stesso Liam, poi mi ha costretto ad una doccia e ad un pigiama pulito. Non avevo bisogno di cambiare anche le coperte, lo avevo già fatto durante la notte perché ormai non ne potevo più. Ero indecisa se l'odore di Liam mi desse alla testa e me lo facesse desiderare di più e mi facesse piangere ulteriormente, o mi desse alla testa e basta. Nel dubbio, nel cuore della notte ho tirato via tutte le coperte e messe di pulite. Non era cambiato nulla. Le lacrime continuavano a scendere incessanti.

Questa notte non va meglio.
Jane ha insistito affinché dormissimo nello stesso letto, il suo. Ha resistito più di quanto mi aspettassi, ma poi è crollata. Così ora mi ritrovo a fissare il mio letto, stavolta rifatto alla perfezione, con il braccio di Jane che penzola sulla mia pancia e il suo russare nell'orecchio destro.
Alle sei e mezza di mattina non ne posso più, mi alzo e vado a farmi una doccia, metto dei leggins ed un felpone con i miei soliti anfibi, alzo i capelli in un morbido e scompigliato chignon sulla testa e al mio ritorno Jane dorme ancora beatamente mentre io preparo la mia borsa con un po' di cose.

Verso le sette e mezza, più o meno dopo quaranta minuti che ho trascorso a fissare il mio armadio, Jane ha raccolto le sue cose per fare la doccia. Alle sette e cinquanta siamo entrambe pronte, solo che io non ci riesco. Non riesco ad andare in nessun posto che possa ricordarmi Liam. Quindi lascio che Jane si rechi da sola alla mensa dicendole che l'avrei raggiunta io dopo poco. Ma una volta uscita, dopo venti minuti, tempo trascorso a pensare se chiamare o meno, sono uscita io. Prima di farlo ho preso carta e penna ed ho scritto a Jane un messaggio che ho poi lasciato sulla scrivania - la sua, ovviamente - dicendole che avevo bisogno di un paio di giorni lontana da qui e che mi sarebbe mancata.

Ammetto che il pensiero di perdere due o tre giorni di lezioni non mi alletta particolarmente, ma so di essere in grado di recuperare e quindi ho deciso di partire. Non riuscivo e non riesco a pensare a come sarebbe rivedere Liam e non ho intenzione di scoprirlo oggi.

 Mio padre è sempre pronto per un po' di coccole e per stare qualche giorno con la sua bambina, solo che ora la sua bambina è incazzata nera con lui.
Quando, una volta arrivata al King County International Airport, ho chiamato mia madre per poterle chiedere se aveva posto a casa per qualche giorno, potrei giurare che stesse piangendo, di felicità, mi auguro. Ha detto di potermi ospitare nella sua casa a Sudden Valley, più o meno a ottanta

ovanta minuti da Seattle. 

Ovviamente ho lasciato la macchina di Jane al suo posto, non mi sono sentita nella posizione di pretendere che me la prestasse e non per un viaggio breve. Quindi ho chiamato un taxi che mi ha accompagnata fin all'aeroporto. Ho dovuto spendere parte dei miei risparmi per questo viaggio, e ciò mi ha fatto riflettere sul fatto di dover prendere molto più seriamente il lavoro al locale. Cantare lì può farmi guadagnare molto di più se fisso delle vere serate.


Durante il viaggio ho riascoltato la pen-drive, giusto per farmi del male. Ogni canzone, ogni singola canzone, mi ricordava Liam e le nostre giornate assieme. I suoi capelli arruffati al mattino e il sorriso nervoso quando cercava di farmi qualche complimento. All'appuntamento al ristorante sul mare, al mare e ai suoi occhi che sono meglio di qualsiasi altro oceano.

Quando Jane ha capito che non l'avrei raggiunta, ha provato a chiamarmi due volte, ma poi ho preferito spegnere il cellulare.

 Il viaggio è stato abbastanza rilassante nonostante tutti si lamentino dei viaggi lunghi, a me piacciono. Ho provato a chiudere occhio diverse volte ma la bambina con i codini rossi seduta accanto a me riteneva opportuno che di tanto in tanto dovessi vedere quanto fosse brava a giocare a quei stupidi aggeggi portabili.

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