Condannati

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"Cara Victorie,
ho fatto un grosso errore, non una ma ben due volte e, sebbene sia consapevole che questa lettera non potrai capire o tanto meno leggere, voglio liberarmi di questo peso scrivendo quello che, giorno dopo giorno, continuo a fare senza te. A scriverti dei miei sensi di colpa e di come io non mi riconosca più.
Infondo io ci spero ancora in noi, e spero ancora che il dottore si sia solo sbagliato e che tu non ti sveglierai con il ricordo di me ancora ragazzino, ancora immaturo nel capire quanto ti amassi.
Infondo spero che tu possa trovare me stesso, perché io non so più dove sia finito."

Ne aveva scritte di lettere in quegli ultimi mesi, e nelle ultime settimane ne aveva bruciate tante senza spedirle e senza dare una risposta.

"Incendio" disse sottovoce mentre bruciava anche quella, come se distruggendola potesse distruggere tutto quello che non andava bene in lui.

"È l'ennesima lettera che brucia" poi la voce di Calypso Dolohov compariva all'improvviso e di nuovo lo stordiva che quasi si dimenticava di tutto quel tormento che aveva dentro.

"E non sarà l'ultima" le sorrise amaramente, seduto su quella vecchia poltrona della Stamberga.

Calypso gli rivolse un breve sguardo e poi si sedette sul pavimento, accanto la finestra da dove si vedeva un cielo grigio che prometteva pioggia.

"Come sta?" dapprima non seppe se la domanda fosse rivolta a lui, ma quando lei abbassò lo sguardo capì che Calypso si riferiva a Vic.

"Come sempre..." rispose Ted "Ma ormai cosa me ne importa?" disse dopo un lungo silenzio, alzandosi dalla poltrona per sgranchirsi le gambe mentre Calypso lo osservava in tutto quello che faceva.

"Io so che cosa le sta accadendo, profess-

"Ted, chiamami Ted" la corresse "E dammi del tu, non sono così vecchio" disse con stanchezza infine, appoggiandosi con la schiena alla porta chiusa.

"Non le darò del tu, non la chiamerò Ted... lei è ancora il mio professore" sapeva che Calypso non avrebbe mai voluto chiamarlo con il suo nome e che non avrebbe mai voluto dargli più confidenza di quella che già c'era stata "Ma noi ci siamo baciati..." tuttavia controbatté Ted, con un mezzo sorriso sulle labbra che per la prima volta fecero arrossire la fredda Dolohov.

"Non ha significato nulla..." rispose infatti quella, alzandosi e prendendo la sua borsa "Lei lo ha fatto perché è troppo debole per resistere alle tentazioni del dolore" ecco che ritornava la Calypso senza emozioni che aveva visto la prima volta, la Calypso con gli occhi spenti.

"Io l'ho fatto perché lo volevo, Calypso" Ted si sentiva in colpa per quei baci rubati ma non poteva fare finta di non aver provato un brivido quando si erano toccati così intimamente "Inutile dire che ormai siamo condannati" completò la frase.

Calypso lo guardò un'ultima volta, poi uscì dalla stanza senza aggiungere altro e arrabbiata, furiosa per quello che stava accadendo, per lo schifo a cui lei era perennemente abituata a stare.

"Dolohov, stai attenta!" Erik Goldestein era l'ultima persona che avrebbe voluto incontrare.

"Lasciami stare, sanguesporco" aveva sentito bene o la Dolohov lo aveva appena offeso?

"Come ti permetti, feccia del nostro mondo?" era così irritato che non ci aveva visto due volte e l'aveva spinta a terra.

Calypso cercò di rialzarsi e afferrò la bacchetta che gli puntò subito contro.

"Vai via, Goldestein, o ti giuro che finisce male"

Ma cosa era successo alla vecchia Calypso Dolohov che ignorava tutti e non rispondeva alle provocazioni? Che fine aveva fatto la Calypso che aveva preservato tanto?

"Oh, certo, come se della feccia come te potesse farmi paura... Expelliarmus!"

La bacchetta di Calypso volò via dalla sua mano, ad una decina di metri da lei e Goldestein, e poi si ritrovò a testa in giù con quello schifoso di un Corvonero che continuò ad umiliarla fino a quando non sentì qualcuno urlare e lei si ritrovò a terra, con la mascella ed il braccio dolorante.

"Tutto bene?" le chiese una voce familiare.

Calypso non rispose fino a quando non mise a fuoco il suo interlocutore, era la Potter che la stava aiutando ad alzarsi.

"Goldestein la pagherà per quello che ha fatto"

"No!" esclamò Calypso "Lascia stare..." aggiunse in fretta mentre lei la guardava accigliata "Sto bene... grazie" si affrettò ad aggiungere mentre scappava giù nei sotterranei convinta che un bel sonno le avrebbe fatto dimenticare tutto quello schifo.

Lily la guardò allontanarsi e da come correva, pensò che la Dolohov doveva stare bene. Ma era lei quella che non lo era affatto. Far anche solo finta di essere la ragazza di quel farabutto le faceva venire i brividi.

"Chi ti credi di essere?" perciò lo attaccò quando lo raggiunse come al solito in biblioteca.

Erik alzò lo sguardo dalla sua pergamena e la guardò con sufficienza.

"Smettila di dare spettacolo, Potter" ma Lily avrebbe rischiato tutto pur di dare una bella lezione a quell'idiota "Ho detto: chi ti credi di essere?" quindi lo afferrò per la camicia della divisa.

Erik le afferrò la mano cercando di liberarsi, nonostante dallo sguardo Lily aveva capito avesse recepito il messaggio.

"Non qui" le rispose infatti, facendole strada nel corridoio fuori dalla biblioteca.

"Perché hai dovuto essere così meschino?" Lily era fuori di sé, sapeva che Erik era un bastardo ma non pensava sarebbe stato quel tipo di persona.

"Non sono affari tuoi" le rispose cinico.

Lily lo guardò a lungo, senza rispondere. Gli occhi chiari di Goldestein sostenevano il suo sguardo, ed erano così glaciali che Lily si rese conto che fosse inutile combattere o cercare di capire perché Erik si fosse comportato in quel modo vile, perché volesse che lei fosse la sua ragazza o perché avesse bisogno di sentirsi migliore di tutti.

"Hai ragione" perciò si limitò a dire "Infondo non ho nessun interesse a capirti" detto ciò lo sorpassò e lasciò il giovane Corvonero interdetto.

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