Chapter 18.

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Il giorno seguente fu una sottospecie di inferno.
Mancavano pochi giorni ad Halloween e tutta la scuola era piena di decorazioni e striscioni. Tutti gli studenti stavano parlando della festa e da cosa si sarebbero vestiti.

Quella mattina - mentre aspettavo che suonasse la campanella - ero con i miei amici, come al solito. Calum però non era con noi. Lo avevo visto passare di fretta, insieme all'amica di Laura, Raini.
Con noi c'era Marcus, che stava parlando con Chase, di qualcosa che riguardava un film che era da poco uscito al cinema.
David teneva la testa bassa, senza guardare negli occhi nessuno.
"David, stai bene?" Domandai, affiancandolo.
"Sì, sono solo stanco. E non sono pronto agli allenamenti di oggi pomeriggio." Disse, dandosi un leggero schiaffo, per svegliarsi.

Entrammo a scuola, quando suonò la campanella. Ci dividemmo lungo il corridoio, diretti verso le nostre classi.
"Marcus, tu..." Mi voltai, rendendomi conto di essere rimasto solo. "Oh."

Arrivai a studi sociali ed andai a sedermi al mio banco. I miei compagni mi sorrisero ed io ricambiai, senza capire.
Cosa prendeva a tutti?
Ah già, ero il fottuto capitano di football, che aveva fatto il punto vincente, negli ultimi secondi.
Per loro ero Ross Lynch il quarterback. Per tutti ero quello. Quello e niente altro.
Mi sistemai al mio posto, tirando fuori i libri.
Odiavo questo corso. Mi ci ero iscritto al sophomore, quando lo avevo insieme ai miei amici. Poi l'anno scorso ci separarono, a causa degli orari diversi.
Odiavo questo corso, perché ero capitato in una classe di pazzi. Dei pazzi che avrebbero fatto di tutto per farsi notare.
Dei pazzi per i quali io ero una sottospecie di idolo, di modello da seguire. Quello che non sbagliava mai.
In tutta la mia carriera di giocatore non avevo mai sbagliato un punto. Tutte le partite in cui avevo giocato le avevamo vinte. Mi consideravano una specie di portafortuna.
Ero entrato nella squadra al freshman, mentre tutti gli altri ci entravano al sophomore. Questo perché ero il più snello ed agile della squadra ed il quarterback precedente aveva finito il liceo e ne serviva uno nuovo.
Al primo anno mi chiamavano tutti 'Little Bullet', perché nonostante fossi agile, non ero poi così alto. Quel nome smisero di usarlo, quando il ragazzino di quattordici anni di un metro e sessantatre divenne il capitano, di un metro ed ottantacinque.
Ero soddisfatto di essermi tolto quel nome ridicolo. Non sopportavo gli sguardi della gente, che comunque mi prendeva in giro, perché secondo loro ero entrato in squadra per pura fortuna.

Sentii qualcuno toccarmi la spalla. Mi voltai e notai l'intera classe intorno a me, che mi fissavano.
"Sì?" Domandai, alzando un sopracciglio.
"Potresti autografarci le maglie?" Mi chiese un ragazzo latino, sorridendo. Solo in quel momento notai che tutti avevano in mano una maglia con lo stemma della scuola.
"Come prego?"
"Vorremmo un tuo autografo! Hai vinto la prima partita e poi questo è l'ultimo anno."
Uno ad uno mi porsero le maglie, sulle quali io scrissi il mio nome.
Mi sentii come una di quelle persone famose, alla quale nessuno chiedeva come stesse, ma se poteva far loro un autografo.

Il professore entrò in classe, nello stesso momento in cui io finii di firmare anche l'ultima maglia.
Se prima la mia voglia di fare lezione era poca, in quel momento era meno di zero.

Mi ero ritrovato in una classe di gente falsa, nella quale c'era persino Celine e, a dirla tutta, non potevo negare che la questione con lei bruciava ancora.
Era incredibile come lei e tutti gli altri pensavano di potermi avere, come se fossi uno stupido trofeo.
Non ero un fottuto oggetto, che tutti potevano usare e poi buttare, dopo essersi divertiti.
Ero stanco ed ero consapevole che non ce l'avrei fatta ancora a lungo.

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Uscii da quella classe, due ore dopo.
Mi girava la testa e di andare agli allenamenti non ne avevo voglia.
Feci per incamminarmi verso i distributori, per prendere qualcosa da mangiare, quando mi sentii chiamare.
Mi voltai, osservando distrattamente  il corridoio che si svuotava.
Davanti a me trovai Celine, che mi guardava sorridente.
Che avesse da sorridere, non riuscii a capirlo.
Non le era bastato prendermi il cuore e gettarlo? Non le era bastato ridermi in faccia, dopo avermi distrutto dentro?
Era stato quello il brutto della nostra rottura: che lei era divertita, mentre io ero come disperato e non sapevo come andare avanti.
Celine si era dimostrata una stronza, di quelle vere.
Non era quel genere di stronza che facevano vedere in quei film cliché.
No.
Aveva sempre delle maglie a fiori, con dei jeans. Era alta. I suoi capelli erano castani, con le punte bionde. Il problema? Lo stacco era così evidente che sembrava una goleador alla coca cola.
"Hey Ross." Mi salutò, con quella sua voce cinghuettante. Mi sarei voluto strappare le orecchie.
"Che vuoi?" Domandai, con astio. Non volevo parlare con lei. Non dopo così tanto tempo.
"Volevo dirti che sei stato bravissimo alla partita." Disse, guardandomi negli occhi. Sbattè le sue lunghe ciglia, palesemente finte.
Le sue labbra erano sempre state carnose; ma, sinceramente, non erano quelle che mi interessavano al momento.
"Beh, okay grazie." Feci per voltarmi, ma lei mi afferrò il polso, fermandomi. La guardai truce e lei ritrasse la mano.
"Uhm... volevo chiederti se ti andasse di uscire ogni tanto."
"No." Risposi semplicemente.
Qualsiasi ragazzo mi avrebbe dato del pazzo. Celine Saren era una delle ragazze più belle delle scuola.
Ma per i miei occhi e per il mio cuore ce n'era una sola, che non era lei.
"Oh ehm..." Lei balbettò. Ci era rimasta male, non accettava un rifiuto.
"La tua possibilità la hai avuta. Ma hai preferito uscire con me perché ero il quarterback, non tanto perché ti piacevo. Hai preferito scaricarmi come se fossi nulla. Sinceramente, non sei più quella che cerco, da molto tempo ormai." Ammisi, guardandola come se avessi davanti la peggiore delle assassine.
Mi voltai e, questa volta, Celine non mi fermò.

Don't Forget Me Now || A Raura Fanfic.Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora