Capitolo 1. Mi chiamano Trouble.

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<James, dai lasciami andare...>
Dissi spazientita, mentre lui mi tratteneva il braccio per non farmi alzare dal letto.
<Trouble, ti prego resta un altro po'!>
Mi supplicò il ragazzo.
<No Jamie, devo andare. Billy mi aspetta a casa deve andare a scuola e io a sgobbare al caffè.>
Finalmente riuscii a liberarmi dalle sue grinfie. Avevo il braccio dolorante tanto che l'aveva stretto.
Mi rivestii velocemente, mentre lui mi osservava ammaliato.
Lunghi capelli biondi scendevano fino il fondoschiena, li legai in una coda alta e mi affrettai a mettermi il solito rossetto rosso.
<Per te ci sarà mai qualcosa oltre al sesso?> mi chiese lui con aria malinconica.
<Oh, ti prego James. Sembri un' adolescente frustrata!! Ne abbiamo già parlato. Quando ti passerà l'effetto post sesso, ritornerai normale. Non ti scordare le prove della band di stasera!!>
<D'accordo. Già te ne vai?>
<Ciao James.>
Aprii la porta del monolocale e finalmente me la chiusi alle spalle.
Dovevo correre, Billy sicuramente già era sveglio e pronto per andare a scuola.
Quella mattina le strade erano più fredde del solito e la neve era caduta incessantemente durante la notte.
Sembrava che fosse già Natale, ma eravamo soltanto ai primi di dicembre.
Il mio giubbotto di pelle non scaldava più così tanto, ma tutti i miei soldi servivano per tirare avanti e per mantenere il mio fratellino.
Svoltai l'angolo e finalmente arrivai sotto il mio palazzo.
<Hey Trouble, come va oggi?> mi disse il vicino del primo piano, che come il solito lasciava la porta aperta.
<Benone Bolt, ci vediamo!!>
Salii velocemente l'interminabile rampa di scale e finalmente arrivai al quinto piano. L'ascensore era guasta da mesi ormai e nessuno del condominio poteva permettersi di aggiustarla.
Aprii la porta e mi ritrovai davanti il piccolo Billy imbronciato a braccia incrociate, seduto su una sedia di fronte alla porta.
<Hey!> esclamai allegra.
<Hey?Dove sei stata tutta la notte?!> mi disse arrabbiato.
Mi fece scappare un sorriso e poi divertita dissi.
<Sono stata da James.>
<Ah sei stata da quella scimmia ottusa?! Ti ha messo le mani addosso quello stronzo?>
<Nanerottolo, non ti è consentito dire parolacce fino a quando non avrai 16 anni!!>
<Ma io lo odio!! E poi perché tu puoi darmi ordini e io no?>
<Perché tu sei alto quanto un chicco di caffè! Avanti apri lo zaino!>
Gli avevo preparato due toast al burro di arachidi per il pranzo.
Billy era un ragazzino molto intelligente e maturo per la sua età. A soli otto anni era riuscito a vincere una borsa di studio per partecipare alle olimpiadi della matematica, dove era arrivato quarto.
Era il mio orgoglio, l'unica persona con cui non c'erano bisogno di parole per sentirmi me stessa.
Uscimmo di casa e frettolosamente lo accompagnai a scuola.
Billy non perdeva mai un giorno di scuola adorava studiare, praticamente era tutto l'opposto di me.

Tutte le mattine andavo a lavorare al Paradise caffè, un bar che si trova tra la sedicesima e la diciasettesima strada. Lavoravo lì da quando avevo sedici anni ed ormai quel posto era diventato una seconda casa.
I clienti abituali erano per la maggioranza taxisti o camionisti, ma di tanto in tanto era popolato da giovani musicisti e da ragazzi alternativi ed ovviamente li conoscevo tutti.
Il campanello della porta del bar oscillò, come sempre, non appena io l'aprii per entrare.
<Ogni giorno che passa dieci minuti più in ritardo!!Avanti muoviti!!>
Sbraitò sprezzante il signor Hank.
Scattai come un fulmine dietro il bancone ed iniziai a sistemare tutto.
<Buongiorno Trouble!!> mi disse amorevole la mia collega Sam.
<Buongiorno Sammy, sempre più inacidito il vecchio Hank non credi?>
<Assolutamente!!> mi rispose sorridendo.
Nonostante fosse presto, il bar era pienissimo. Di solito a quell'ora i taxisti facevano colazione prima di andare a lavoro e qualche studente si tratteneva per ripetere la lezione. Di giorno la situazione era completamente tranquilla, il contrario della notte, dove tutto cambiava e diventava caotico e anche un po' pericoloso, ma io ero abituata a vivere in quel contesto.
L'ambiente era completamente inadatto ad una ragazza, ma non mi sentivo per niente a disagio.
Era il mio mondo, il mio modo di vivere e con gli anni mi ero guadagnata anche un certo rispetto.
<Hey Trouble, allora stanotte sei stata con James?> mi domandò Sam incuriosita.
<Sì come ogni giovedì sera.> dissi tranquilla, mentre preparavo le fritelle che lei avrebbe dovuto portare al tavolo tre.
<Mmm e non state insieme? Perché?>
<Non ci penso proprio Sam, è un amico.>
<Un amico e te lo scopi?>
<Il mio migliore amico.> dissi fancendole un occhiolino malizioso.
<Ti accontenti di essere la sua troia?>
<Hey, frena frena, è lui la mia troia!!> dissi infastidita.
Sam aveva una mentalità molto retrograda; detestavo quando si dava delle arie e faceva la finta buonista del cavolo.
<Ah Trouble, sei una donna, quando te lo ficcherai in quella testa vuota?
Se mio padre sapesse che conducessi una vita come la tua...>
Non riuscivo più a sentire le sue prediche, era davvero fastidiosa.
<Sam, io non ho un padre, so badare a me stessa, ho le mie regole e vado a letto con chi mi pare senza dar conto nessuno, ok?>
Dissi irritata mentre preparavo i caffè.
<Tu un padre ce l'hai!!>
Mi ammonì subito.
<Chiamalo padre uno che vive chilometri di distanza dai suoi figli per giunta con un'altra donna e con altri figli, senza darci un centesimo per vivere e che torna a casa solo quando litiga con quella megera... Per favore Sam, lasciami stare!!>
Tagliai a corto. Quanto odiavo sentirmi giudicata.
La mia vita era una merda, ma a me stava bene così. Avevo raggiunto la mia stabilità, ero determinata a crescere mio fratello nel migliore dei modi e poi c'era la musica, il mio rifugio.
Sentivo che prima o poi sarei riuscita a raggiungere la vetta, dovevo solo conoscere le persone giuste.
Andavo avanti ed ero fiera di quello che facevo, io ero così spericolata, irrazionale, ero una donna con gli attributi, che cercava rogne senza mai portarsi i guai a casa.
Io ero Trouble e non mi dispiaceva affatto.

La giornata in quel bar era interminable, dovevo fare il doppio turno per arrotondare lo stipendio.
Durante la pausa pranzo ritornai a casa mi cambiai e corsi a prendere Billy a scuola.
Non sapevo cosa significasse la parola riposo oppure mangiare seduta.
Per strada sia io che mio fratello mangiammo un panino.
<Allora Billy, stasera ho il doppio turno...>
<Oh no Leyla!!> mi chiamava col mio vero nome ogni volta che voleva che io lo accontentassi.
<Dai Billy, cosa vuoi per il tuo compleanno?>
<Voglio che tu torni a casa stanotte!>
<Torno ti prometto che torno, dopo le prove con la band!!>
<Ok allora non ci spero che torni.> replicò imbronciato.
<Ti prometto che quando sarai sveglio, mi troverai al tuo fianco!>
<Promesso?>
<Ci puoi contare. Dai qui il pugno!!>
Era un bambino davvero speciale. Sapeva badare a se stesso e non mi dava alcun tipo di problema, ero davvero fiera di essere sua sorella.
<Allora Billy, la cena è nel microonde la riscaldi ed è pronta. Ti lascio il cellulare, se hai qualche problema chiama Mery di sotto, ma solo se è necessario mi da noia ripagare i favori. Poi, se mi vuoi chiami sul numero di James e ti rispondo subito.
Appena esco voglio sentire che chiudi il lucchetto alla porta. Ah, non ti dimenticare di lavarti i denti!>
<Ok ok, ci vediamo!>
<Ciao Nano...> mi avvicinai a lui e gli posai un tenero bacio sulla fronte.
Uscii dalla porta, aspettai di sentire che Billy chiudesse il lucchetto e poi di corsa tornai al caffè.
Si fece subito buio e il bar iniziò di nuovo a riempirsi.
Tutto era perfettamente sistemato e pulito e sapevo che quell'ordine purtroppo sarebbe durato poco.
Con me di turno c'era Kevin, il barman che mi aiutava al bancone e Marissa, la cameriera che serviva ai tavoli. Io ero il jolly del signor Hank, servivo ai tavoli, facevo la cameriera e di tanto in tanto salivo sul palco per cantare. Il venerdì sera era la serata speciale per le band emergenti e tra un'esibizione e l'altra, il signor Hank dava spazio anche a me di esibirmi.
Il mio look era completamente diverso da quello che sfoggiavo di giorno, mi ero sempre rifiutata di indossare la divisa e questo attirava molta clientela maschile, per tale motivo il vecchio proprietario non aveva mai sindacato quella scelta.
Quella sera indossavo un paio di pantaloni stretti di pelle ed un top bianco che lasciava la pancia scoperta. I capelli erano sciolti e scendevano lungo i fianchi, non portavo gli occhiali, come solita ero fare di giorno, ma avevo messo le lenti a contatto ed il trucco nero metteva in evidenza i miei occhi azzurri. Non ero niente male come ragazza, magra, ma con tutte le forme al posto giusto e quello che veramente era importante quella sera era attirare quanto più clientela possibile, in modo da guadagnarmi qualche mancia generosa. Le scarpe alte erano l'ultimo tocco di classe necessario per attirare l'attenzione di tutti e così me ne stavo buona dietro al bancone, aspettando che la sala si riempisse.

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