Capitolo 37. Parte 2.

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«Dobbiamo parlare di Tack...»
Quando sentii quelle parole mi si gelò il sangue nelle vene.
Chiusi per un secondo gli occhi e mi ricordai di quel ragazzo che mi aveva raccolto tra sue braccia e portata in salvo, se non fosse venuto in tempo sarei morta dissanguata.
Mi ricordai del primo giorno che lo vidi seduto fuori dalla portafinestra che mi guardava mentre ero seduta al piano e si incantava per ore ascoltando in silenzio la mia musica ed entrando di soppiatto nel mio mondo e senza fare domande lo lasciai avanzare in punta di piedi.
«Non mi avevi detto di aver legato con un paziente. Perché?»
Perché non gliene avevo parlato?
Non ne avevo idea. Dicevo tutto al mio dottore, ma quella cosa mi era sfuggita.
Poteva mai sfuggirmi una cosa del genere? Non avevo parlato con nessuno per quasi due mesi e legare con un'anima viva, che non fosse uno strumento musicale o la mia coscienza, mi sembrava una cosa così strana.
In modo inconscio avevo messo da parte in un piccolo angolo di me quel piccolo particolare.
Forse la ritenevo semplicemente una cosa privata, ma importante al tal punto da non parlargliene?
«Non credevo potesse essere così rilevante.»
«Lo è tutto quello che fai, che pensi e che credi.»
Quel tono smielato, troppo dolce per i miei gusti, nascondeva una grande preoccupazione ed un filo di tensione.
«Tayler Shäffer non è un paziente che fa amicizia. È un tipo...particolare.»
Cosa stava cercando di dirmi il mio dottore?
Mi passai una mano nei lunghi capelli biondi e lasciai che cadessero all'indietro lungo la schiena.
Un ciuffetto ribelle mi ricadde davanti agli occhi, mentre fissavo attentamente l'uomo brizzolato seduto sul mio letto.
«Sto cercando di dirti che Tack, come lo chiamano qui dentro, è un ragazzo che ha un passato difficile. Non vorrei che potesse influenzarti.»
Quel medico aveva sviluppato la capacità di leggermi nel pensiero o ero​ cambiata a tal punto da essere diventata un libro aperto per chiunque?
«Abbiamo fatto due chiacchiere dottore, niente di più. Mi sembra il più sano di mente qui dentro.»
Quel discorso iniziava a prendere una brutta piega e dopo tutto quello che stavo passando non mi andava di perdere l'unica persona con cui potevo avere un dialogo senza essere minacciata di morte.
«Leyla, Tayler è un adulatore ed un menzognere nato.
Purtroppo la sua abilità a raccontare bugie non dipende da lui, ma dalla sua malattia.»
«Malattia? Non è qui per la sua tossicodipendenza?»
«No. Non ci sarebbe rimasto tanto a lungo.»
Lo guardai perplessa, non sapevo cosa dire. Di sicuro avevo intuito che Tack avesse un passato dieci volte peggiore del mio, ma non che fosse malato o pericoloso.
«Ha omesso di dirti questo particolare vero? Io sono qui appunto per chiarire alcuni punti.»
«Cosa sta cercando di dirmi?»
Voleva che non gli parlassi più? Che lo evitassi? Pensava forse che non sarei stata capace di badare a me stessa?
Non riuscivo a comprendere, ma la curiosità di sapere qualcosa in più su quel ragazzo era tanta e per questo decisi di non scoprire le mie carte e di lasciar parlare il mio dottore.
«Tayler è qui da quando lui aveva la tua età. Saranno più o meno cinque anni. Depressione bipolare, scatenata dalla sua dipendenza dalle droghe.>
«È pericoloso?»
Domandai impulsiva, cercando di strappare qualche altra rivelazione su di lui.
«Ha avuto molte crisi da quando è qui. È stato molto pericoloso in passato.
L'hanno portato in clinica dopo il suo processo, gli hanno dato l'infermità mentale.»
In che tipo di guai avrebbe potuto cacciarsi un viso d'angelo come Tack.
Non riuscivo ad immaginarmelo.
Mi aveva raccontato dei suoi giorni felici  di quando aveva venduto il suo primo quadro o quando era diventato padre, quella storia mi aveva fatto venire i brividi. Mi aveva raccontato dei suoi giorni tristi di quando la sua ex ragazza lo aveva lasciato dopo la morte prematura del loro bambino, fu allora che aveva iniziato a drogarsi mi disse.
Mi aveva parlato solo di quella grande condanna a morte che si era procurato con le sue mani e di quanto fosse stato vicino a porre fine ai suoi giorni.
Non aveva mai accennato alla sua malattia, ma probabilmente non era il tipo di cosa di cui un uomo come lui potesse andarne fiero.
«Mi ha raccontato molte cose. Faceva l'artista di strada e sperava con la sua arte di avere successo.
Ha perso suo figlio troppo presto e questo brutto avvenimento ha distrutto tutta la sua vita anche il suo unico amore. Ha avuto uno sfogo con una perfetta sconosciuta che ha pianto quando ha sentito le sue sventure. Tutto qui.»
«Preparati, perché non ci crederai.
Tack non ha mai avuto figli e il suo unico amore è stato l'ossessione che l'ha portato ad essere ricoverato.»
Dovetti sedermi per riuscire a riorganizzare i miei pensieri che si ammassavano nella mia mente, tutti insieme velocemente.
Posai il mio viso tra le mani e ricordai la sua espressione affranta mentre mi parlava del dolore che aveva provato mentre stringeva il corpo senza vita di suo figlio in ospedale.
Come poteva essere possibile?
Come faceva a fingere o credeva davvero a quello che diceva?
«Voglio che fai attenzione Leyla, parlagli quanto vuoi, tieniti compagnia, ma adesso che sai non lasciarti coinvolgere.»
Annuii soltanto.
Avevo paura, una fottutissima, grande paura.
Non mi preoccupava quanto Tack potesse essere fuori di testa.
La cosa che non mi faceva stare tranquilla era che avevo bisogno di lui per non impazzire e  la mia attrazione per quel ragazzo mi spaventava a morte.
In pratica mi terrorizzava il fatto che, nonostante avessi appena scoperto che l'uomo che avevo conosciuto fosse più matto di me, non mi metteva nemmeno un po' di timore, anzi nutrivo la speranza che lui potesse avere lo stesso interesse.
Mi stavo cacciando in un altro dei miei brutti guai e questa volta non sapevo se fossi riuscita ad uscirne viva.

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