<Sei agitata Leyla, perché? Stai prendendo le medicine vero?>
Il dottor Julius sembrava non darmi tregua. Erano ore che parlavamo nel suo studio, io stesa sul divanetto di pelle nera e lui su una poltrona al mio fianco.
<Non sono agitata.>
Gli risposi spazientita.
<Allora, rilassati e lasciati andare.>
Chiusi gli occhi e sentii il suo tocco leggero sulla mia guancia.
Quelle mani avevano la capacità di distendere ogni mio muscolo e di bloccare ogni pensiero.
<Brava, così. Stai tranquilla e parlami della prima cosa che ti passa davanti agli occhi in questo momento. Cosa vedi?>
La mia mente mi riportò indietro alla serata al Blu Berry...
E a Michael.
Non potevo ancora pensare a lui, chissà perché ogni volta sentivo addosso il suo respiro.
Chissà perché dopo tanto dolore, desideravo vederlo ancora.
Quante volte dovevo dire "basta", affinché diventasse definitivo?!
<Non posso.>
<Non puoi cosa Leyla?>
Aprii gli occhi e mi misi seduta al centro del divanetto.
<Non sono ancora pronta a parlare di Sam.>
Ancora una bugia, un'altra sporca menzogna uscì dalle mie labbra.
<Va bene, per oggi basta.>
Mi prese le mani e mi aiutò ad alzarmi.
Dopo mille raccomandazioni uscii dalla stanza e mi diressi alla sala comune.
Mi accomodai al piano e prima che potessi iniziare a suonare l'infermiera mi annunciò che avevo visite.
Mi alzai e raggiunsi a passo svelto la stanza coi tavoli dove di solito facevano accomodare i familiari.
Rimasi pietrificata davanti alla porta quando vidi il piccolo Billy con Jerry e mia madre.
Il mio bambino corse verso di me come non l'avevo mai visto fare.
Quasi non inciampò nel piede della sedia per raggiungermi più in fretta e possibile.
Non lo vedevo da quasi due mesi, due lunghi mesi senza il mio fratellino.
Lo presi in braccio e lo abbracciai così forte che avrei potuto soffocarlo.
Iniziai a piangere senza rendermene conto. Non riuscii a reggerlo per molto tempo e caddi sulle ginocchia.
La mia debolezza era tale da non riuscire nemmeno a stare in piedi.
<Ti sei fatta male?>
Prese il mio viso tra le sue morbide manine, mentre cercava di assicurarsi che andasse tutto bene.
Le baciai con così tanta intensità, da gustarmi il suo dolce sapore.
<Sto bene>
Riuscii a dire mentre lo strinsi di nuovo a me respirando l'odore della sua pelle.
Rimasi in ginocchio per molto tempo con lui tra le mie braccia e quel tempo mi sembrò un'eternità.
Jerry mi aiutò ad alzarmi e Billy subito dopo tornò a stringermi una mano e mi accompagnò al tavolo dove era seduta Katrine, nostra madre.
Ci accomodammo tutti e quattro.
Non potevo credere che quella donna fosse lì, presente in un momento così intimo. In fondo lei non sapeva nulla, nulla di noi, se non il fatto che ci aveva messo al mondo.
<Ti vedo sciupata piccola, stai mangiando?>
Jerry ruppe il silenzio, mandando all'aria i miei pensieri.
<Sto mangiando, sì.>
Mentii, era l'ennesima bugia della giornata.
Continuavo a non toccare cibo, mi rivoltava ogni cosa, ma ovviamente non avrei detto nulla di preoccupante in presenza di Billy.
<Solo che, qui il cibo fa cagare!>
Continuai, facendo una smorfia buffa e sorrisi quando il piccolo seduto al mio fianco non trattenne una risata.
<Per questo in quella borsa ti ho portato tante cose buone da mangiare.>
Mi disse sotto voce avvicinandosi a me, come se mi stesse dicendo un segreto molto, ma molto importante.
Intanto Katrine, continuava a guardarmi, come se avesse voluto prendere parola, ma forse era troppo intimorita per farlo.
Era tangibile il suo imbarazzo ed il fatto che io continuassi a comportarmi come se non fosse lì, la metteva a disagio. D'altro canto una narcisista egocentrica come lei, odiava essere messa in disparte.
<Vedi, Trouble, io e tua madre...>
Jerry s'interruppe quando, finalmente spostai l'attenzione anche sulla donna dai capelli rosso fuoco che sedeva al suo fianco.
<Dicevo...>
<Ah, si! Katrine...come va?>
Dissi sarcastica, in un tono finto e sprezzante.
Stavano per caso giocando all'allegra famigliola?
<Trouble...>
Mia madre bisbigliò il mio nome, con gli occhi pieni di lacrime.
Sembrava stesse soffrendo guardandomi in quello stato, il senso di colpa era palese nel suo sguardo.
Doveva iniziare a rendersi conto che gran parte di tutta quella merda che stavo spalando via dalla mia vita era un caro ed affettuoso dono da parte sua.
<Leyla ti prego ascoltami...>
M'implorò Jerry ed io fui costretta a fissarlo di nuovo negli occhi color ghiaccio, proprio come i miei.
Era come guardare il mio riflesso.
<Tua madre è qui perché era preoccupata per te e poi, io e tua madre...>
<Ah, che dolce! Preoccupata? E perché mai?>
Di nuovo lo bloccai. Stavolta ancora più irritata ed acida.
Lasciai la mano di Billy che mi guardava con i suoi grandi occhi spalancati.
<La mamma è venuta a vivere con noi, Trouble.>
Disse il piccolo tutto d'un fiato.
<Jerry ha paura di dirtelo.>
<Siamo tornati insieme.>
Aggiunse la donna quasi bisbigliando.
<Ah, che splendida notizia.>
Non dissi altro.
Il mio tono pacato, nascondeva una grande rabbia.
Volevo che quel Dio in cui tutti credono, mi chiamasse al suo cospetto e mi togliesse dalla faccia della terra.
<Avrei voluto dirtelo in un altro momento...>
Continuò a parlare Jerry, afferrandomi la mano. Io la scostai disgustata.
Mi sembrava la famiglia felice delle pubblicità di merda che si vedono in televisione.
A chi cazzo volevano prendere per il culo?
<Non me ne frega un cazzo Jerry. Quando esco da qui dentro, Billy torna con me.>
<Quando esci sei tu che vieni con noi, tesoro.>
S'intromise la donna, che fino a quel momento non aveva avuto la forza di replicare.
<Ma tu da dove cazzo vieni fuori, Katrine?!>
Lei abbassò lo sguardo e scoppiò a piangere.
<Io sono tua madre Trouble!>
<Tu non sei un cazzo di Niente!>
Gridai, alzandomi di scatto facendo strisciare violentemente i piedi della sedia sul pavimento.
L'infermiera si avvicinò subito per calmare la situazione, ma Jerry la mandò via e mi pregò di sedermi.
Feci un respiro profondo, Billy era spaventato e mi abbracciò di nuovo.
<È tutto ok piccolo...perché non vai un po' fuori?>
Lui annuii ed uscì nel giardino dalla portafinestra.
<Che idea del cazzo a portare qui Billy. Pensavate che non mi sarei incazzata? Quando esco da qua, Billy torna a casa con me.>
Ribadii a voce bassa, una voce calma ma che sapeva di minaccia.
<Trouble l'affido di Billy ce l'ho io...>
<E cosa dovrei fare io, Blanco? È un affido momentaneo. Tu non sei suo padre a meno che...>
<Io e tua madre ci sposiamo!>
Un macigno pesante sul cuore lo infranse in mille pezzi.
Billy ci guardava dal vetro della portafinestra seduto sulla panchina di fronte.
<Stai bene Trouble?>
Non risposi, rimasi a fissare immobile il mio piccolo ometto ricordando ogni singolo momento passato con lui negli ultimi nove anni.
Nove lunghi anni senza nessun aiuto.
Avevo smesso di andare a scuola e a soli sedici anni iniziai a lavorare per mandarlo avanti.
Avevamo vissuto in un istituto fino ai miei 18 anni; eravamo tornati nella casa dove avevamo vissuto prima di essere abbandonati.
Avevo sgobbato per nove lunghi anni senza ricevere una soldo da nessuno, sola al mondo avevo messo da parte me stessa per tirarlo su per bene.
E mai, mai avrei pensato che quella donna, fosse tornata. Non avevo mai messo in conto che le nostre vite avessero potuto separarsi.
Mi alzai di nuovo ed aprii la portafinestra.
Jerry mi seguii.
<Stai lontano Jerry. Lontano...>
Lui mi lasciò uscire restando fermo dov'era.
Mi avvicinai a Billy e mi inginocchiai nel prato ai suoi piedi.
Eravamo occhi negli occhi, lui era sfinito, sofferente ed aveva tanta paura.
<Quando uscirò da qui, voglio che resti con loro.>
Gli dissi dolcemente, asciugandogli le lacrime che rigavano il suo viso morbido ed arrossato.
<Non voglio.>
Mi rispose singhiozzando.
<Billy, ascolta. Tu sarai sempre il mio piccolo, l'unica vera ragione della mia vita, ma non puoi restare con me.>
Una sua mano si posò tra i miei capelli che arricciava delicatamente tra le dita.
<Vieni anche tu, Leyla.>
Mi implorò, ormai era un fiume in piena ed io dovetti controllarmi per non scoppiare a piangere.
<Non posso piccolo.>
Si aggrappò forte al mio collo ed io lo strinsi forte a me.
Avevo fatto la cosa giusta?
Stavo abbandonando il mio bambino?
<Ti prego... Trouble... non lasciarmi>
<Io non ti lascio mai piccolo. MAI.>Dovettero allontanare Billy da me con la forza, non voleva andare via.
Ero così abbattuta che non ebbi neppure la forza di piangere.
Stavo male.
Mi scoppiava la testa e i dolori nel basso ventre erano tornati.
Mi portai le gambe al petto e poggiai la testa sulle ginocchia.
Sentivo che l'oscurità dentro di me si stava impadronendo di un' altra parte del mio cuore.
Non era rimasto quasi più nulla di me.
La bestia che viveva nella mia anima mi aveva quasi sopraffatta ed adesso non avevo più ragioni per combatterla.
Era quasi buio e non avevo le forze per andare dentro.
Dovevo sforzarmi di alzarmi e di restare calma fin quando non avessi preso la mia dose di medicine e, poi sarei tornata a stare meglio.
Cercai barcollando di raggiungere l'entrata ma caddi sulle piastrelle di pietra battendo la testa.
Mi girai a pancia all'aria ancora lucida, ma con la vista appannata.
Guardavo il cielo scurirsi, mentre sentivo il sangue caldo colare lentamente dalla tempia sinistra.
Non avevo ancora perso i sensi, ma non riuscivo ad avvertire il dolore che mi ero procurata alla testa.
Non sentivo più nulla.
Da lontano vidi un ombra che svelta avanzava verso di me.
Qualcuno, probabilmente un uomo, mi raccolse da terra ed io mi rannicchiai tra quelle braccia forti.
Quel calore non bastò a scaldarmi, la mia pelle era gelida.
Forse stavo perdendo molto sangue non mi ero resa conto di essere stata a terra più di mezz'ora.
Alzai gli occhi verso l'uomo che correva dentro, gridando aiuto.
Non mi lasciò neppure per un secondo, neanche quando mi appoggiò sul pavimento bianco, che in un attimo si macchiò del mio sangue.
Tack mi stava salvando la vita.

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Trouble.
RomansaLeyla Jane Hallen, conosciuta da tutti come Trouble (guaio), è una giovane donna con un caratteraccio, che vive nella squallida e desolata periferia di New York. Cresciuta troppo in fretta ed abbandonata a sé stessa sin dalla tenera età, trova il su...