Capitolo 31. Un incubo.

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Tutta la notte non avevo chiuso occhio o meglio il mio cervello ogni volta che provavo ad addormentarmi mi faceva rivivere ogni singolo brutto ricordo della mia vita.
Avevo fissato il soffitto per ore, fin quando i primi raggi del sole non iniziarono a filtrare dalla tapparella di legno.
Billy dormiva come un ghiro, anche il suo sonno era stato turbolento. Aveva iniziato a parlare e si agitava moltissimo.
Delle volte gridava il mio nome ed io lo stringevo forte, aveva paura di perdermi quanto io l'avessi di perdere lui.
Mi alzai dal letto e mi avvicinai al frigo, feci un sorso di latte direttamente dalla bottiglia e lo rimisi a posto.
Era così presto che non sapevo cosa fare per far scorrere il tempo velocemente.
Andai in bagno ed aprii automaticamente l'acqua calda della doccia.
Mi spogliai in fretta e diedi un'occhiata alle ferite sulla mano che sembravano essersi quasi chiuse.
Ormai ero così abituata a farmi male che il sangue non mi faceva più impressione.
Il mio corpo riflesso allo specchio era un insieme di ossa sporgenti e lividi sparsi ovunque.
Non ricordavo di essere stata così magra in tutta la mia vita.
Sciolsi i lunghi capelli biondi e li fecicadere lungo la schiena, mi buttai sotto l'acqua bollente senza pensarci su due volte.
Il fumo usciva dal vetro della doccia ed invadeva quel metro quadrato di bagno.
Uscii di lì mezz'ora dopo, avevo avuto il tempo per continuare a tormentare il mio cervello con le innumerevoli domande che ogni giorno mi facevo.
L'ansia ormai era parte di me, ma ancora avrei dovuto combattere.
Jerry sarebbe arrivato per le nove a prendermi e Billy a malincuore sarebbe dovuto venire con me.
Speravo con tutta me stessa che fosse andato tutto per il verso giusto, non volevo di certo infliggergli un altro dolore.
Quando tornai nell'altra camera il piccolo già era sveglio.
<Hey tesoro! Già sei sveglio?!>
Gli passai una mano tra i capelli mentre con l'altra mantenevo in equilibrio il turbante tra i capelli.
<Ho fatto un brutto sogno...non lasciarmi Trouble!>
Saltò in piedi sul letto e corse ad abbracciarmi.
<Billy, hey guardami. Io non ti lascio capito? Andrà tutto bene...>
Il mio cuore batteva forte, gli asciugai le lacrime che nel frattempo erano scese senza rendersene conto e lo abbracciai per una manciata di lunghi secondi.
Non avrei mai voluto staccarmi da lui, non avrei mai potuto lasciare che ci separassero, sarebbe andato tutto bene.

Qualche ora dopo, ci ritrovammo nella bmw grigia di Jerry che per l'ennesima volta mi ripeteva di parlare solo e soltanto se mi avessero interpellato.
<Si si, Jerry. Ho capito, quante volte devo sentire le stesse cose. Mi sta salendo l'ansia.>
Mi accesi una sigaretta il momento prima di scendere. Le occhiatacce di Blanco mi seguivano in ogni movimento.
Non curante di lui, scesi dall'auto sbattendo la portiera, Billy mi seguì a ruota e Jerry fu l'ultimo a raggiungerci.
<Dove cazzo sta quel coglione dell'avvocato?!>
Era incazzato il vecchio Blanco, sembrava più agitato di me.
Mi avviai mano nella mano con Billy, verso il grande edificio. Non riuscivo più a proferire parola, una miriade di nodi in gola mi impedivano di parlare.
<Stai bene Trouble?>
Mi chiese il piccolo notando la mia espressione preoccupata.
<Sto bene piccolo...>
Mentii e lo feci senza guardarlo negli occhi.
<Trouble, lui è il dott. Lucas Valmond il nostro avvocato. Siamo pronti possiamo andare.>
Strinsi la mano a quel uomo brizzolato e minuto, che nascondeva il viso dietro grandi occhiali da sole a specchio.
L'eco dei miei tacchi a spillo di vernice neri che battevano sul pavimento di marmo bianco, rimbombava forte tra le mura di quel maestoso edificio.
Ad ogni passo verso l'aula perdevo un battito ed il mio viso s'incupiva sempre di più.
<Allora Trouble ci siamo entriamo, ci sediamo e da questo momento in poi stai zitta...>
Annuii, le parole che entravano nelle mie orecchie sembravano ovattate, stavo per sentirmi male.
Quando entrai un via vai di gente si accomodava ai banchi.
Raggiungemmo il nostro posto e vidi Jess fasciata da un tailleur giacca e gonna blu, capelli semi raccolti e con lo sguardo e la sicurezza di chi era convinto che avrebbe vinto.
Al suo fianco Michael che dal momento in cui ero entrata mi aveva puntato gli occhi addosso.
Il mio sguardo s'incrociò al suo, il suo volto cupo era il riflesso del mio.
Avrei voluto dirgli tante cose, ma nel momento in cui quella stupida vipera gli prese la mano, il mio unico desiderio fu quello di uscire in fretta da quell'aula.

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