Capitolo 16. Crazy.

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Sentivo bussare alla porta, ma non avevo la forza necessaria per alzarmi.
Misi la testa sotto al cuscino e sperai con tutta me stessa che quel rumore assordante finisse presto.
I miei sogni erano confusi: in bianco e nero e le scene si ripetevano veloci davanti ai miei occhi.
Sognavo casa mia, Billy, l'ultima volta che avevo visto Michael e i suoi baci che rivivevo a rallentatore.
Mi stavo beando di quell'immagine che il mio cervello metteva a ripetizione ogni volta.
<Leyla, avanti Leyla!>
Qualcuno continuava a scuotermi, ma i miei occhi rifiutavano di aprirsi.
<Dai, ti prego Billy, cinque minuti...>
Farfugliai nel sonno, cercando di godermi ancora quella scena.
<Leyla, sono Ramon! Sveglia.>
Sentii la voce rauca del nano, che era palesemente agitato.
Il sogno piano piano si dissolse e aprii gli occhi.
<Cosa cavolo vuoi? Ti sembra il modo di svegliare qualcuno?>
Il mio tono era minaccioso, ma la mia espressione non lo era per niente.
I miei capelli arruffati sciolti lungo la schiena, il trucco sfatto e messo male e due occhaie profonde, sembravo essere uscita da un film horror.
<Leyla, Arthur ti vuole assolutamente nel suo ufficio.> Disse allarmato.
<Ok Ramon, domani mattina ci vado buonanotte.>
Mi girai dall'altra parte, ma lui fece il giro del letto e di nuovo ci ritrovammo faccia a faccia.
<Adesso!> Il suo sembrò quasi un ordine, ma io continuai ad ignorarlo.
Chiusi gli occhi, ma nel momento in cui stavo quasi per ricominciare a sognare, sentii il nano afferrarmi per i fianchi e con la forza mi tirò giù dal letto.
<Andiamo!> mi disse serio e capii che era una cosa davvero importante.
Accesi la luce del bagno mi guardai allo specchio ero stravolta.
Cercai di sistemarmi il trucco sbavato, lavando gli occhi con un po' d'acqua e fui costretta a seguire il nano, che nel frattempo parlava senza sosta, ma io non riuscivo ad afferrare nemmeno una parola di quello che stava dicendo.
Uscii dalla stanza e dopo un po' mi accorsi di non aver messo nemmeno le scarpe.
<Ramon, non ho messo le scarpe.> dissi strofinandomi un occhio, rovinando ancora di più i residui del make up.
<Allora Leyla, mi hai capito? Cerca di non provocarlo e qualsiasi cosa ti dica annuisci e sta zitta. Non contraddirlo!> si raccomandò Ramon, sembrava davvero preoccupato.
Annuii, ma la mia stanchezza non mi permetteva di restare lucida.

Ramon aprì la porta.
Restai qualche secondo sulla soglia imbambolata dal sonno e poi lui mi spinse dentro, chiudendosi la porta alle spalle.
Arthur era lì davanti a me, che mi fissava dalla testa ai piedi.
Non dovevo avere un bel aspetto, perché la sua faccia era profondamente disgustata, ma io non mi curavo affatto di quelle occhiatacce e sbadigliai, aspettando che lui parlasse.
<<Buona sera Trouble...>>
La sua voce era ferma, il suo sguardo penetrante e severo.
Lui era perfettamente in tiro, nella sua camicia pulita di tintoria e il suo completo fresco ed assolutamente impeccabile.

"Come cavolo fa ad essere pimpante ed arzillo a quest'ora della notte?" Pensai, dimenticando che nella mia quotidianità alle 2:40 del mattino, lavoravo ancora.

<Dimmi Arthur...>
Risposi con gli occhi ridotti a due fessure, sbadigliando ancora una volta e posando la mano davanti alla bocca.
<<Immagino che tu sappia il motivo per cui ti ho mandata a chiamare...>>
Continuava a fissarmi, i suoi occhi si posarono per un po' sul buco della mia calza e la sua espressione sembrò quasi divertita. Evidentemente voleva ridermi in faccia, ma continuava ad ostentare la sua serietà.
<Non ne ho proprio idea capo, ma mi chiedo che gusto c'è a svegliarmi nel cuore della notte? Non potevi convocarmi domattina? Sei un vampiro forse, devo avere paura?>
Mi portai le mani alla fronte, facendomi scudo dalla luce a led, troppo forte, in quel momento sembravo io il vampiro.
<Anche se fossi un vampiro di certo non verrei a succhiare il sangue a te... Ma ti sei vista?>
Mi guardò attezzoso, con lo sguardo quasi schifato e poi continuò.
<...ma quando vai a letto non ti spogli come tutte le persone normali?>

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